Regolamento urbanistico, la relazione dell'assessore Meucci in Consiglio comunale
La relazione sul Regolamento urbanistico in Consiglio comunale dell’assessore all’Urbanistica, politiche del territorio e patrimonio Elisabetta Meucci.
Per introdurre i lavori di una seduta così importante ho varie alternative. Potrei dilungarmi per ore, e potrei farlo a pieno titolo visto che questo piano giunge in Consiglio dopo cinque anni di duro lavoro e impegno profuso al massimo da tutti, a partire dalla giunta, dai consigli di Quartiere e da tutta la struttura organizzativa. Oppure, all’opposto, potrei semplicemente dichiarare che abbiamo fatto ciò che dal 1995 non era riuscito a nessuno e chiuderla qui.
Poiché però credo che non sfugga a nessuno dei consiglieri la rilevanza del voto che ci accingiamo a esprimere, mi soffermerò sulla fase del percorso di approvazione del Regolamento Urbanistico, il primo Regolamento urbanistico del Comune di Firenze, un atto fondamentale, di quelli che disegnano davvero il futuro della città, di quelli destinati a essere ricordati commentando “io c’ero”.
Un futuro che, in questo caso, non è qualcosa che ci viene incontro e che cerchiamo di prevedere: è un futuro che cerchiamo di costruire e che sarà esito delle nostre capacità analitiche e progettuali, della nostra capacità di concepire e realizzare programmi coerenti ed efficaci.
Il futuro di questa città che in sostanza è già presente, come i consiglieri sanno bene, e che sta nella scelta fondamentale operata con il Piano strutturale approvato nel 2011: quella di immaginare un rinnovamento della città “non fuori ma dentro la città”, puntando sulla sua rigenerazione anziché sulla sua espansione, opzione sintetizzata nello slogan “volumi zero” che concretizzail principio della sostenibilità.
Un principio che è una vera sfida lanciata dal Comune di Firenze e che con soddisfazione vediamo raccolta dalla recente Legge regionale, ma che su tutto il territorio nazionale resta ancora un “mantra” ripetuto nei convegni e nei discorsi programmatici. Niente a che fare con ciò che realmente è accaduto nel Comune di Firenze dove con il Piano strutturale sono stati annullati 140mila mq di Piano regolatore generale (PRG) residuo, è stato azzerato l’indice edificatorio in tutto il territorio e non è stato previsto con il Regolamento urbanistico un mq in più di SUL (Superficie utile lorda), tranne gli interventi già concordati e concessionati prima del 2010 e le opere pubbliche e di interesse pubblico.
A questo proposito ci sia consentita una brevissima parentesi. Le amministrazioni comunali di Firenze sono state accusate, anche con qualche ragione, di muoversi con grande lentezza nel campo della pianificazione urbanistica: abbiamo una storia pluridecennale di piani e progetti mai portati a compimento. Questa volta, in poco più di un mandato amministrativo, non solo riusciamo a varare sia il piano strategico che quello conformativo, ma possiamo rivendicare una primogenitura rispetto agli obiettivi di sostenibilità che la nuova Legge regionale sul governo del territorio intende perseguire.
A proposito della sostenibilità, che è stata la prima linea guida alla quale ci siamo attenuti, occorre aggiungere ancora qualche considerazione. Una delle questioni all’ordine del giorno è come conciliare la tutela delle risorse essenziali non riproducibili (la “sostenibilità” appunto) – riducendo anzi la nostra impronta ecologica, traendo ispirazione dal Patto europeo dei sindaci - con le altrettanto imprescindibili esigenze di sostegno allo sviluppo, promozione dell’occupazione e miglioramento della qualità della vita. Detto in altro modo: si tratta di concepire una pianificazione territoriale che non si ponga, rispetto alle pressioni dell’economia, in una posizione di semplice difesa, ma che svolga una funzione di stimolo attraverso la valorizzazione del patrimonio territoriale.
Uso il termine “valorizzazione” avendolo ben ponderato e nella consapevolezza che evochi qualche contrasto. Eppure quando prevediamo 42 aree oggetto di riqualificazione ambientale con interventi mirati sulla rete ecologica per renderla più efficiente, quando eliminiamo i parcheggi dalle nostre piazze, quando incentiviamo il risparmio energetico collegato al restauro degli involucri degli edifici, quando investiamo per lo sviluppo del trasporto pubblico e la mobilità sostenibile, quando ristrutturiamo immobili pubblici di pregio lasciati al degrado, stiamo facendo operazioni che sono contestualmente di valorizzazione e di tutela delle risorse territoriali.
Insomma, l’atto che ci accingiamo a votare ha un impatto economico enorme.
Solo qualche dato. Abbiamo 765.000 mq di superficie in movimento tramite gli interventi di trasformazione previsti. Il costo degli interventi che si renderanno possibili è stimabile in 1,5 miliardi di euro. A questi interventi corrispondono 2.000 posti di lavoro per 5 anni. Dalle aree in trasformazione si ricaveranno 60 milioni di euro per oneri di urbanizzazione, tutti vincolati ad infrastrutture pubbliche. Dall’attuazione delle previsioni discende una dotazione di servizi collettivi di circa 30 mq ad abitante (che è il 60% in più di quanto previsto dalle norme). All’obiettivo della rigenerazione abbiamo cercato di associare anche quello della fattibilità. Ad un tempo futuro, spesso indeterminato, in cui sono declinate molte politiche, abbiamo cercato di sostituire il tempo presente. Non un disegno della città che ci piacerebbe, ma della città che si realizza davvero: “fattibili” non perché potrebbero realizzarsi, ma perché si concretizzano effettivamente.
Voglio soffermarmi su questo aspetto perché lo considero uno degli elementi di novità qualificanti. Come abbiamo cercato di costruire previsioni “che si realizzano davvero”? Anzitutto teniamo presente la distinzione fra la parte ordinaria del RU che interviene sulla conservazione e trasformazione ordinaria del patrimonio edilizio esistente e la parte strategica che riguarda la trasformazione della città, in cui si coniugano interventi privati, guidati dalla pianificazione, e interventi promossi dall’amministrazione che riguardanola città pubblica.
La messa a punto di uno strumento che ha l’ambizione di essere un programma concreto di interventi ha significato condividere fin dalla sua genesi il processo di elaborazione attraverso percorsi partecipativi, sia informali che formali fino ad arrivare all’ultima puntata dell’ascolto, quella istituzionale, preceduta da una serrata campagna informativa diretta a favorire la massima trasparenza e conoscibilità degli atti adottati, dedicata a ordini e collegi, associazioni di categoria, parti sociali, forze sindacali e associazioni ambientaliste; oltre all’installazione Camminalacittà allestita nel Cortile della Dogana di Palazzo Vecchio.
A proposito della sostenibilità, la casa comunale è stata sempre aperta ad ascoltare ogni esigenza, ogni proposta, ogni aspettativa. E quello che più conta è che tutto il procedimento si è svolto nel segno della trasparenza e dell’oggettività delle scelte. La forza della pianificazione è nella sua imparzialità: la trasparenza cui ci siamo attenuti in ogni passaggio ne è una garanzia. Ad esempio, tutte le proposte pervenute dai privati sono agli atti dell’ufficio, consentendo così di ricostruire il percorso logico in base a cui sono state valutate. Un esempio di coinvolgimento trasparente degli interessi privati laddove essi concorrano esplicitamente ai fini pubblici del Piano contribuendo alla sua fattibilità.
Al termine del periodo di pubblicazione sono arrivate 679 osservazioni, ma non abbiamo mancato di prendere in considerazione anche tutte le osservazioni presentate oltre i termini di legge, con l’obiettivo di continuare a migliorare il piano adottato, fino ad arrivare a istruire e controdedurre 747 osservazioni più 14 ulteriori elementi conoscitivi pervenuti dopo il 31 dicembre 2014.
Il momento delle osservazioni a uno strumento urbanistico è importante per due ordini di motivi. È utile innanzitutto quale dato conoscitivo: la lettura delle osservazioni infatti permette di valutare quanto e come i contenuti del Regolamento urbanistico sono stati compresi, condivisi o non condivisi. In secondo luogo permette di migliorare, chiarire e arricchire lo strumento rendendolo più completo nei contenuti e più chiaro nella forma. Le osservazioni hanno permesso di riflettere su alcuni aspetti e temi del piano, hanno sollecitato alcuni approfondimenti e promosso nuove idee. Molti sono stati i contributi accolti, che hanno condotto a una revisione del regolamento nei suoi vari elaborati, pur mantenendo inalterata la sua struttura generale e i principi fondanti contenuti nell’elaborazione adottata.
Oltre a una consistente revisione dell’apparato normativo finalizzato a chiarire e precisare aspetti applicativi della disciplina ordinaria, è stata accettata la sfida di introdurre norme innovative sollecitata da alcune osservazioni. Fra queste è utile sottolineare il tema dell'approccio dinamico alla trasformazione della città, consentendo l’insediamento di usi temporanei degli edifici in cerca di una nuova destinazione, con l’obiettivo di mitigare il degrado generato dall'abbandono.
Le norme tecniche di attuazione (Nta) sono state integrate per sperimentare nuovi meccanismi di insediamento temporaneo di funzioni, anche se la cornice legislativa di riferimento appare densa di ostacoli. Alcune delle osservazioni hanno toccato la parte strategica, costituita dalle oltre 200 schede norma che sono state integrate e modificate, arrivando anche a istituire 27 nuove aree di trasformazione a fronte dell’eliminazione di 12. Va sottolineato che 12 delle nuove 27 aree riguardano il recupero del patrimonio edilizio esistente dismesso, per lo più di valore storico architettonico (ricordo il Protocollo d’intesa con il Ministero della Difesa, con la previsione di trasformazione di 4 caserme) e per lo più concentrato nel Centro storico Unesco, a cui si aggiungono quattro nuovi impianti sportivi privati: l’obiettivo perseguito nel Piano Strutturale è quello di dotare la città di questo tipo di servizio, complementare all’offerta pubblica, confermando il carattere, già impresso nel Regolamento Urbanistico adottato, di impianti a cielo aperto dotati di una modesta superficie per servizi e localizzando tali impianti soprattutto nella parte est della città, in particolare lungo l’Arno. Infine, la previsione di un ulteriore campeggio della zona ovest della città, già oggetto di mozione che ha accompagnato l’adozione del RU.
Si aggiungono due nuove aree di trasferimento che implementano il meccanismo della perequazione e sei aree per servizi, fra cui è utile segnalare il rientro della chiesa di San Lorenzo a Greve, nota a tutti voi perché la previsione era stata oggetto di adozione di variante al PRG.
Sebbene il primo Regolamento Urbanistico prelevi dal dimensionamento del Piano Strutturale poco più della metà disponibile, a distanza di un anno dall’adozione, nella fase di controdeduzione, si è chiaramente manifestata la differenza di velocità fra i numeri stabiliti dallo strumento urbanistico e le dinamiche attive sul territorio. La difficile contingenza economica in atto fa emergere l’instabilità degli investimenti nel settore immobiliare orientati verso scenari in costante mutamento con conseguente richiesta di continui aggiustamenti fra destinazioni d’uso indifferenti in termini di carico urbanistico generato (da residenziale a direzionale, artigianale/industriale in forme compatibili con contesti a prevalente destinazione residenziale), o addirittura meno impattanti in termini di domanda di servizi generata. Si evidenzia infatti che nella fase di controdeduzione sono stati circa 85.000 i mq oggetto di modifiche che interessavano a vario titolo le destinazioni d’uso.
All’instabilità dell’evoluzione degli scenari di possibile riconversione del patrimonio immobiliare presente sul territorio va sommato il tangibile costante incremento delle dismissioni degli immobili che in meno di un quinquennio ha finito per configurare una cornice di riferimento decisamente diversa da quella ipotizzata nel Piano Strutturale, anche al netto di ottimizzazioni nell’utilizzo del patrimonio prevalentemente da parte di enti territoriali che hanno positivamente compensato la minaccia di definitivo abbandono degli immobili.
Ciò premesso, il dimensionamento del Regolamento Urbanistico rispetto alla versione adottata, sebbene risulti oggetto di un modesto incremento (+25.000 mq) quale differenza fra le nuove aree di trasformazione introdotte e quelle eliminate o modificate, impone a livello di Piano Strutturale una revisione in termini di articolazione delle destinazioni d’uso al fine di costituire una seppur minima “riserva” di superficie di recupero a disposizione per varianti eventuali da approvare.
Per fornire alcuni dati significativi delle modifiche intervenute rispetto all’adottato, basta menzionare l’esempio dell’UTOE 12 dove si è verificata una flessione della destinazione residenziale a favore della destinazione direzionale comprensiva delle attività private di servizio (43%). A ciò ha significativamente contribuito l’ingresso delle aree di trasformazione relative allecaserme oggetto del protocollo d’intesa sottoscritto il 17 aprile 2014 tra Ministero della Difesa, Comune di Firenze e Agenzia del Demanio per le quali alla conclusione del tavolo di lavoro tecnico interistituzionale avvenuta il 26 novembre 2014 è stato stabilito, in accordo con la competente Soprintendenza, che il valore storico-architettonico degli immobili oggetto della valorizzazione permetteva di accogliere esclusivamente la destinazione direzionale comprensiva delle attività private di servizio, escludendo quella residenziale e turistico-ricettiva per l’incompatibilità fra la morfologia e gli elementi di pregio da tutelare e le caratteristiche di trasformazione proprie di tali destinazioni. Unica eccezione è costituita dall’ex Ospedale militare San Gallo, per il quale è stato convenuto di valutare successivamente il mix funzionale ritenuto più appropriato (non escludendo la destinazione turistico-ricettiva) mediante l’attivazione di preliminare procedura concorsuale in considerazione della consistenza del complesso immobiliare e del suo particolare stato di conservazione.
E’ da ricordare che la destinazione direzionale comprende anche le attività private di servizio fra le quali sono incluse scuole di alta formazione, centri di formazione professionale, servizi e incubatori d’impresa, tutte attività di cui è auspicabile l’insediamento nel centro Unesco, mentre la destinazione turistico-ricettiva interessa il centro Unesco soloper gli interventi di trasformazione del Teatro Comunale e di Sant’Agnese.
Riconoscimenti e ringraziamenti
Voglio sottolineare il lavoro intenso che il Consiglio comunale ha svolto per consentire l’approvazione di oggi. Un riconoscimento va al presidente del Consiglio comunale, al presidente della Commissione urbanistica, che ha tenuto la regia, ai presidenti di tutte le Commissioni consiliari, ai capigruppo e a tutti i consiglieri, anche a quelli che non fanno parte della maggioranza e che hanno dato contributi positivi formulando proposte o evidenziando problemi.
In due mesi come amministrazione abbiamo svolto, sul Regolamento Urbanistico 33 sedute delle commissioni consiliari, e oltre 15 incontri con i Consigli di Quartiere. A questo ultimo proposito vorrei sottolineare che non si è trattato di semplici passaggi, di informazione e consultazione in ossequio alla disciplina sul decentramento: i Quartieri hanno confermato, come già era avvenuto per il Piano Strutturale e in sede di adozione, che in materia di politiche territoriali possono esprimere una grande capacità di analisi e di elaborazione, e di questo ruolo si sono fatti interpreti appassionati tutti i nuovi presidenti.
Ed ora i ringraziamenti.
Questo Regolamento Urbanistico, come già il Piano Strutturale, è frutto esclusivo degli uffici comunali. Siamo probabilmente un caso senza precedenti e anche oggi unico, per quanto mi risulta, poiché gli strumenti della pianificazione territoriale sono stati messi a punto senza ricorrere a incarichi esterni, neppure a livello di consulenza.
Ferma restando la responsabilità, e la ovvia dialettica politica sulle scelte operate, credo che la qualità tecnica del lavoro svolto possa essere riconosciuta in maniera unanime.
Un ringraziamento sentito va in primo luogo alla dirigente del Servizio Pianificazione Urbanistica l’architetto Stefania Fanfani, in qualità di responsabile del progetto, al direttore generale ingegnere Giacomo Parenti e al dottor Domenico Palladino che hanno assicurato la trasversalità dei contributi e il coordinamento del procedimento, al dottor Pietro Rubellini, all’ingegnere Vincenzo Tartaglia e all’architetto Elisabetta Fancelli che, nell’ambito delle rispettive competenze per l’ambiente, la mobilità e l’edilizia privata hanno fornito gli indispensabili quadri di riferimento.
L’elenco dei ringraziamenti va esteso a tutti coloro che – e sono davvero tanti perché quasi tutti i settori del comune sono stati coinvolti – nei diversi ruoli e nelle diverse competenze ci hanno consentito di portare a termini quello che era uno degli impegni più importanti di questo mandato amministrativo.
Ringrazio le istituzioni pubbliche a partire dalla Soprintendenza, dal Demanio, dalla Regione, dalla Provincia, dai comuni contermini per la collaborazione non rituale. Ringrazio tutti gli ordini professionali per il prezioso contributo di conoscenze. Ringrazio tutte le associazioni, i comitati, i gruppi spontanei e anche i singoli cittadini che in questi anni non hanno mai fatto venir meno la loro partecipazione per un piano migliore. Insomma, ringrazio la città per aver compreso l'importanza di questo progetto per la nostra comunità.
Vorrei concludere consegnando al Consiglio un’ultima riflessione. E’ entrata in crisi un’immagine della città come si è tramandata fin dalla rivoluzione neolitica. Pensiamo alla città come laboratorio che produceva cultura. Oggi la città consuma cultura prodotta altrove in una comunità informatica che si autoalimenta.
O ancora. Consideriamo le conseguenzedella velocizzazione degli spostamenti delle persone. Ovviamente a questa si potrebbe contrapporre la congestione del traffico e i tempi di accesso dalle periferie ai centri che ancora caratterizzano molte città e i problemi che ancora caratterizzano i trasporti pubblici locali.
Ma le tendenze di fondo sono probabilmente segnate.
Pensiamo agli effetti del collegamento ferroviario Firenze-Bologna in 30 minuti o Firenze-Roma e Firenze-Milano in 90. Certo: statisticamente interessano esigue minoranze, ma fanno intuire come all’orizzonte ci sia un progressivo venir meno della coincidenza fra chi usa la città e chi la abita.Nel caso di Firenze, ad esempio, il 40% degli utenti della città (pari a quasi 150mila presenze giornaliere) è costituito da non residenti. E’ una dissociazione che rischia di rompere quella premura comune per il destino della propria città: per quanto tempo ancora esisterà il fiorentino, il romano, il milanese?
Dobbiamo averne timore, o tutto questo si inscrive nella linea evolutiva?
La “città senza mura” dei figli dei figli dei nostri figli sarà probabilmente una “città di città”: per definizione pluralistica, inclusiva, multietnica, tollerante. Una rete e una “rete di reti”, esattamente il contrario di quella prefigurata da spinte localistiche espresse dalle varie leghe nel panorama europeo e italiano e che sono la recessione pavida ed egoistica di fronte a un futuro in cui le frontiere avranno l’ampiezza del pianeta.
Parliamo di un mondo che non è dietro l’angolo e magari qualche collega si chiederà cosa c’entra tutto questo con l’approvazione del Regolamento urbanistico. Credo che dobbiamo essere consapevoli dei cambiamenti già in atto di istituzioni territoriali perché siamo già nella fase di elaborazione di un piano strutturale di livello metropolitano e chissà che un giorno non ci sia anche un Regolamento urbanistico metropolitano (Rum), e dopo ancora chissà cosa ci riserverà la città smart e integrata del futuro.
Nel momento dunque in cui approviamo un disegno per la Firenze dell’oggi, un disegno realistico e fattibile come ho sottolineato, credo che a tutti noi sia chiesto lo sforzo di tenere lo sguardo e l’immaginazione proiettati sul domani. Citando Latouche il progetto architettonico è secondo rispetto al progetto urbano ed il progetto urbano è necessariamente secondo rispetto al progetto sociale: l’urbanistica non è un mero progetto tecnico, l’urbanistica sottende un’idea di convivenza, di modi di relazione, uno scenario di valori da elaborare e condividere con i cittadini.
E’ anche questo, colleghi consiglieri, ciò che oggi votiamo.
Vi ringrazio per l’attenzione.
(sc)