Intervento del sindaco Leonardo Domenici per il conferimento della cittadinanza onoraria a Chiara Lubich

Oggi per Firenze è un giorno di impegno, di riflessione e non solo un'occasione per festeggiare una nuova cittadina.La nostra città è felice di poter accogliere una donna che, con il suo impegno, con la sua forza umana, con la sua semplicità ha saputo valicare le tante frontiere del mondo e ha saputo dialogare con tanti popoli e religioni.Una donna che, con il suo esempio e il suo impegno ha dato vita a un movimento esteso in tutto il mondo e linfa alla ricerca per cambiare e trasformare l'uomo e il suo essere nella società.Sono molti gli aspetti del pensiero e dell'agire di Chiara Lubich che aprono le porte del dialogo.E io voglio soffermarmi solo su alcuni esempi significativi come la cultura del dare, che si concretizza nella comunione di beni fra tutti i membri del movimento dei focolarini e nelle opere sociali; oppure l'amore verso tutti, l'amore scambievole, da cui scaturisce la solidarietà.Non posso non citare la sua visione del mondo imperniata sul concetto di fraternità universale, in cui gli uomini si comportano come fratelli fra loro, nella speranza di partecipare alla creazione di un mondo più unito.L'impegno ad accogliere l'altro, chi non la pensa allo stesso modo, come la capacità di cercare ciò che unisce e non ciò che divide sono solo alcuni aspetti dell'agire e del pensiero di Chiara Lubich. Temi che costringono ognuno di noi a riflettere, che stimolano a pensare e ripensare il mondo in cui viviamo, la nostra società contemporanea.Il messaggio di cui è portatrice non parla solo ai credenti. Non parla solo ai cristiani. Parla anche a chi, da laico, non vuole mai smettere di credere che questo mondo, che questa società necessiti di profonde trasformazioni. Una società che deve e può essere migliorata. Migliorata, per far sì, come dice Chiara, che la sfida "di questo millennio sia la costruzione di un nuovo mondo di pace".Su questa strada Firenze è da sempre impegnata. Quest'anno abbiamo lanciato un appello alle città del mondo per sollecitare tutti insieme, cittadini e sindaci, i nostri governi a cancellare il debito dei paesi poveri. Un appello cui hanno risposto Berlino, Nazareth, Lisbona e tante altre città italiane e straniere, e che è stato ascoltato dal nostro governo e dal Parlamento.Pochi mesi fa, proprio in questo salone, abbiamo conferito la cittadinanza onoraria al segretario generale dell'Onu, Kofi Annan e a giugno abbiamo presentato il rapporto sui diritti umani dell'Onu. Martedì sera, qui, davanti a Palazzo Vecchio, più di tremila fiorentini hanno manifestato contro l'esecuzione di Rocco Derek Barnabei e contro la pena di morte.Il dialogo con i popoli, il confronto con le fedi e l'impegno per i diritti umani e per la pace è parte integrante della storia e della cultura di questa città.Annoverare Chiara Lubich tra i nostri concittadini, conferirle la cittadinanza onoraria proprio nell'anno del Giubileo, raffigura la nostra voglia di essere sempre in prima fila, oggi più di ieri, nell'impegno per una società più giusta, aperta e disponibile.Ma il legame tra Firenze e il movimento dei "focolari" non è dovuto solo ai valori condivisi di solidarietà, unità dei popoli, di pace, ma è anche un legame geografico, fisico, direi.L'esperienza di Loppiano, dove è sorta la prima delle cittadelle del movimento, noi tutti la sentiamo come una realtà vicina, come una città che "confina" con Firenze e che io stesso, pochi anni fa, ho potuto visitare.Quella di Loppiano è un'esperienza che si coniuga in modo particolare con la tradizione di città del dialogo, della pace, dell'incontro che da sempre è rappresentata da Firenze.Noi oggi viviamo in una società di frontiera.Davanti a noi, tutti i giorni, possiamo osservare le contraddizioni di un mondo in veloce mutamento e il lato oscuro della società moderna è certamente il suo ripiegarsi in un individualismo incentrato solo su se stessi, sul proprio io.Un atteggiamento che rischia di restringere e appiattire le nostre vite e quelle di ogni comunità. Che impoverisce lo stesso ruolo dell'individuo perché lo allontana dall'interesse per gli altri, dall'impegno per e nella società.Il vero rischio è quello di trovarsi di fronte a una società sempre meno in grado di dotarsi di finalità comuni, di sentirsi comunità.Io credo molto, invece, nella necessità di ridare senso e progetto alla comunità, soprattutto a quella urbana.Essa non è affatto un'entità astratta. Può essere, anzi, un valore concreto nel quale ogni persona può e deve ritrovare se stessa, sentendosi in comunione di intenti e di fini con gli altri.Un valore unitario fondato sulla solidarietà, sulla coscienza della comune dignità di tutte le sue parti, siano esse sociali, politiche, religiose o civili.Ma deve essere una comunità aperta e non intesa come un'entità da difendere, chiusa al suo interno, pervasa da istanze xenofobe.Parlare di comunità vuol dire, quindi, mettere al centro della convivenza civile il senso dell'altro, in una società che sta vivendo una costante espansione multietnica e multiculturale.È da questa espansione che nasce la paura dell'altro e il futuro, se non interveniamo fin da subito, potrebbe essere portatore e moltiplicatore di nuovi integralismi.Parlare dell'altro vuol dire parlare di diversità e molteplicità. Vuol dire che ogni persona, a prescindere dal colore della sua pelle, dal suo credo, dal suo stato sociale, va riconosciuta come membro della comunità più grande: il genere umano.L'integrazione, la capacità di riconoscersi nell'altro è, quindi, l'unico strumento capace di produrre lealismo, unità e comunità.Tutto ciò richiede partecipazione.L'impegno personale, quella voglia di dedicare tempo a cambiare la città, a occuparsi del pianeta e non solo di se stessi, è una grande fonte di energia per la nostra società.Nella rivolta dei giovani di Seattle, nelle proteste contro i cibi transgenici, nei primi scioperi via Internet dell'era della new economy c'è anche questo.Se dobbiamo condannare la violenza che si è espressa in quei movimenti, non possiamo non cogliere la voglia di cambiare, di essere protagonisti, di controllare il proprio futuro che emerge dalle migliaia di persone che si sono mobilitate.E mai come oggi, in una fase di passaggio d'epoca come quella che stiamo vivendo, vale il motto: il futuro è adesso.La partecipazione è, quindi, la vera frontiera da riconquistare.Vuol dire contare, consentire ai cittadini di essere parte nelle valutazioni, nelle decisioni; di essere partecipi delle scelte di crescita della città e del paese, per farle con armonia e ragione.Ma non vi può essere partecipazione senza responsabilità.Responsabilità intesa come capacità di essere parte, di essere protagonista dell'evoluzione della propria società, di essere vicino all'altro per comprenderne le esigenze e gli spazi.Noi siamo abituati ad associare la parola responsabilità all'idea di caricarsi un peso, ma essa vuol dire soprattutto essere attenti a quanto accade intorno a noi, vuol dire curiosità, interazione, rifiuto di visioni fondamentalistiche e dogmatiche.In una realtà in cui la sopraffazione, l'imporsi a scapito di tutti e tutto, l'abitudine a gridare più forte degli altri rischia di diventare la regola, il rispetto diviene sempre di più un valore: diviene il senso stesso della responsabilità e della nuova democrazia.Per questo oggi più di ieri dobbiamo essere coscienti che l'universalizzazione dei diritti parte dal piccolo, dal quotidiano e continua a rappresentare il motore per una differenziazione progressiva del sistema dei diritti.Democrazia dei diritti vuol dire opportunità, vuol dire superare le differenze di accesso alle opportunità.Da sindaco, da uomo politico, da cittadino credo che sia compito di tutti noi rafforzare tutte quelle garanzie capaci di dare linfa alla società, di incamminarla sulla via del mutamento in meglio di se stessa.La democrazia di cui abbiamo bisogno è sempre di più uno spazio comune di rappresentanza; un punto di incontro tra istituzioni politiche e domande collettive, tra funzioni di governo e rappresentanza dei conflitti.Una democrazia che riconosce nella laicizzazione dei processi politici la garanzia della felicità, della libertà, della crescita della società.Chiara Lubich ha dedicato la sua vita all'impegno per gli altri, al dialogo, all'abbattimento dei muri della povertà e dell'ingiustizia. Da laico voglio salutare l'impegno da sempre profuso dai Focolarini nell'accogliere l'altro quale chiave per la vita di ogni giorno: nei rapporti con gli amici, con i colleghi di lavoro, con i vicini di casa e con la famiglia.Per questo Firenze oggi non può che essere felice di annoverare tra i suoi cittadini Chiara Lubich. Non solo per quello che ha fatto, ma per quello che so farà ancora.Ma allora conosciamola meglio.È nata a Trento nel 1920.La sua famiglia ha subito la repressione della dittatura fascista e suo padre, socialista, ha perso il lavoro a causa delle sue idee.Tra i poveri di Trento, nel pieno della seconda guerra mondiale, inizia quella che Chiara Lubich ama definire la "divina avventura".Quella certezza che nel Vangelo vissuto alla lettera vi è la più potente rivoluzione sociale.Dall'esperienza del Vangelo vissuto nel quotidiano prende il via la spiritualità dell'unità, che suscita un movimento di rinnovamento personale e sociale a dimensione mondiale: il Movimento dei Focolari.Da allora la storia è quella di un impegno.Nel 1977 Chiara Lubich riceve, a Londra, il Premio Templeton per il progresso della religione.Nel 1991, in risposta al dramma delle popolazioni che vivono in condizioni subumane nelle periferie delle metropoli del sud del mondo e dell'America Latina, nasce l'economia di comunione nella libertà.Importante è il ruolo di Chiara nel dialogo interreligioso. Voglio ricordare il suo incontro con 800 monache e monaci buddisti in Thailandia, o quello con tremila musulmani neri nella moschea di Harlem a New York, o ancora quello con la comunità ebraica di Buenos Aires.Il suo impegno è stato riconosciuto dall'ONU, come dal Parlamento europeo e, nel 1998, il Consiglio d'Europa le ha assegnato il Premio Diritti Umani.Ho citato solo alcune tappe della sua vita e del suo impegno per dire a tutti noi, a tutti i fiorentini: "Questa è CHIARA LUBICH. Da oggi nostra concittadina".