Incidenti sul lavoro: intervento di Gianni Conti, capogrupo del PPI

Intervento del capogruppo del PPI Gianni Conti:«Esistono problemi, tra i tanti all'ordine del giorno di un Paese civile, apparentemente meno rilevanti di altri, o comunque non oggetto di vasti dibattiti in seno al Parlamento o al Governo, che comunque assumono un valore umano e sociale di ampia portata e che dovrebbero trovare una più incisiva accoglienza nel quadro dei programmi per il "Progresso Italia". Ci riferiamo soprattutto alla mortalità in Toscana. Con tassi di frequenza per infortuni tra i più alti fra le regioni. Nell'ultimo anno il nostro Paese ha registrato l'agghiacciante cifra di 30.000 invalidità permanenti e circa 1200 morti.La realtà è che ancora troppe volte quando si verifica un sinistro nel mondo del lavoro, si è portati a sostenere che poteva facilmente accadere, che ogni attività e soprattutto determinate attività espongono a dei rischi generici o specifici che siano. Questa teoria va decisamente respinta, nello stesso modo con cui si deve respingere quella che sostiene la ineluttabilità degli incidenti stradali o che, nel campo della salute, tende ad attribuire una scarsa importanza alle norme di profilassi contro talune malattie. Le iniziative promosse dalle commissioni consiliari del Comune di Firenze, presiedute dai colleghi Acciai e Cerrato, costituiscono un risveglio politico e morale in tema di infortuni sul lavoro. L'azione dell'Amministrazione fiorentina rappresenta una validissima presa di coscienza dal momento che la Toscana detiene un triste primato in materia, e che con una politica di informazione e di educazione, idonea a formare una solida antinfortunistica, oltreché una severa applicazione della normativa esistente. Però non basta. E' necessaria un'azione di controllo ampia, frequente e rigida, un'attività repressiva energica, rapida ed esemplare. Solo così facendo ed operando, sarebbe certamente consentito registrare positivi risultati. Le cifre indicate offrono una quadro sufficientemente esauriente per consentire un giudizio preoccupante sul problema: come è stato giustamente osservato ci si trova dinanzi ad una realtà che ha un costo immenso sia in termini umani che sociali ed economici, un costo che si potrebbe e che si dovrebbe comunque evitare.Non basta, d'altronde, numerare i morti e gli inabilitati totalmente o parzialmente al lavoro, ma occorre valutare in quale misura e sotto quanti aspetti il loro infortunio si ripercuote sull'efficienza psichica e professionale dei loro compagni di reparto o di cantiere, quale distruzione diretta o mediata di produzione di beni e servizi, quale capitale di esperienza e di lavoro in ognuna delle vittime vada perduto o menomato a carico dell'intera collettività».