Controlli stretti sull'esportazione di armi nel mondo, il Consiglio comunale lancia un appello al Parlamento
Nessun ritocco della legge sul commercio delle armi, la 185 del 1990, che rimane una delle normative più avanzate in tutto il mondo. Lo chiede una risoluzione che porta la firma di tutti i capigruppo del centrosinistra e che è stata approvata a larga maggioranza dal Consiglio comunale.«L'appello - ha spiegato Antongiulio Barbaro, primo firmatario del documento - si è reso necessario perché il disegno di legge del governo, il numero 1927, con cui si vorrebbe recepire un accordo del 2000 fra sei stati europei, fra l'Italia, riduce di fatto i controlli minando i principi della normativa vigente. Con il rischio, per esempio, di consentire la vendita di armi a paesi dove non vengono rispettati i diritti umani o in conflitto fra di loro».Secondo le legge 185 «il commercio delle armi deve essere subordinato alla politica estera dell'Italia, alla Costituzione e ad alcuni principi del diritto internazionale, da cui discendono il divieto di esportare armi se queste contrastino con la lotta al terrorismo internazionale, il divieto di esportare a Stati che siano responsabili di violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani, il divieto di esportare a paesi in stato di conflitto». «Il commercio delle armi - si sottolinea nella risoluzione - deve avvenire secondo procedure trasparenti di rilascio delle autorizzazioni e meccanismi di controllo successivi, segnando una chiara distinzione tra mercato lecito e illecito. In tale ambito, è di estrema importanza il divieto di cedere armi quando manchino adeguate garanzie sulla destinazione finale».«Il 27 luglio 2000 i ministri della difesa di Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Regno Unito - prosegue il documento - hanno sottoscritto un accordo quadro per la ristrutturazione dell'industria europea della difesa il cui obiettivo è facilitare la ristrutturazione dell'industria della difesa europea in modo tale da renderla più competitiva sul mercato globale, prevedendo, fra l'altro la semplificazione delle procedure di controllo delle esportazioni in tutti i programmi di coproduzione tra i sei Stati partecipanti e la redazione una "Lista bianca" di destinazioni accettabili per ogni coproduzione, concordata tra gli stati partecipanti, verso le quali gli equipaggiamenti di difesa potranno essere esportati».Secondo i firmatari della risoluzione «il disegno di legge del governo introduce una sorta di autorizzazione "open", senza specificare numero di pezzi, loro valore economico, modalità di comunicazione dell'uscita dei materiali e di verifica, che renderà difficili i controlli. E tale autorizzazione, inoltre, sarà prevista anche per quei paesi che non hanno sottoscritto l'accordo quadro del 2000 e per i quali, quindi, non valgono le procedure per definire la "Lista Bianca" delle destinazioni lecite».Per questi motivi la risoluzione chiede al Parlamento e al governo «di modificare il disegno di legge governativo il cui effetto combinato è quello di sottrarre la "licenza globale di progetto" alle disposizioni rigorose e trasparenti ora vigenti e di sottoporre a revisione tutte le norme regolamentari che dal 1990 hanno determinato un'attenuazione della portata innovatrice delle disposizioni contenute nella legge 185». (fn)Questo il testo della risoluzione:"Per modificare il disegno di legge n. 1927 di ratifica del "Framework Agreement" di Farnboroughe salvaguardare i principi fondamentali della Legge n. 185/90 sul commercio delle armi"proponenti: Barbaro, Caffaz, Formigli, Cianchi, Malavolti, Bonsanti, Domenichetti, Imperlati (DS), Pettini, Rotondaro, Marzullo (PdCI), Conti, Balata (PPI-Margherita),Basosi (Democratici-Margherita), Foti (Rinnovamento Italiano-Margherita),Morelli (UdEUR), Papini (Verdi), Fittante (Insieme per l'Ulivo in Toscana)IL CONSIGLIO COMUNALEAPPREZZATO l'impianto complessivo della Legge 9 luglio 1990, n. 185 "Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento", che punta a dare attuazione ai seguenti principi fondamentali: il commercio delle armi deve essere subordinato alla politica estera dell'Italia, alla Costituzione e ad alcuni principi del diritto internazionale, da cui discendono il divieto di esportare armi se queste contrastino con la lotta al terrorismo internazionale, il divieto di esportare a Stati che siano responsabili di violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani, il divieto di esportare a Paesi in stato di conflitto; il commercio delle armi deve avvenire secondo procedure trasparenti di rilascio delle autorizzazioni e meccanismi di controllo successivi, segnando una chiara distinzione tra mercato lecito e illecito. In tale ambito, è di estrema importanza il divieto di cedere armi quando manchino adeguate garanzie sulla destinazione finale, richiedendo che alla domanda di autorizzazione sia allegato un certificato di uso finale (CUF) attestante che il materiale non verrà riesportato senza preventiva autorizzazione dell'Italia. Per cercare di evitare traffici illeciti e il fenomeno delle triangolazioni la legge ha previsto che il CUF sia rilasciato dalle autorità governative; il commercio delle armi deve soggiacere ai criteri di trasparenza interna ed esterna emersi in sede ONU, prevedendo un'ampia e significativa informazione al Parlamento, e quindi all'opinione pubblica, sulle esportazioni e importazioni di armi italiane, tramite la presentazione al Parlamento di una relazione annuale del Presidente del Consiglio dei Ministri, che riporti dati dettagliati su azienda fornitrice, materiale esportato, valore, destinatario finale, banche coinvolte;SOTTOLINEATO come la Legge n. 185/90 rappresenti ancora oggi, nel panorama internazionale, uno degli strumenti più avanzati finalizzati al controllo democratico del commercio delle armi, per l'importanza che attribuisce al rispetto e alla promozione dei diritti umani, alla prevenzione dei conflitti e per le formulazioni avanzate dei divieti ivi contenuti;RILEVATO come nei dieci anni di applicazione vi siano stati molteplici tentativi di aggirare la Legge n. 185/90 attraverso il susseguirsi di atti regolamentari ispirati ad una tendenza interpretativa sempre più riduttiva, che hanno rischiato di svuotare gli aspetti più innovativi e garantisti della disciplina (sottrazione all'applicazione della legge della maggior parte delle armi leggere classificate come "civili", diminuzione della quantità e della qualità delle informazioni contenute nella relazione annuale al Parlamento);CONSIDERATO che la Legge n. 185/90 ha di fatto anticipato l'indirizzo più recentemente assunto a livello europeo con il "Codice di condotta dell'Unione Europea per le esportazioni di armi", adottato l'8 giugno 1998, che rappresenta un primo passo verso lo sviluppo di un approccio comune responsabile sull'export di armi da parte degli Stati Membri, anche se tuttora se ne lamenta da più parti la vaghezza e la mancanza di stringenti meccanismi di attuazione che vincolino il commercio delle armi da parte degli Stati Membri ai positivi principi enunciati, tanto che il 3 ottobre 2001 il Parlamento Europeo ha approvato una Risoluzione con cui gli Stati Membri sono stati invitati ad applicare e a rendere il Codice legalmente vincolante;RILEVATO come il 27 luglio 2000 i Ministri della Difesa di Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Regno Unito (ossia i Paesi che esportano il 90% degli armamenti europei) abbiano sottoscritto a Farnborough il "Framework Agreement Concerning Measures to Facilitate the Restructuring and Operation of the European Defense Industry" (Accordo quadro per la ristrutturazione dell'industria europea della difesa), in attesa di ratifica da parte del Parlamento italiano, il cui obiettivo è facilitare la ristrutturazione dell'industria della difesa europea in modo tale da renderla più competitiva sul mercato globale, prevedendo: la semplificazione delle procedure di controllo delle esportazioni in tutti i programmi di coproduzione tra i sei Stati partecipanti (a tal fine viene introdotta la "licenza globale di progetto", applicabile ai programmi congiunti di coproduzione intergovernativa tra due o più Paesi che abbiano ratificato l'Accordo); l'assicurazione che le decisioni sulle licenze di export saranno prese in base ad un consenso comune di tutti gli Stati partecipanti alla coproduzione; la redazione una "Lista bianca" di destinazioni accettabili per ogni coproduzione, concordata tra gli Stati Partecipanti, verso le quali gli equipaggiamenti di difesa potranno essere esportati;RITENUTE TUTTAVIA FONDATE le preoccupazioni sollevate da più parti, ed in particolare da numerose Organizzazioni Non Governative, circa alcuni effetti negativi connessi con l'attuazione del "Framework Agreement" di Farnborough, tra cui: la possibilità che i controlli vengano ridotti al minimo comun denominatore, tenuto conto che in alcuni Stati firmatari vigono procedure semplificate per l'esportazione di armi, meno rigorose di quelle previste dalla Legge italiana n. 185/90; la possibilità che le "Liste bianche" non vengano rese pubbliche, adducendo motivi di "riservatezza commerciale", in contrapposizione al principio stabilito dal "Codice di condotta dell'Unione Europea per le esportazioni di armi" di promuovere una maggiore trasparenza tra i quindici Stati Membri;APPRESO che il 9 novembre 2001 il Governo ha depositato presso la Camera dei Deputati il disegno di legge n. 1927, con il quale si intende ratificare il "Framework Agreement" di Farnborough, apportando contestualmente alcune modifiche alla Legge n. 185/90 finalizzate in particolare ad introdurre la nuova "licenza globale di progetto";RILEVATO come il disegno di legge n. 1927 punti in realtà ad un'applicazione estensiva ed eccessivamente semplificatoria del "Framework Agreement" di Farnborough, dato che: è stata introdotta una formula generica, una sorta di autorizzazione "open" (senza specificare numero di pezzi, loro valore economico, modalità di comunicazione dell'uscita dei materiali e di verifica), per la quale non è chiaro come possano essere effettuati i controlli sull'effettiva aderenza delle esportazioni al singolo programma intergovernativo al fine di evitare deviazioni di pezzi e componenti verso Paesi o soggetti pericolosi. L'operatore deve infatti indicare solo il Paese e l'industria con cui coproduce e non il valore ed il destinatario finale, ovvero l'eventuale Paese terzo che acquisterà il materiale; viene prevista l'applicazione della licenza globale di progetto anche per quei Paesi che non hanno sottoscritto il "Framework Agreement" e per i quali, quindi, non valgono le norme relative alla procedura del consenso per definire la lista delle destinazioni lecite. Nei confronti di tali Paesi (molti dei quali hanno politiche estere e normative differenti da quella italiana, spesso meno rigorose), il rilascio della licenza globale di progetto equivale ad un'abdicazione di sovranità e responsabilità, ovvero conferisce una delega in bianco sulla scelta delle destinazioni finali al Paese con cui si coproduce, senza che le nostre autorità possano esercitare controlli e consentendo che Governo e Parlamento non siano informati sulla destinazione del materiale di armamento coprodotto con pezzi e componenti di marca italiana assemblato all'estero; la licenza globale di progetto non viene applicata solo a coproduzioni intergovernative, ma anche a semplici accordi tra industrie, consentendo quindi a società italiane di stringere accordi con qualsiasi società (anche costituite ad hoc, per godere delle procedure semplificate) in Paesi che non hanno sottoscritto il "Framework Agreement";RITENUTO che l'approvazione del disegno di legge n. 1927 rischi di minare i principi della Legge n. 185/90 e di vanificare anche il "Codice di condotta dell'Unione Europea per le esportazioni di armi", ponendo le basi per un sostanziale svuotamento dei condivisibili meccanismi di controllo e trasparenza attualmente vigenti, determinando una palese contraddizione con la proclamata volontà di combattere il terrorismo internazionale e di isolare i Paesi che lo sostengono, fatto politicamente grave alla luce degli eventi dell'11 settembre 2001;RICORDATA la vocazione di Firenze quale "città operatrice di Pace e libera dalle armi di sterminio di massa";INVITA IL PARLAMENTO ED IL GOVERNO a modificare gli articoli 6, 7, 10, 11 e 13 del disegno di legge n. 1927, il cui effetto combinato è quello di sottrarre la "licenza globale di progetto" alle disposizioni rigorose e trasparenti previste dalla Legge n. 185/90, la quale costituisce la normativa più avanzata nel panorama internazionale per il controllo del commercio dei sistemi di arma e che ha anticipato il "Codice di condotta dell'Unione Europea per le esportazioni di armi" adottato l'8 giugno 1998, di cui anche recentemente il Parlamento Europeo ha chiesto la piena attuazione da parte di tutti gli Stati Membri; a sottoporre a revisione tutte le norme regolamentari che dal 1990 hanno determinato un'attenuazione della portata innovatrice delle disposizioni contenute nella Legge n. 185/90;IMPEGNA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALEa trasmettere la presente Risoluzione al Presidente della Repubblica, ai Presidenti dei due rami del Parlamento, ai Presidenti delle Commissioni Difesa e Esteri dei due rami del Parlamento, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Difesa, al Ministro degli Affari Esteri, alle Organizzazioni Non Governative che hanno promosso la Campagna "difendiamo la 185".