Il Crocifisso di Giotto: storia, restauro, ricollocazione

La storia del dipintoL'opera, che appartiene alla attività giovanile di Giotto (realizzata probabilmente alla fine del nono decennio del Duecento, 1288-90 ca.), costituisce un momento fondamentale per la storia dell'arte italiana, in quanto in essa l'artista attua il rinnovamento della pittura italiana nel campo dello stile e dell'iconografia, realizzando una nuova figura profondamente naturale ed umana di Cristo sulla croce al posto delle precedenti immagini prevalentemente simboliche della divinità, d'origine bizantina. Agli inizi del Duecento, infatti, si era diffuso in Italia il nuovo modello iconografico del Christus patiens, per il tramite della scuola pisana, come dimostra il grande successo di Giunta che produce varie Croci dipinte, a Pisa, a Assisi, a Bologna. Tale modello è seguito a Firenze da Coppo di Marcovaldo e, poi, da Cimabue che costituisce, con l'opera di Santa Croce, il precedente diretto con il quale Giotto doveva confrontarsi a pochi anni di distanza.La Croce dipinta da Giotto per il convento domenicano di Santa Maria Novella è, quindi, contemporaneamente un eccezionale documento della grande svolta artistica ed espressiva di Giotto e un manifesto della nuova religiosità proposta al popolo dai domenicani.Gli elementi che concretizzano questo nuovo linguaggio sono costituiti dalla costruzione naturale e tridimensionale del grande corpo, volumetrico e gravante verso il basso che fa flettere le braccia, dalle mani curve rese in una stupenda visione prospettica e dall'espressione umana e vera della sofferenza del Cristo. L'affermazione prepotente della umana fisicità di Cristo contiene evidentemente un messaggio rivolto contro l'eresia catara, allora presente a Firenze, che condannava la realtà fisica come appartenente al male, contrapposta al mondo spirituale, secondo un manicheismo d'antica origine. L'impegno religioso preminente dei Domenicani consisteva proprio nella predicazione contro tale eresia. Per questo qui è così sottolineato l'umano e ben concreto corpo di Cristo che vince la morte e promette agli uomini di risorgere nell'ultimo giorno nella pienezza del corpo e dello spirito.Questo straordinario capolavoro artistico è tale anche sotto il profilo tecnico: la grande croce di circa 5,40 metri di altezza è un'ottima macchina lignea, costruita secondo raffinati criteri, e la pittura ci testimonia sia la profonda conoscenza delle tecniche tradizionali da parte del giovane artista sia la sua volontà di inserire anche in questo campo alcune interessanti innovazioni.Testo a cura dell'Opificio delle Pietre Dure di FirenzeIl restauro, il progetto di ricerca e le novitàL'intervento, compiuto dall'Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di restauro di Firenze, ha avuto una duplice funzione: da un lato ha fronteggiato i problemi conservativi strutturali e soprattutto quelli legati alla pulitura della pellicola pittorica pesantemente alterata e ritoccata, consentendone finalmente una chiara lettura, dall'altro lato si è posto come un momento di studio e di indagine per giungere alla più approfondita conoscenza possibile di questo grande capolavoro.Dopo la pulitura sono emersi particolari stilistici che confermano non solo la piena autografia giottesca, ma che pongono con evidenza il problema del rapporto con gli affreschi di Assisi, soprattutto quelli della fase costituita dalla personalità del così detto Maestro di Isacco che ha caratteri vicinissimi a quelli presenti in questa Croce.Per approfondire le ricerche ed impostare correttamente l'intervento di restauro sono stati compiuti degli studi che hanno coinvolto, oltre le forze interne all'Istituto (Laboratorio Scientifico), anche altri importanti Istituti di ricerca. Tra questi si possono citare, per le indagini diagnostiche l'Istituto Nazionale di Ottica Applicata di Firenze (INOA), l'Istituto di Ricerca sulle Onde Elettromagnetiche del CNR di Firenze (IROE) e l'Ente Nazionale per le Energie Alternative (ENEA) di Roma. Fondamentale è stato il ruolo del Kunsthistorisches Institut in Florenz, diretto da Max Seidel, per l'approfondimento degli studi storico-artistici sull'opera.La scoperta più interessante compiuta riguarda la costruzione e la forma della Croce che era stata originariamente concepita e realizzata con le misure tradizionali che ritroviamo nella precedente produzione duecentesca da Giunta a Cimabue; infatti senza le successive modifiche la Croce sarebbe stata del tutto simile a quella di Cimabue a Santa Croce. Giotto, prima di iniziare a dipingere, fa modificare le misure dell'opera per potervi inserire il nuovo tipo naturale di raffigurazione della figura del Cristo e, in un momento successivo, fa aggiungere la base trapezoidale, collocando così per la prima volta ai piedi di una Croce dipinta il calvario, fino ad allora presente solo nelle scene storiche di Crocifissione. Il dipinto passa quindi da una valenza simbolica astratta di icona ad una descrizione naturalistica e narrativa. Come possono essere interpretate tali varianti? Erano stati i domenicani a far realizzare ad un legnaiolo un supporto dalle misure allora usuali, oppure la commissione dell'opera era stata assegnata in precedenza ad un altro pittore cui Giotto successivamente subentra? E' evidente che l'ipotesi più affascinante può prevedere un primo incarico a Cimabue, passato poi al più giovane pittore, seguendo la celebre affermazione di Dante secondo cui Giotto aveva "il grido", avendo superato il maestro. Di grande interesse è stata anche la scoperta, per mezzo della sofisticata tecnica di indagine della riflettografia a scanner, del disegno sottostante alla pittura, costruito con una forza ed una decisione che lascia sbalorditi, soprattutto pensando all'appartenenza dell'opera alla fase giovanile del pittore ed alla valenza fortemente innovativa della nuova figura. Il progetto di ricerca ha consentito di poter studiare altre opere del maestro ottenendo interessanti confronti sul piano della tecnica artistica di realizzazione. In tale ambito sono stati confrontati tutti i dati tecnici di un gruppo di opere della produzione giovanile, come lo straordinario frammento di Madonna con il Bambino di Borgo San Lorenzo, la Madonna di San Giorgio alla Costa, la Croce dipinta di Rimini, le Stimmate di San Francesco del Louvre e il polittico di Badia degli Uffizi, riuscendo così a proporre nuove ipotesi sulla loro cronologia. Grazie a tali confronti tecnici è stato infatti possibile rilevare una notevole affinità tra la Croce di Santa Maria Novella ed il frammento mugellano, collocabili entrambi nello stesso periodo, stilisticamente analogo a quello degli affreschi assisiati attribuiti al così detto Maestro d'Isacco, mentre la Madonna di San Giorgio alla Costa si differenzia leggermente, avvicinandosi al periodo delle Storie di San Francesco, seguita a breve distanza di tempo dalle Stimmate e dalla Croce riminese, con le quali presenta notevoli affinità tecniche.Testo a cura dell'Opificio delle Pietre Dure di FirenzeLa ricollocazioneL'intervento di restauro è durato dodici anni.Il luogo in cui l'opera è stata collocata è stato determinato sulla base delle ricerche storico-scientifiche effettuate da Marco Ciatti, Direttore del settore Restauro Dipinti dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze. La base del Crocifisso sfiorerà la linea ipotetica del margine superiore del ponte, o coro, distrutto dal Vasari nella seconda metà del Cinquecento, al centro del quale il Crocifisso era appoggiato in ostensione.Nel progetto per la ricollocazione dell'opera, redatto da Ugo Muccini, architetto e dirigente del Servizio Fabbrica Palazzo Vecchio e Chiese, è stata volutamente evitata la ricostruzione di volumetrie che rappresentassero il coro distrutto, per limitarsi a suggerirne le proporzioni e la posizione sospendo il Crocifisso al di sopra del suo margine superiore, che doveva avere un'altezza da terra compresa fra i quattro metri e i quattro metri e mezzo.Tale scelta è stata determinata dalla volontà di operare una ricostruzione ipotetica della posizione della Croce nel luogo della sua destinazione originale, senza impedire la fruizione degli interni della basilica così come sono attualmente, frutto sia della ristrutturazione vasariana sia di quella operata nell'Ottocento dal Romoli.L'opera così ricollocata completa ed esalta l'arredo artistico di Santa Maria Novella che, grazie anche al restauro architettonico decorativo degli interni, compiuto in occasione del Giubileo dal Servizio Fabbrica Palazzo Vecchio e Chiese nel 1999, ne è la superba cornice.L'opera verrà sospesa nel luogo prescelto tramite una struttura metallica che la reggerà senza viti o chiodi.Questa struttura è collegata ad una tige d'acciaio che sospende l'opera dall'alto della volta, tramite un foro preesistente che attraversa la volta in corrispondenza del centro della vela della crociera della seconda campata di copertura della navata centrale, nella porzione in cui la vela è a ridosso dell'arcata trasversale corrispondente.Nel sottotetto è stato installato un meccanismo che permette l'abbassamento eventuale dell'opera fino al pavimento, per tutte le operazioni di manutenzione ordinaria.La struttura cui è assicurato il Crocifisso è stata progettata nel suo insieme per individuarne il baricentro tramite meccanismi di regolazione semplici ed efficaci, collocandolo in tutta sicurezza e nella posizione voluta, lievemente inclinata in avanti lungo l'asse longitudinale, com'era quando ancora si elevava dal coro distrutto.L'Ente Cassa di Risparmio di Firenze ha finanziato l'intera opera di ricollocazione per un costo totale di L.150.000.000.Testo a cura dell'architetto Ugo Muccini, dirigente della Fabbrica di Palazzo VecchioSchedaIl restauro è stato eseguito dall'Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di restauro di Firenze, sotto le direzioni di Antonio Paolucci, Giorgio Bonsanti e Cristina Acidini.Direzione dei lavori: Marco Ciatti con la collaborazione di Cecilia FrosininiRestauratori: Paola Bracco e Ottavio Ciappi, per la parte pittorica, con la collaborazione per il restauro pittorico di Cesare Pagliero e Kyoko Nakahara; Ciro Castelli, Mauro Parri e Andrea Santacesaria per il supporto ligneo. Hanno inoltre collaborato: Camilla Mocenni, Chiara Rossi Scarzanella, Caterina Toso.Fotografie: Sergio CiprianiRilievi grafici: Roberto Monticolo, Andrea Santacesaria, Kyoko NakaharaIndagini Scientifiche:- Laboratorio Scientifico dell'OPD diretto da Mauro Matteini: Alfredo Aldrovandi, Giancarlo Lanterna, Carlo Lalli, Arcangelo Moles, Maria Rosa Nepoti, Maria Rizzi, Isetta Tosini;- Istituto Nazionale di Ottica di Firenze (INOA): Maurizio Cetica, Luca Pezzati;- Istituto di ricerca sulle onde elettromagnetiche di Firenze (IROE - CNR): Mauro Bacci, Marcello Picollo, Bruno Radicati;- Ente Nazionale per le energie alternative (ENEA - Beni Culturali) di Roma: Sergio Omarini, Claudio Seccaroni, Pietro Moioli, Raffaele Scafé.Consulenza climatologica per la ricollocazione da parte Settore Climatologia e Conservazione preventiva dell'OPD: Cristina Danti e Roberto BoddiSi ringraziano i colleghi dell'ENEA, Dip. INN- Unità INN-Art e Dip. ERG Div. SIRE per la redazione di un progetto per il monitoraggio del microclima e della qualità dell'aria: Alvaro Sargenti.Il progetto di ricercaLe ricerche storico-artistiche, documentarie e sulla tecnica artistica sono state compiute in collaborazione con il Kunsthistorisches Institut in Florenz, diretto da Max Seidel. Hanno coordinato le operazioni del progetto Marco Ciatti e Lorenza Melli.La ricollocazione Il progetto per la ricollocazione del Crocifisso di Giotto è stato finanziato dall'Ente Cassa di risparmio di Firenze per L.150.000.000. Il progetto e la Direzione dei lavori sono del Servizio Fabbrica Palazzo Vecchio e Chiese Le Ditte che hanno eseguito le opere sono le seguenti: Costruzione e messa in opera della struttura di sospensione: Ditta Mariani, Firenze Opere di completamento dell'allestimento: Ditta Cellini, Firenze Opere di tappezziere: Ditta Ermini, Firenze Opere elettriche: Ditta Borghini e Cinotti con la supervisione dell'Ing. Raffaele ViscomiLa pubblicazioneGli studi storico-artistici compiuti, le ricerche archivistiche e bibliografiche, le indagini scientifiche e l'intervento di restauro confluiranno in un catalogo, dal titolo Giotto. La Croce di Santa Maria Novella (è prevista anche una edizione inglese), che sarà pubblicato dall'Opificio insieme con il Kunsthistorisches Institut in Florenz. La pubblicazione è stata resa possibile grazie al generoso contributo della ditta Mannesmann AG e all'opera di Michael T. Mandel. Il volume è a cura di Marco Ciatti e Max Seidel con il coordinamento editoriale di Lorenza Melli.