Oggi la cerimonia dell'XI edizione del ‘Premio Franca Pieroni Bortolotti' – Saranno pubblicate tutte le opere premiate

Unico nel suo genere, il "Premio Franca Pieroni Bortolotti", organizzato dall'amministrazione comunale di Firenze, nell'ambito di Progetto Donna, è giunto all'XI edizione. Oggi, nella Bibilioteca Magliabechiana degli Uffizi, si è tenuta l'ormai consueta giornata di studi e la premiazione dei vincitori.Nato dalla collaborazione fra il Progetto Donna del Comune di Firenze e la Società Italiana delle Storiche, che raccoglie gran parte delle studiose italiane interessate alla ricerca storica sulle donne, il premio è intitolato a Franca Pieroni Bortolotti, fiorentina, prima studiosa in Italia che pose al centro della sua riflessione la questione femminile, ed è attribuito a opere inedite di studiose e studiosi riguardanti la storia delle donne intesa nella sua accezione più vasta sia dal punto di vista tematico che cronologico. Il premio a carattere nazionale, suscita un grande interesse come è dimostrato dal numero sempre crescente di opere partecipanti al concorso, che ripercorrono, in un arco cronologico che va dall'Antichità all'Età Contemporanea, alcune delle principali rappresentazioni della vita femminile, nella loro dimensione storica. Le opere partecipanti al premio costituiscono l'Archivio di studi di storia delle donne "Premio Franca Bortolotti" che ha sede presso la Biblioteca Centrale Comunale dell'Assessorato alla Cultura, in Via S. Egidio, 21.I lavori di oggi, dopo i saluti delle autorità, sono iniziati con la relazione di Renata Ago dell'Università di Roma "La Sapienza", su ‘'Una nuova stagione di ricerche. Le opere in concorso". Subito dopo l'Assessore alla Pubblica Istruzione e Progetto Donna, Daniela Lastri, ha premiato le vincitrici di questa XI edizione:Cristina Galasso, "Alle origini di una comunità. Ebree ed ebrei a Livorno nel XVII secolo" (primo premio).Al secondo posto, a pari merito, si sono classificate Tiziana Avolio, "Le contraddizioni della cultura giuridica nell'Italia contemporanea. Il dibattito sul mantenimento delle mogli." e Adriana Salviato, "Donne melanconiche: esperienze di internamento nel manicomio femminile di San Clemente in Venezia (1873-1892)".Su proposta inoltre della Commissione è stata segnalata Silvia Rosa, quale meritevole di uno specifico riconoscimento per la sua opera "Nell'universale rigenerazione non sa tacere il mio spirito". Il linguaggio politico del triennio patriottico in Italia (1796-1799): morfologia, epistemologia, gender.Tra le novità annunciate dall'assessore Lastri, ‘'l'accordo raggiunto dall'assessorato alla pubblica istruzione con la Casa Editrice Giunti, attraverso la collana ‘Astrea', per la pubblicazione dei lavori risultati vincitori in quest'edizione e delle opere particolarmente significative. Un accordo che proseguirà anche per le prossime edizioni''.Inoltre, prima della XII edizione del Premio Franca Pieroni Bortolotti, sono già fissate alcune iniziative, ‘'che saranno realizzate nel 2002, per presentare opere e temi storici particolarmente rilevanti per rendere più visibile e fruibile l'archivio di storia delle donne''. Intanto è già in fase di elaborazione il rinnovo del protocollo d'intesa con la Società italiana delle Soriche (SIS) e ‘'proprio per la rilevanza internazionale che sta assumendo il premio per la formazione di tante giovani laureande o laureate – ha concluso l'assessore Lastri – è nostra intenzione inserire quest'esperienza all'interno della progettazione europea''.Nel pomeriggio l'atteso incontro con la storica berlinese Gisela BocK, che insieme a Giulia Calvi, Barbara Curli, Giovanna Fiume, Olwen Hufton, Simonetta Soldani, Gabriella Zarri, affronterà i temi legati all'attualità dell'impegno delle donne nella storia e nel contemporaneo.(dm)Verbale della commissione del Premio "Franca Pieroni Bortolotti"La Commissione del Premio "Franca Pieroni Bortolotti", dopo aver preso in esame i lavori finalisti per la XI Edizione del Premio, ha giudicato vincitrice del:Primo premioCristina Galasso, Alle origini di una comunità. Ebree ed ebrei a Livorno nel XVII secolo.Notevole contributo di ricerca, che studia le origini e i caratteri della comunità livornese nel XVII secolo, secondo un profilo di genere, con ampio scavo di documenti: da quelli relativi al tribunale del Massari, ai testamenti, alle confraternite, ai documenti processuali, a quelli inerenti ai rapporti con le autorità civili e il granducato. La comunità ebraica di Livorno vi appare caratterizzata da tratti condivisi con altre comunità italiane e europee già oggetto di studi, con le quali è costantemente richiamato il confronto; e da tratti peculiari, che sono ben restituiti nella tesi, dovuti in parte alla legislazione delle cosiddette Livornine, che concessero alla comunità ampia autonomia e libertà di organizzazione e di gestione. Si tratta inoltre di una comunità di immigrazione, il che spiega molti dei tratti peculiari e di grande interesse, al di là del quadro legislativo. Tra questi la femminilizzazione della servitù, in anticipo rispetto a quanto è noto nella storia della condizione servile. Di grande interesse vi appare il discorso sulle relazioni di genere, sull'autorità paterna e materna, sulla costruzione dei caratteri dell'età adulta per i maschi, sui limiti che le donne frappongono all'esercizio dell'autorità maschile; maggiore rilievo vi ottiene l'unità familiare rispetto al clan, mentre l'istituto della dote appare come centrale nell'organizzazione sociale della comunità: Della condizione delle donne sono indagate le forme di controllo, ma anche di autonomia e di potere. Le liti mostrano risvolti interessanti delle relazioni familiari, mentre l'attenzione rivolta alla criminalità rivela la condizione miserrima delle schiave nelle famiglie ebraiche di Livorno. Sotto il profilo della confessione di fede, è posta in luce l'emarginazione di chi si converte alla religione cattolica, e la tendenza delle donne a restare nella religione d'origine. Interessanti anche i rilievi sulla rete di solidarietà delle donne, capace di varcare i confini religiosi, in presenza di un'autorità maritale che appare meno salda che non nella comunità cristiana.Secondo premio ex-aequoTiziana Avolio, Le contraddizioni della cultura giuridica nell'Italia contemporanea. Il dibattito sul mantenimento delle mogli.E' un contributo di notevole originalità, che attraverso un istituto scarsamente studiato, ma di grande interesse, come è quello del mantenimento delle mogli, centra il discorso sulla dicotomia tra statuto femminile e statuto maschile nel diritto, e ciò a partire dal diritto romano, di cui l'autrice sottolinea l'influenza fondamentale e di lunga durata nella storia della legislazione fino ai codici del XIX e del XX secolo. Il lavoro non si limita all'analisi dei codici per quanto riguarda il tema in oggetto, ma indaga anche la dottrina giuridica e la giurisprudenza. Le sentenze sono infatti tra i materiali più interessanti offerti da questo lavoro e ne costituiscono una sezione cospicua, anche sotto il profilo dell'analisi critica. Ciò che ne emerge è un'ulteriore sottolineatura, ma attraverso un istituto giuridico di particolare rilievo e di lunga durata, di come il maschile disegni, già a partire dal diritto romano, la sfera del giuridico e del potere, mentre il femminile descrive la sfera del naturale e del privato. Sono questi due ambiti separati, in cui al maschile corrisponde il dominio, e al femminile il margine e la subordinazione. Ma il mantenimento delle mogli circoscrive nella storia della legislazione i confini ambigui di un diritto minore, che presenta i tratti al tempo stesso del privilegio, e introduce così una asimmetria tra l'autorità maritale, il diritto proprietario maschile, e il diritto delle mogli. Asimmetria ricca di contraddizioni, ma anche, nella costruzione dello Stato nazionale, di possibili percorsi di emancipazione, di strategie di difesa e di autonomia, e non a caso la categoria conoscitiva di cui si avvale con intelligenza l'autrice è l'ambivalenza.Adriana Salviato, Donne melanconiche: esperienze di internamento nel manicomio femminile di San Clemente in Venezia (1873-1892).E' questo un contributo importante, che si inserisce significativamente in un filone di indagine di particolare interesse tra gli studi recenti di storia delle donne, quale è quello dei manicomi e della storia della malattia mentale, secondo un profilo di genere. L'istituto studiato dall'autrice è un manicomio femminile, espressamente rivolto cioè alle donne. La documentazione di cui si avvale è ampia e in talune parti, segnatamente le cartelle cliniche delle internate, tale da coinvolgere non solo l'attenzione critica ma anche la partecipazione emotiva dell'autrice, che tuttavia mostra di saper ben dominare questo intreccio, e di saperne trarre anzi suggerimenti significativi per le stesse linee di ricerca. Si illustra nel lavoro la cultura e le posizioni scientifiche del Direttore del San Clemente, Cesare Vigna, singolarmente isolato nella cultura psichiatrica del suo tempo, e però dotato di un ampio potere decisionale sui metodi di cura e sul destino stesso delle donne ricoverate. Di queste, cartella per cartella, l'autrice ricostruisce attraverso i percorsi di vita, le origini familiari, la storia da internate, gli esiti spesso tragici dell'internamento, le difficoltà da dimesse, una sorta di profilo collettivo. Sono donne povere inizialmente, o donne di classi medie o medioalte, con condizioni di grave disagio domestico. Il bacino di utenza del manicomio è veneto-friulano, le donne sposate erano la maggioranza, condotte al San Clemente dalle ripetute gravidanze e dalla malnutrizione, che ne alterava la salute mentale. Nel lavoro si affronta anche in profondità non solo l'aspetto materiale del disagio femminile ottocentesco, ma anche la sofferenza psicologica, quello che l'autrice indica come un "itinerario tra i dolori, le allucinazioni e le profonde credenze mitico-religiose delle internate". Sulle ragioni infine del fallimento del progetto di cura manicomiale, l'indagine porta nuovi e interessanti elementi di valutazione.Un'altra tesi di laurea infine si è imposta all'attenzione della commissione, quella di Silvia Rosa: il lavoro si presenta con tratti atipici rispetto alle opere premiate e a molte delle ricerche in concorso, certamente più conformi all'ambito di studi per i quali è previsto il premio. La commissione, pur non ritenendo, per queste ragioni, di poterlo premiare, ritiene tuttavia questo lavoro meritevole di uno specifico riconoscimento, per le ragioni illustrate qui di seguito, e lo propone per una segnalazione, nell'ambito della giornata dedicata alla XI edizione del Premio.Silvia Rosa, "Nell'universale rigenerazione non sa tacere il mio spirito". Il linguaggio politico del triennio patriottico in Italia (1796-1799): morfologia, epistemologia, gender.Nel lavoro si procede a un' approfondita disamina della produzione discorsiva a carattere politico del triennio patriottico, e dei differenti progetti di architettura costituzionale, ponendo in campo e attraversando più ambiti di sapere, dalla politica alla scienza, alla medicina, alla storiografia. Nel corso del lavoro, vengono proposte alcune figure chiave, che illustrano i caratteri del cittadino, così come emergono da questa vasta letteratura già oggetto di vari studi, ma su cui l'autrice ritorna con particolare intelligenza critica, discutendo e utilizzando con lucidità differenti categorie interpretative, entro una impostazione di fondo foucaultiana, riattraversata con efficacia dalla categoria del gender. Tra le figure che segnano gli snodi concettuali del discorso, si impongono e si contrappongono l'eroe e l'antagonista: quest'ultimo assume le forme sia del mostro tirannico, che del barbaro. Il gruppo delle donne occupa nella costruzione una funzione chiave, è il gruppo sul quale si esercita la protezione, elemento determinante di costruzione di identità del cittadino. Il gender è d'altra parte la categoria che consente di disvelare il segno non neutro delle diverse figure e immagini che presiedono all'articolarsi del discorso.Renata Ago - Anna Beltrametti - Anna Scattigno - Elisabetta Vezzosi