Servizi all'Infanzia: la relazione dell'assessore alla pubblica istruzione Daniela Lastri

Questo il testo della relazione introduttiva dell'assessore alla pubblica istruzione Daniela Lastri al XIII Convegno nazionale su ‘Percorsi educativi di qualità delle bambine e dei bambini in Italia e in Europa', organizzato dal Comune di Firenze e dal Gruppo nazionale Nidi-Infanzia. (dm)TESTO:Un saluto caloroso a tutti voi, relatori, ospiti, partecipanti.Devo anzitutto ringraziare il Gruppo nazionale nidi-infanzia, che ha voluto tenere questo convegno qui a Firenze, anche come conferma di una collaborazione che si è venuta realizzando in questi anni. E l'apprezzamento del lavoro del Gruppo per continui strumenti di conoscenza che ci mette a disposizione per poter procedere nel percorso quotidiano sui servizi e sulla scuola alla prima infanzia.Dovevamo essere in quattrocento a questo nostro convegno, e invece ci siamo ritrovati in più di mille: siamo 1.500. Nel giro di una settimana abbiamo dovuto cambiare tutta la logistica del convegno, per venire incontro a questa domanda di partecipazione; e finalmente oggi siamo qui e voi potete vedere il lavoro che è stato fatto.Grazie, perciò, alla mia segreteria, a tutto il servizio Asili nido e servizi complementari dell'assessorato, alle educatrici e educatori, operatori che si sono prodigati a lavorare per far riuscire questo convegno. Grazie anche ai servizi tecnici e del Verde pubblico che ci hanno permesso di accogliervi in questa sede.La città di Firenze non poteva sottrarsi a questo impegno così gravoso a cui ci avete chiamati. Queste cose si fanno se si crede fermamente e con passione nel futuro dei servizi per l'infanzia. Ed è di buon auspicio per il nostro impegno vedervi così numerosi. Successe una cosa simile nel marzo del 1971 a Reggio Emilia, in occasione di un seminario di studi sulle scuole dell'infanzia, e il senso di quella novità, di quella grande partecipazione di 700 persone da tutta Italia, fu sottolineato dal prof. Loris Malaguzzi, studioso e amico che voglio qui ricordare a tutti noi.Ma Firenze non poteva che tentare di dare il meglio di sé per questo convegno anche perché da qui, dieci anni fa, partì un'esperienza che ci vide lavorare insieme a tante realtà di tutto il Paese per presentare in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare: L'asilo nido: un diritto dei bambini e delle bambine. Fu quello un movimento, ampio, profondo e partecipato che pose alle istituzioni in modo concreto e diretto il tema dello sviluppo dei servizi educativi per la prima infanzia. E lo pose affermando che al centro di tutto deve esserci l'interesse primario dei bambini e delle bambine, verso un mondo degli adulti che per lo più riconduceva questi servizi ad un primario interesse degli adulti stessi.Molte cose sono cambiate da allora, anche grazie al movimento e all'impegno di chi volle riproporre all'attenzione di tutto il Paese la questione dei servizi per l'infanzia, cose che ritroveremo nella nostra discussione di questi due giorni.Abbiamo la consapevolezza del cammino compiuto e delle esperienze fatte. Ma al tempo stesso a nessuno di noi sfugge che siamo anche ad un passaggio delicato, pieno di potenzialità e di rischi di ritorno indietro.Il convegno ha fra gli obbiettivi principali la discussione su proposte legislative sui servizi educativi per l'infanzia: nella tavola rotonda di sabato, tuttavia, il tema delle prospettive normative sarà discusso da alcuni protagonisti di questo dibattito. Ciò avverrà a seguito della riflessione che terremo a partire dalle relazioni di stamani e del lavoro dei quattro seminari previsti nel pomeriggio. Il punto centrale di questa discussione sono i percorsi educativi di qualità. Discuteremo le proposte di illustri studiosi internazionali, e guarderemo più in profondità alla qualità dei servizi per l'infanzia (nidi e servizi per i bambini fino a 3 anni; scuola dell'infanzia), a come affrontare il tema della crescita e dell'educazione tra famiglie e società, al ruolo delle strutture di coordinamento pedagogico nel sistema di servizi per l'infanzia.Prima di dire alcune cose introduttive su questi argomenti, devo richiamare aspetti che ricorrono nella discussione dei comuni italiani, veri principali protagonisti istituzionali di queste iniziative. Ovviamente, lo faccio per segnalare alcuni rischi che l'attuale evoluzione politico-istituzionale porta con sé.Primo punto: i limiti generali di spesa imposti dalla recente legge finanziaria agli enti locali determinano un vulnus all'autonomia politico amministrativa ad essi riconosciuta senza ombra di dubbio dalla Costituzione, così come modificata dopo il referendum del 7 ottobre. La restrizione, se osservata (ma su questo molte autorevoli voci si sono levate contro), produrrà se non la riduzione dei servizi almeno sicuramente l'impossibilità di svilupparli. Per i servizi all'infanzia questa restrizione potrà essere fatale, sia dal punto di vista della qualità che del numero dei bambini a cui i servizi potranno essere assicurati.Secondo punto: l'articolo 70 della legge finanziaria (che diverse regioni tra cui la Regione Toscana hanno annunciato di voler impugnare davanti alla Corte costituzionale), pur destinando nuove risorse per la costruzione e gestione di nuovi asili nido (300 milioni di euro in tre anni), si mantiene ben al di sotto delle necessità minime (si potranno costruire in tre anni si e no 200 asili nido in tutta Italia, per circa 10.000 bambini: una goccia nel mare delle necessità). Come si fa a dire che questo impegno, così limitato, rappresenta una competenza fondamentale dello Stato, delle regioni e degli enti locali? Sulla base dell'articolo 117 della nuova Costituzione lo Stato da gli indirizzi generali ma non ha competenza legislativa sui servizi alla persona, che invece è riservata in via esclusiva alle regioni. Lo Stato può intervenire, allora, solo se intende garantire il servizio su tutto il territorio nazionale (se vuole toglierli dai servizi a domanda individuale, ma questo nella proposta del Governo non c'è scritto); se questa non è la prospettiva (e abbiamo visto che non è) allora deve limitarsi a sostenere lo sviluppo dei servizi, senza entrare nella disciplina, come invece fa nello stesso articolo prevedendo i cd. micro-nidi nei luoghi di lavoro e disponendo una disciplina particolare per le amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali. Sfido chiunque a trovare qui: coerenza istituzionale; riconoscimento del ruolo delle regioni e degli enti locali; attenzione alla qualità dei servizi. Avverto, inoltre, il rischio che si possa affermare nel futuro, proprio sulla base di questo articolo, non solo una competenza esclusiva dello Stato sui servizi educativi per l'infanzia, ma anche l'assorbimento in queste risorse di quelle già preordinate dalla legge n. 285 del 1997. Quello che ci ha detto la sottosegretaria Grazia Sestini su questo punto mi trova d'accordo.Terzo punto: il Ministro dell'istruzione ha prospettato (e forse oggi il Consiglio dei ministri delibererà in tal senso) l'anticipazione dell'ingresso dei bambini nella scuola dell'infanzia all'età di 2 anni e mezzo, e nella scuola elementare a cinque anni e mezzo; c'è consapevolezza di cosa vuol dire questo per i bambini? Lo si fa nel loro interesse? Si pensa veramente di poter inserire in una scuola bambini che, per la loro età, non sono ancora pienamente autonomi sotto molti punti di vista? Mi chiedo se chi ha proposto questo ha mai visitato un asilo nido. Basterebbe poi osservare un bambini in questa fascia di età. E poi: che effetto si produrrà sui servizi educativi gestiti dai comuni? Su questo bisogna essere chiari: se lo Stato ritiene che l'ingresso nella scuola dell'infanzia debba essere garantito a tutti i bambini di 2 anni e mezzo, lo Stato deve far fronte alle maggiori risorse finanziarie che questa scelta comporta, poiché da solo non è in grado di assorbire la nuova domanda. Ma allora: se maggiori risorse devono essere impegnate, non si capisce perché queste non debbano essere destinate ad un'azione più coerente e corrispondente agli interessi dei bambini: estendere effettivamente i nidi d'infanzia, e costruire qui, come già oggi hanno cominciato a fare i comuni, esperienze di graduale passaggio alla scuola dell'infanzia.‘'Proprio ieri, il sottosegretario all'istruzione Valentina Aprea – ha concluso l'assessore – ha detto che il sistema degli asili nido è fallito e per questo il Governo ha proposto l'ingresso a due anni e mezzo nelle scuole dell'infanzia e perché i bambini in queste fasce di età vanno in mano a baby sitter straniere. Una dichiarazione che non meriterebbe commento, se non per invitare il sottosegretario a conoscere il sistema degli asili nido prima di dare una valutazione, e se in qualche caso è mancato lo sviluppo di questo servizio, ciò è sempre stato causato da politici e amministratori che non hanno creduto nelle sue potenzialità e nel grande ruolo che gli asili possono avere per la formazione dei bambini''.Quello che oggi il Consiglio dei Ministri voterà, purtroppo non ci è dato saperlo: tutto rischia di essere considerato come un fatto burocratico cambiare dei moduli per l'iscrizione senza porsi il problema del rispetto dei ritmi di crescita e le potenzialità di apprendimento del bambino.Quello che invece non viene fatto è garantire a tutti i bambini in Italia la scuola dell'infanzia (a Firenze riusciamo a coprire il 104%, garantendo l'accoglienza anche a bambini che vengono da altri comuni), ma ciò non è ancora ben lontano soprattutto al Sud e anche in alcune zone del Nord del nostro Paese.Occorre attuare progetti di continuità con il nido e con la scuola elementare, senza immetterli in un sistema scolastico troppo rigido per la loro età.Torno allora ad altri temi del nostro convegno, in particolare a quelli che saranno approfonditi nelle commissioni di lavoro, dopo aver ascoltato le relazioni dei nostri ospiti stranieri.Cercheremo di tracciare la strada fatta in questi anni dai servizi educativi per l'infanzia, guardando questi percorsi nella direzione della qualità raggiunta. Vedremo e confronteremo varie esperienze, che in generale ci dicono che intorno ai nidi si sono costruiti servizi che rispondono a nuovi bisogni, che si è sviluppato un maggiore coinvolgimento delle famiglie con vere e proprie iniziative di sostegno alla genitorialità, e che ciò è avvenuto mantenendo al centro la soggettività del bambino.Spesso siamo andati oltre il nido. Nel trattare questo argomento dobbiamo però fare un discorso di verità. Il nido è una delle esperienze più avanzate e complesse, e la sua forza e presenza nel panorama dei servizi educativi per l'infanzia è vitale. Ciò è percepito sempre più dalle famiglie, che domandano in misura maggiore proprio questo tipo di servizio. Per il comune, del resto, è la forza e la qualità dell'esperienza del nido che consente di costruire altri servizi di qualità per l'infanzia.Sappiamo tutti che il nido non è un parcheggio (magari abbellito di qualche giocattolo), ma una vera comunità educativa; lì i bambini vivono un'esperienza di vita, di socializzazione. Ai professionisti della sistematica detrazione dell'asilo nido (per ragioni economiche ma, come dirò, spesso anche per ragioni ideologiche) bisognerebbe ricordare il lungo lavoro sull'esperienza corporea, l'educazione ritmica, la psicomotricità, tutti elementi portanti di una giornata di vita di un gruppo. Bisognerebbe ricordare la continua attività di formazione e di aggiornamento pedagogico delle educatrici professioniste che seguono con competenza i bambini; bisognerebbe ricordare che il nido è organizzazione dello spazio, sperimentazione dello sviluppo della comunicazione che serve ad arrivare al rapporto con il linguaggio. E che il rapporto tra comunicazione e linguaggio è l'elemento che fa crescere i nidi e le scuole d'infanzia, come le realtà più adatte all'incontro tra culture diverse. Il patrimonio culturale acquisito nel lungo cammino di quasi trent'anni è di una utilità straordinaria, e continua ad essere valido oggi che le sfide della società sono più elevate e complesse. Se chi ha la responsabilità di pensare e costruire una scuola moderna e avanzata cominciasse ad assumere l'esperienza del nido e della scuola d'infanzia come significativa della crescita dei bambini e dei ragazzi, e capisse quanto di essenziale può esserci in quel retroterra di socializzazione che sono i servizi educativi per l'infanzia (un vero patrimonio-tesoro per ogni bambino), sicuramente avrebbe la chiave per sconfiggere gli abbandoni e gli insuccessi del percorso scolastico e i primi disagi della crescita. Basterebbe ascoltare la voce dei ragazzi che hanno avuto modo di frequentare il nido per capire di cosa si tratta; Filippo, ad esempio, è un ragazzo che 10 anni fa ha frequentato il nido Lorenzo il Magnifico e oggi parla così di quella esperienza "Amici del nido, con voi ho trascorso i giorni più belli e felici, perché grazie al vostro amore sono riuscito a crescere. Noi ci divertivamo ma, quando sono cresciuto, ho capito che mentre mi stavo divertendo imparavo nuove cose". Basterebbe ascoltare la voce delle madri, prima dubbiose e incerte poi entusiaste dell'esperienza che il nido ha assicurato ai propri figli.Quando siamo andati oltre il nido, dunque, lo abbiamo fatto anzitutto per necessità. E' molto difficile, infatti, che le risorse dell'ente locale siano sufficienti per rispondere alla crescente domanda di nidi per tutti i bambini. Ci vorrebbe altro, ci vorrebbe un vero programma pluriennale dello Stato, delle regioni e degli enti locali per realizzare questa impresa. Una parte delle esperienze costruite oltre il nido sono state spinte da questa esigenza impellente di assicurare al maggior numero di bambini e bambine un'esperienza educativa che portasse dentro di sé il contenuto fondamentale del nido.E' vero però che un'altra parte delle iniziative oltre il nido sono venute da una riflessione più attenta dei modi attraverso i quali era possibile costruire un aiuto alla genitorialità.Indipendentemente dai motivi che ne hanno sollecitato la creazione, questi servizi sono oggi effettivamente complementari al nido, e rappresentano una offerta molteplice e ricca. L'aspirazione alla ricerca di qualità deriva essenzialmente dalla maturità dell'esperienza del nido, dal fatto cioè che una qualità raggiunta influenza direttamente e positivamente ogni nuova iniziativa.In questa linea evolutiva abbiamo registrato anche un miglioramento nel rapporto tra strutture pubbliche e strutture private, in direzione della collaborazione e del coordinamento; essenziale, in questo, è la validità di un progetto educativo pubblico, che il privato spesso è disponibile a recepire e a collaborare. L'antagonismo di alcuni anni fa si è stemperato, sia perché la domanda sociale è enormemente cresciuta, creando la necessità di superare diffidenze e pregiudizi (in un senso e nell'altro), sia perché il privato ha fatto un salto di qualità apprezzabile. Tutto ciò non sarebbe potuto avvenire se il sistema pubblico non avesse spinto sulla strada della qualità. Tenere alta questa è perciò uno dei requisiti perché ci sia qualità delle prestazioni del privato.Vorrei cercare di chiarire quello che ho finora detto, portando alla vostra attenzione le iniziative che abbiamo avviato a Firenze.La crescita delle nascite, la maggiore domanda di servizi e il riconoscimento indubbio del ruolo del pubblico ci hanno messo di fronte alla necessità di approntare molteplici risposte. Abbiamo dovuto far fronte ad una domanda sociale molto più consistente del passato, e lo abbiamo fatto senza perdere di vista l'essenziale esigenza di non perdere per strada la qualità dell'offerta: del resto, la forza qualitativa del nostro sistema pubblico impone di lavorare sulla quantità senza abbassare la guardia sugli obiettivi di fondo, cioè sull'esigenza di garantire ai bambini cura ed educazione. E' stata anche l'occasione per raccogliere le esigenze delle nuove famiglie, e i bisogni di flessibilità dei servizi che esse richiedono. Perciò, accanto ai nidi d'infanzia, che continuiamo con grande sforzo finanziario ad aprire, hanno preso avvio altre iniziative educative e di sostegno alla genitorialità: dagli spazi-gioco, nei quali i bambini restano poche ore o la mattina o il pomeriggio, agli spazi nei quali i bambini vengono accolti insieme ad un adulto; dagli spazi-incontro, dedicati all'accoglienza dei neo genitori con i loro bambini, ad altri servizi organizzati con l'integrazione di cooperative sociali. In questi ultimi due anni e mezzo l'Amministrazione ha aperto ben 11 servizi alla prima infanzia, di cui 5 asili nido e 6 spazi gioco. Tutti in convenzione con il privato sociale, cooperative o associazioni, che hanno un continuo rapporto di collaborazione con il coordinamento pedagogico.Lo sforzo del Comune di Firenze per non fare arretrare lo stato sociale è stato grande, ma continueremo anche quest'anno nonostante i tagli della Finanziaria.Il sistema dell'offerta è stato arricchito poi con ulteriori occasioni di crescita per la famiglia e per i bambini: si tratta del progetto Famiglie amiche: un servizio a domicilio, che abbiamo attivato da un anno con un significativo successo soprattutto nella qualità dell'esperienza educativa realizzata, e del progetto Indovina chi viene a casa: la baby sitter, con il quale abbiamo voluto coniugare una esperienza tradizionale con nuove risposte alle esigenze di sostegno qualificato all'educazione dei figli. Ma anche in quest'ultimo progetto il primo nostro impegno è stato nella formazione di queste baby sitter, una formazione alla quale hanno contribuito in maniera determinante i nostri servizi, che ora attiveranno forme di verifica e di sostegno.Come si vede, le nostre due preoccupazioni (a quante famiglie e a quanti bambini riusciamo ad assicurare un servizio e come manteniamo elevata la qualità educativa di questi servizi) sono sempre vive e ci guidano insieme nella promozione delle esperienze.Abbiamo, infine, sperimentato altre iniziative, che vorrei qui ricordare perché rivolte alle bambine e ai bambini che frequentano i nostri servizi e ai piccoli che, per vari motivi, non li frequentano. Mi riferisco a Bimbibus: alla scoperta della città, che è un modo per favorire la conoscenza del territorio, andando con il bus nel verde, a teatro, ad ascoltare e fare musica, a visitare le ludoteche, al museo, a conoscere il treno e l'aereo. E poi a Acquaticità (esperienza di gioco in piscina), a Spazio-libro (esperienza con i libri, le immagini, le illustrazioni, la narrazione degli adulti), a Verde+ (servizio rivolto alle bambine e ai bambini fino a 6 anni accompagnati da genitori o adulti, che prevede l'apertura di giardini di alcuni nidi della città nel periodo primavera – estate).Ribadisco senz'altro che, senza una diffusa presenza e un elevato standard qualitativo degli asili nido pubblici, e delle esperienze che qui si svolgono dal punto di vista pedagogico, le iniziative che ho citato avrebbero inevitabilmente avuto un carattere più tradizionale e un profilo educativo più limitato.Ricordare queste iniziative mi è utile per porre un ultimo tema, prima di concludere questa introduzione.Sbaglia, a mio avviso, chi tende a contrapporre i servizi educativi per l'infanzia e le famiglie, adombrando la possibilità di una credibile alternativa tra lo sviluppo dei servizi e il sostegno alla genitorialità. Sbaglia, anzitutto, perché questo non è quello che pensano le famiglie, molto più propense di quanto non si creda a dare ai propri bambini un'occasione di crescita collettiva. E sbaglia poi dal punto di vista pedagogico, poiché l'educazione della prima infanzia è mestiere importante e altamente qualificato, ed è un servizio che deve essere reso dalla comunità. I servizi e le famiglie non sono contesti fungibili per la crescita di un bambino, sono realtà che devono stare in forte relazione positiva. Da qui sia la necessità di non retrocedere nell'organizzazione dei servizi da parte dei comuni, sia l'estrema opportunità che l'offerta dei servizi sia diversificata in modo tale che la famiglia del bambino sia coinvolta pienamente nel percorso educativo, e il servizio divenga sempre più un sostegno ad entrambi. Questa è stata, del resto, la strada a cui i comuni sono stati sollecitati da una delle migliori leggi sull'infanzia degli ultimi decenni, la legge n. 285 del 1997, e sarebbe veramente grave che questa prospettiva fosse abbandonata, in direzione di politiche minimali per la famiglia, magari fondate sulla monetizzazione dell'infanzia.Il tema dei servizi interessa tutti. Il loro sviluppo offre orizzonti più avanzati e partecipati, democratici e di libertà. Il ritrarsi dei servizi e il loro progressivo abbandono lascia tutti meno ricchi e meno liberi, in una parola più soli.Permettetemi, a questo punto, di concludere, ricordandovi che abbiamo voluto darvi la testimonianza dell'offerta formativa dei nostri servizi. E poiché non vi possiamo portare tutti a visitarli (c'è poco tempo e siamo veramente tanti), abbiamo portato qui a farvi vedere ciò che facciamo nel nido e negli spazi gioco. Abbiamo trasferito qui ciò che facciamo, con l'organizzazione degli spazi, delle attività, in poche parole ciò che fanno i bambini in una giornata al nido e negli spazi gioco. E lo abbiamo fatto attraverso un percorso teatrale curato da Fiorenza Mariotti e sviluppato dalle educatrici e operatori dei servizi. Si chiama ‘Piccino, piccino, picciò'.Poi proponiamo alla vostra attenzione un altro percorso: ‘la Fiaba e Narrazione', un corso di formazione che aveva l'obiettivo di rendere consapevoli i partecipanti dell'importanza della narrazione e della lettura nelle attività e nella routine del nido.Qui si propone una Fiaba per il cuore curata da Miriam Bardini e dagli operatori dei servizi.Poi ancora abbiamo portato qui il laboratorio musicale, il nome del progetto è ‘Il linguaggio universale del Ritmo', che ha l'obiettivo di dimostrare ancora una volta il linguaggio universale della musica, con la quale si può comunicare idee e emozioni. E qui sarà rappresentato dal coro per voci e strumenti a cura dell'associazione ‘Terradaria' e dagli operatori dei servizi.Spero che queste iniziative siano di vostro gradimento. Ma spero soprattutto che usciremo da questo nostro convegno più forti, più convinti e più bravi di prima: in fondo, il segreto di tutti noi che abbiamo a cuore i servizi educativi per l'infanzia sta qui, nella nostra capacità di migliorarci continuamente, con il confronto, con la discussione, e con la fantasia che sappiamo mettere al servizio del benessere dei bambini e delle bambine.Buon lavoro a tuttiDaniela LastriAssessore alla pubblica istruzione(fn)