Il sindaco Domenici e l'assessore Giani scoprono nella Basilica di Santa Croce la lapide dedicata ad Antonio Meucci inventore del telefono

Sotto la lapide di Leonardo da Vinci e accanto a quella di Guglielmo Marconi: Antonio Meucci, fiorentino, inventore del telefono, ha fatto oggi il suo ingresso nella Basilica di Santa Croce, la chiesa nella quale Firenze ricorda da secoli i suoi grandi. Stamani, in una basilica affollata da fiorentini e turisti, alla presenza del Gonfalone della città, il sindaco Leonardo Domenici, l'assessore alla valorizzazione delle tradizioni fiorentine e alle relazioni internazionali Eugenio Giani, la presidente del Quartiere 1 Anna Laura Abbamondi e la presidente dell'Opera di Santa Croce Carla Guiducci Bonanni hanno presieduto alla cerimonia per lo scoprimento della lapide dedicata a Meucci. Un riconoscimento che giunge proprio in occasione del giorno della nascita a Firenze, in San Frediano, di Meucci, il 13 aprile 1808. Alla cerimonia, accolti dal padre guardiano della Basilica, Roberto Bernini, hanno partecipato anche alcuni parenti e discendenti di Antonio Meucci, insieme a un rappresentante del Consolato americano, dell'Associazione Italia-Usa e della casa editrice Vallecchi che ha recentemente ripubblicato il libro di Franco Capelvenere su Meucci.La lapide, una targa forgiata in particolare bronzo e collocata tra il secondo e il terzo altare sotto il ricordo di Leonardo da Vinci, intestata ad Antonio Meucci (1808-1889) porta la scritta: "Lontano dalla patria/di sulla sponda atlantica/ che per primo un altro fiorentino toccò/offrì col telefono/ lo strumento che annulla oggi/ogni distanza tra uomini e popoli"."E' una soddisfazione per questa Amministrazione inaugurare la lapide in ricordo di Meucci – ha detto il sindaco Domenici – con tanta partecipazione di persone, la prova della volontà di Firenze di non dimenticare. Con Meucci vogliamo valorizzare una tradizione della nostra città, un filone della cultura fiorentina che da Galileo a Evangelista Torricelli, a Eugenio Barsanti, allo stesso Meucci, ha dato tanto alla scienza e allo sviluppo delle tecnologie. Un tratto di molte di queste personalità è stata la versatilità, quella stessa caratteristica che ritroviamo nelle nostre botteghe artigiane capaci di coniugare riflessione teorica e abilità manuale".L'assessore Giani ha invece ricordato "quanto questo riconoscimento a Meucci sia stato fortemente voluto dall'Amministrazione con un percorso che è iniziato il 15 dicembre 2002 in occasione del convegno organizzato, insieme all'Associazione Italia-Usa, per festeggiare la risoluzione del Congresso americano che, l'11 giugno 2002, ha riconosciuto Meucci come inventore del telefono"."Sono molti anni che nessuna nuova lapide o sepolcro trova spazio nella Basilica di Santa Croce - ha aggiunto Giani - ma la particolare iniziativa è stata ammessa all'unanimità dalle autorità competenti per ricordare un grande fiorentino che fu costretto ad andarsene dal Granducato di Toscana e da Firenze, dove lavorava come macchinista al Teatro della Pergola e dove sperimentò, appunto, le prime applicazioni del telettrofono, per le sue idee di repubblicano".La prolusione sulla vita di Antonio Meucci è stata letta da Franco Capelvenere, l'autore della biografia, ritenuta quella più completa, "Meucci, l'uomo che ha inventato il telefono", che ricostruisce la giovinezza trascorsa a Firenze, i primi esperimenti a L'Avana fino alle amarezze e alle delusioni della vecchiaia, ed è stata ripubblicata da Vallecchi. "Ringrazio l'Amministrazione che ha ottenuto il risultato di fare tornare Meucci a Firenze dopo 170 anni e nella casa dei grandi inventori – ha spiegato Capelvenere - . Del resto fu a Firenze che Meucci ebbe la prima intuizione per la realizzazione del telefono e poi, durante il soggiorno a L'Avana, applicò i principi dell'elettricità. A quel tempo (era il 1849, ndr) Alexander Graham Bell (considerato per 113 anni l'inventore del telefono, ndr) aveva solo due anni. Adesso si dovranno aggiornare i libri, a cominciare dai testi scolastici".All'Amministrazione comunale sono giunti in occasione dello scoprimento della lapide i messaggi del console americano a Firenze William McIlhenny e della direttrice del Museo Meucci-Garibaldi, che ha sede a New York, Emily Gear.Fin da giovane Meucci si interessò ai fenomeni elettrici e magnetici e nel 1845 si trasferì a Clifter (Long Island), dove aprì una fabbrica di candele. Lì accolse l'amico Garibaldi, che fra il 1850 ed il 1853 divenne suo collaboratore. Realizzò il primo apparecchio telefonico, ma non riuscì a rinnovare il brevetto per problemi finanziari. Nel 1886 la Corte Suprema, dopo una lunga vertenza e molte perizie, gli riconobbe tuttavia la paternità dell'invenzione. Così Meucci stesso descrive la sua intuizione: "L'invenzione consiste in un diaframma vibrante e in un magnete elettrizzato da un filo a spirale che lo avvolge. Il diaframma vibrando… altera la corrente del magnete…Queste alterazioni di corrente trasmettendosi all'altro capo del filo imprimono analoghe vibrazioni al diaframma ricevente, riproducendo la parola". (vp)Segue foto Cge