Presentato il Restauro della Basilica di Santa Maria Novella

Sono stati presentati questa mattina i restauri della Basilica di Santa Maria Novella e della Cappella Strozzi.Si tratta di uno dei progetti principali tra quelli finanziati dalla legge 270, Giubileo extra-Lazio, per le opere a Firenze.Il costo totale dei due interventi si aggira sui 6 miliardi e 700 milioni.Alla conferenza stampa era presente anche la coordinatrice dell'Ufficio ‘Roma Capitale e grandi eventi' del Ministero, Daniela Barbato che ha sottolineato come questa sia un'opera restituita sì ai fiorentini ma, con loro, a tutti gli italiani. Un lavoro che ci rende particolarmente felici anche perché ha saputo interpretare molto bene lo spirito di integrazione dell'impegno di tutti con le nuove tecnologie che oggi sono a disposizione''.Di seguito le schede tecniche e storiche di tutto l'interventoDICHIARAZIONE ASSESSORE DI GIORGIRestituiamo oggi alla città di Firenze, una delle Basiliche più amate dai fiorentini, e in particolare dagli abitanti del quartiere di Santa Maria Novella.Un'opera d'arte quasi unica che, grazie ai fondi del Giubileo e a quelli di un privato come l'Ente Cassa di Risparmio, è stato possibile restituire al mondo, e al Convento dei domenicani, nel suo antico splendore.Un altro esempio, quindi, di ciò che si può fare se pubblico e privato è collaborano fattivamente.Devo, infine, ringraziare tutti i dipendenti e i dirigenti degli uffici della Fabbrica di Palazzo Vecchio e, più in generale, della direzione cultura, per quanto hanno fatto, per il rispetto dei tempi, e soprattutto per il risultato finale.Restauro della chiesa di Santa Maria Novella.Lavori realizzati per il Giubileo 2000 con i fondi di finanziamento dello Stato, del Comune di Firenze e Ente Cassa di Risparmio.Nota sintetica della direzione lavoriCon il restauro appena concluso sono stati realizzati i più importanti interventi che la chiesa e la sagrestia attendevano da anni. Il lavoro verrà tuttavia completato solo quando tutte le altre cappelle del transetto saranno restaurate, così come già è avvenuto per la cappella Strozzi, e la Trinità sarà restituita alla fruizione del pubblico..L'interno della basilica, a partire dal restauro ottocentesco in chiave gotica, fino ai più recenti interventi effettuati nelle navate negli anni sessanta , era stato oggetto di interventi manutentivi che in momenti diversi e per necessità contingenti avevano introdotto sensibili variazioni cromatiche e materiche delle superfici .Sui capitelli dei pilastri polistili, sugli altari e sui monumenti addossati alle pareti, i consistenti depositi superficiali, costituiti da spessi strati di polvere e nerofumo, avevano alterato tutti gli equilibri nella percezione dello spazio architettonico e nella lettura dei materiali.La finalità perseguita nella conduzione del restauro è stata quella di ricostituire l'equilibrio nei rapporti cromatici tra gli elementi architettonici , le superfici intonacate e le decorazioni delle volte ritrovate negli anni sessanta, poiché l'architettura consiste non esclusivamente nella risoluzione di problemi di carattere strutturale o tecnologico, ma anche nell'apparire alla nostra percezione con tutte le sue valenze decorative ed estetiche.Il trattamento degli strati di finitura ha costituito l'ultimo stadio dell'attenta e articolata sequenza di operazioni precedute, in via preliminare, da saggi e prelievi diffusamente eseguiti in ogni zona d'intervento, guidati da una approfondita valutazione delle fonti documentarie.Oltre alla pulitura, per affrontare i problemi di degradazione della materia, sono stati eseguiti, con estrema cura e precisione da parte delle maestranze, puntuali interventi di consolidamento dei materiali in fase di distacco, la sigillatura dei cretti e delle lesioni opportunamente calibrati e differenziati nelle varie componenti del restauro: intonaci, decorazioni, monumenti funebri e materiali lapidei.La ricchezza dell'apparato decorativo originario della chiesa, come si è potuto verificare durante l'esecuzione delle saggi, è stata purtroppo cancellata lungo il percorso temporale di vita del monumento e i rari frammenti, giunti fino a noi, trasmettono ancora la vibrante vitalità dei luoghi e delle idee al momento della loro realizzazione.La presenza di residui di dorature rinvenute sulle figure antropomorfe e zoomorfe dell'arcata della cappella centrale e il ritrovamento di un antico affresco tardo duecentesco, sul portale che immette dal braccio destro del transetto nella cappella della Pura, aprono inedite interessanti questioni per la futura elaborazione delle informazioni che si sono potute raccogliere in occasione di questi lavori.Comune di Firenze – Direzione Cultura - Servizio Fabbrica Palazzo Vecchio e ChieseResponsabile del procedimento– Arch. Ugo MucciniProgetto e D.L - Arch. Maria Bonelli – Arch. Ugo MucciniAssistente Geom. Renato DaddiCoordinatore per la Sicurezza – Arch. Michele CapassoConsulenza storico artistica – Roberto LunardiIn collaborazione con la Soprintendenza BB.A di Firenze, Pistoia e PratoArch. Alessandra Marino – Dott.ssa Litta MedriEsecuzioneAssociazione temporanea di Imprese – Cellini srl - Decoart srl- P.T. Color -- Restauri Artistici e Monumentali snc -SANTA MARIA NOVELLAVICENDE COSTRUTTIVE E RESTAURIIl 20 novembre del 1221 i domenicani presero possesso dell'antica chiesa di Santa Maria Novella che era stata fino ad allora di patronato dei canonici del Duomo, come risulta dal più antico dei documenti che la riguardano e che risale al 983.I lavori per l'ampliamento del convento primitivo furono avviati presumibilmente intorno al 1222 ed interessarono l'area circostante l'attuale chiostrino dei Morti.Nel 1246 fu deciso di ampliare anche l'antico edificio religioso, orientato da est a ovest e con la facciata verso l'attuale piazza dell'Unità Italiana che era già stata allargata nel 1244 per accogliere gli innumerevoli fedeli accorsi alle prediche di Fr. Pietro da Verona, poi San Pietro Martire, contro gli eretici patarini.E' probabile che il grandioso dormitorio inferiore, attualmente utilizzato come refettorio, cucine e celle frigorifero dalla Scuola Sottufficiali dei Carabinieri, risalga a poco dopo il 1250, ricordando che nel 1257 fu tenuto per la prima volta in Santa Maria Novella il capitolo generale dell'ordine con il concorso di oltre centocinquanta religiosi.Intorno al 1270 furono riordinate ulteriormente le costruzioni prospicienti il chiostrino dei Morti che assunse l'assetto attuale solo tra il 1337 e il 1350 quando furono costruite le cappelle che vi si affacciano.I lavori in chiesa, avviati negli anni Quaranta, presero un impulso decisivo nel 1279 quando, il 18 ottobre, fu posta e benedetta la prima pietra del nuovo edificio , orientato da sud a nord, giunto fino a noi.Nel 1288 la Repubblica donò ai domenicani il terreno per aprire la nuova grande piazza, terminata presumibilmente verso il 1325, che ancora oggi è una delle maggiori della città.La sistemazione del campanile risale al 1330 quando sembra fossero già realizzati il coro antistante la cappella maggiore ed il massiccio tramezzo o ponte a due piani che divideva la parte della chiesa riservata ai frati da quella destinata ai fedeli e che ospitava ben otto cappelle od altari, quattro sopra e quattro sotto.Nel 1350 la costruzione della prima grandiosa chiesa gotica di Firenze era certamente ultimata, comprese la cappella Rucellai e quella degli Strozzi, oltre le due testate del transetto, nonché la sagrestia, fatta edificare dai Cavalcanti. Poco dopo il 1364, con il compimento della cappella degli Ubriachi, tra il chiostro Verde e il chiostro Grande realizzati nel frattempo insieme a tutti gli altri edifici ad essi circostanti, ebbero fine anche i lavori nel convento.L'intero complesso, così, nel terzo venticinquennio del secolo raggiunse la sua massima estensione grazie alle innumerevoli e ricche donazioni di molte tra le più importanti famiglie fiorentine ed all'opera dei due frati architetti domenicani Giovanni da Campi e Iacopo Talenti.La consacrazione della chiesa, però, risale al 1420 e fu fatta da Papa Martino V il 7 di settembre.I lavori per la sistemazione definitiva della facciata, cominciati nel 1456 a spese della famiglia Rucellai e su progetto di Leon Battista Alberti, furono conclusi nel 1470.Anche all'interno del convento, nel corso del XV secolo, l'attività edilizia era ripresa con varie ristrutturazioni e con la costruzione, a partire dal 1418, dell'appartamento papale che, dopo Martino V, ampliato, dal 1434 al 1436 ospitò Eugenio IV il quale vi ritornò nel 1439, in occasione del Concilio di Firenze per l'unione della chiesa latina con quelle d'Oriente.Intorno al 1424, di fronte alla facciata del refettorio, era stato costruito il chiostrino di Padre Dati e poi, vicino ad esso, nel 1506 si cominciò a edificare il chiostro della Sindicheria.Nel 1503 i Gondi affidarono a Giuliano da Sangallo il rifacimento della loro cappella, la prima a sinistra di quella maggiore, ma l'opera fu conclusa soltanto alla fine del secolo, forse ad opera di Benedetto da Rovezzano.Nel 1565 cominciò l'imponente ristrutturazione operata da Giorgio Vasari per volere di Cosimo de' Medici il quale dispose il riordinamento dell'edificio ecclesiale secondo quanto si stava stabilendo al Concilio di Trento, onde ottenere i favori del pontefice domenicano Pio V e con essi la corona granducale.Per prima cosa fu fatto un elenco della parti da rinnovare e fu deciso l'abbattendo del ponte, del coro e delle antiche cappelle per costruire i nuovi altari monumentali, uno per campata e due addossati alla controfacciata, allineati lungo le pareti delle navate e che sarebbero stati poi consacrati tra il 1577 e il 1578. Le finestre furono ridotte in altezza, allargate e incorniciate; le pareti imbiancate e gli affreschi antichi scialbati, distrutti o nascosti dietro i nuovi altari. Così fu nascosta anche la ‘Trinità' di Masaccio ritornata soltanto da pochi decenni nel suo luogo originario e fatta per essere vista dalla porta di accesso alla chiesa dalla parte del cimitero degli Avelli, anch'essa murata dal Vasari. L'altare maggiore fu spostato in avanti e dietro vi trovò posto il nuovo coro. Per fare un altro accesso alla chiesa dalla parte della navata orientale, nella parete della quarta arcata furono abbattuti due avelli ed aperta una porta nel cui vano, oggi richiuso, è venerata la statua della ‘Madonna del Rosario'. Accanto si vede ancora l'acquasantiera che vi fu messa al tempo del Vasari e fatta fare da Bartolommeo Cederni.Ad opera di Ignazio Danti, frate domenicano e cosmografo granducale, sulla facciata furono collocati due strumenti astronomici: il quadrante di marmo, nel 1572, e l'armilla equinoziale, nel 1574.All'interno, nel 1574, Niccolò Gaddi, comprata la cappella dei Falconi, la seconda a sinistra dell'altar maggiore, la fece rifare da Giovanni Antonio Dosio e dipingere da Agnolo Bronzino. I lavori furono compiuti nel 1577.Il lato occidentale del chiostro Grande fu espropriato da Cosimo I e così l'appartamento papale fu incorporato nel cosiddetto Monastero Nuovo, fondato nel 1563 in esecuzione del testamento di Eleonora di Toledo per ospitarvi le Cavalieresse di Santo Stefano. I lavori furono affidati all'architetto Giulio Parigi.Nel 1570 fu costruito un nuovo grande oratorio per la Compagnia di San Benedetto Bianco all'interno del cimitero degli Avelli., lungo il lato orientale della chiesa.Con l'inizio del XVII secolo i lavori, affidati a Matteo Nigetti, ripresero nel convento con la realizzazione della farmacia sul lato meridionale del chiostro Grande. Negli stessi anni il Nigetti costruì anche un dormitorio per i conversi, con sopra la nuova biblioteca, verso nord, nell'orto del convento, oltre il corpo di fabbrica del lato settentrionale del chiostrino dei Morti.In chiesa, tra il 1616 e il 1639, Fabrizio Boschi e Gherardo Silvani costruirono la monumentale facciata della sagrestia.Nel corso del XVIII secolo furono imbiancate le pareti della chiesa e tutti i vari elementi architettonici, dai pilastri ai costoloni delle volte, furono tinteggiati del colore della pietra serena scura.Nel 1778 fu restaurato il campanile con la distruzione dei decori fogliacei lapidei rampanti dei cantoni della cuspide i cui quattro occhi tondi, posti sulle quattro facciate, furono murati.Nel 1810, a causa dell'assoluta soppressione del convento decretata dai francesi, i frati furono costretti ad esulare e tutti i vari ambienti diventarono quartieri per le truppe, magazzini e alloggi privati con gravissimi danni anche agli arredi in essi contenuti.Nel 1816, dopo la disfatta napoleonica, i frati tornarono in Santa Maria Novella e compirono vari lavori di riadattamento e di restauro.Tra il 1846 e il 1847, per la costruzione della stazione ferroviaria di testa della linea Firenze Pistoia e della piazza antistante, furono requisiti tutto l'orto del convento e gli edifici che vi sorgevano, verso l'abside della chiesa, che furono demoliti.Alla fine del 1866 fu allargata la via degli Avelli, tre dei quali furono abbattuti sul lato della piazza, e furono demolite le costruzioni cinquecentesche dell'omonimo cimitero. Fu fatta ex novo, sia all'interno che all'esterno, tutta quella fila di avelli che corre lungo tutta la strada allargata.Nel 1847 l'architetto Enrico Romoli realizzò la nuova sala di vendita della farmacia e ne rifece l'accesso da via della Scala.Nel 1857, con i proventi dell'attività della farmacia, cominciarono i grandiosi lavori di restauro in chiave neogotica della chiesa. Il restauro durò due anni: durante il primo, furono stonacate e rintonacate le pareti delle navate laterali, comprese le volte, rimbiancata a calce tutta la chiesa e dipinti tutti gli elementi architettonici del colore della pietra forte, ma in un tono più chiaro di quanto non fosse stato fatto nel secolo precedente.In questa prima fase i lavori furono diretti dall'architetto Baccani il quale, per profondi dissidi con Fr. Damiano Beni, farmacista e committente dei lavori, fu sostituito dal Romoli. Sotto la sua direzione furono demoliti gli altari voluti dal Vasari e ne furono costruiti dei nuovi, quelli giunti fino a noi, utilizzando la pietra dei vecchi.Le antiche finestre furono riaperte tamponando gli allargamenti del Vasari, ma senza tener conto delle posizioni e dimensioni originali allo scopo di metterle perfettamente in asse e perché sotto, all'interno, potessero trovar posto sulle pareti dossali abbastanza alti da alloggiare le tavole cinquecentesche che ancora si trovano dove furono disposte.L'altar maggiore era già stato rifatto nel 1804 su progetto di Giuseppe del Rosso in sostituzione del precedente, opera di Baccio d'Agnolo, ma il granduca Leopoldo II, ritenendolo troppo grande perché nascondeva gli affreschi del Ghirlandaio, volle che fosse di nuovo rifatto secondo il disegno del Romoli ed è quello che si vede ancora.Fu deciso, poi, di rifare di marmo il vecchio impiantito che era di mattoni con innumerevoli lastre tombali sparse su di esso come sono quelle di Santa Croce. Il mercante di marmi che provvide alla fornitura secondo un disegno che vedeva le mattonelle di marmo nero, più caro, in numero di molto inferiore a quello delle mattonelle di marmo bianco, meno costose, invece di marmo nero fornì marmo bardiglio grigio scuro, di più toni di colore e di pessima qualità che si ruppe subito in molti punti e che ora è tutto frantumato. Le lastre tombali originali furono divelte e quelle nuove allineate tra i pilastri dopo averci inciso gli stemmi delle antiche famiglie. Su di ogni lapide nuova fu inciso anche un numero corrispondente a quello ugualmente inciso sull'impiantito a contrassegnare il punto dove si trovava il sepolcro antico. Oggi i numeri sull'impiantito sono tutti scomparsi per il calpestio, salvo pochissimi casi.Nel 1858 furono smontati i due tabernacoli del Buontalenti che, addossati ai pilastri subito sopra agli scalini che dividono la chiesa in due parti nel punto dove c'era l'antico ponte demolito dal Vasari, ospitavano le tavole di ‘San Pietro Martire' del Cigoli e di ‘San Giacinto' dell'Empoli, oggi nel convento.Nel 1894 fu restaurato il chiostro Verde le cui volte furono ridipinte dove le antiche pitture erano perdute. Anche gran parte delle decorazioni delle volte del chiostrino dei Morti furono rifatte poco dopo.Nel 1906, in chiesa, fu restaurata la volta della cappella Bardi e messi in luce gli affreschi di Duccio nei lunettoni alla sommità delle pareti.Nel 1914 furono riaperte le finestre della cappella Rucellai, già murate, e tra il 1919 ed il 1921, nel convento, furono restaurati il chiostrino di Padre Dati ed il chiostro della Sindicheria.Nel 1952 fu ricollocata al suo posto la ‘Trinità' di Masaccio, trasportata sul tratto orientale della parete di controfacciata quando fu ritrovata nell'Ottocento, in occasione della citata ristrutturazione.Nel 1961 furono scoperti e rimessi in luce gli affreschi e le decorazioni degli intradossi delle arcate, dei costoloni e delle volte della navata centrale e di quelle laterali e furono tolte gran parte delle ridipinture della pietra susseguitesi nei secoli. Altrettanto fu fatto nei primi anni Ottanta quando sono state restaurate le cappelle del transetto ove furono riscoperte le decorazioni bicrome delle arcate.Comune di Firenze– Direzione Cultura-– Servizio Fabbrica Palazzo Vecchio e Chiese –Intervento di restauro della Chiesa di Santa Maria Novellarealizzato per il Giubileo 2000 con i fondi dello Stato, del Comune di Firenze e dell' Ente Cassa di Risparmio.Progetto: Arch. Maria Bonelli – Arch. Ugo MucciniDirezione lavori: Arch. Maria BonelliAssistente: Geom. Renato DaddiCoordinatore della Sicurezza: Arch. Michele CapassoConsulenza storico artistica : Roberto LunardiIn collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Ambientali di Firenze , Prato e Pistoia: Arch. Alessandra Marino, Dott.ssa Litta MedriLA SACRESTIAMonna Andreola, in esecuzione delle volontà testamentarie del marito Mainardo Cavalcanti, intorno al 1380 trasformò in sacrestia la parte occidentale nonché absidale dell'antica chiesa di Santa Maria delle Vigne consacrata nel 1094.Contemporaneamente, però, questo vasto locale fu anche cappella funeraria dei Cavalcanti, dedicata all'Annunciazione rappresentata anche nel pannello centrale del polittico, attualmente alla Galleria dell'Accademia con il n. 8606, che la stessa Andreola, circa nel 1385, commissionò a Giovanni del Biondo per destinarlo all'altare posto sulla parete di fondo, sotto alla grande trifora con la vetrata realizzata i quei medesimi anni e sempre secondo il testamento di Mainardo con le ‘Storie di Cristo e del Battista' fatte su cartoni di Niccolò di Pietro Gerini..Accanto all'altare, sulla medesima parete, ma non si sa se a destra oppure a sinistra, fu eretto l'insigne monumento di marmo con sarcofago, colonne ed arcatura che, già spostato sulla parete orientale tra il 1582 e il 1584 quando si procedé anche alla demolizione dell'altare, fu definitivamente rimosso intorno al 1730. Di fatto perduto, nel corso degli scavi compiuti negli scorsi anni Ottanta nel locale sottostante se ne sono forse trovati dei frammenti insieme ad innumerevoli altri reperti delle demolizioni e della ristrutturazione del 1861 quando anche le pareti e le volte della sacrestia furono completamente imbiancate o ridipinte.Nel 1419 servì come cappella pontificale per Martino V ospite del convento di Santa Maria Novella quando la sacrestia si arricchì di generose donazioni di parati e di oggetti preziosi compresi i quattro reliquiari del Beato Angelico, tre dei quali sono oggi nel Museo di San Marco, donati da Fr. Giovanni Masi.Nel 1499, sulla sinistra guardando della parete della controfacciata, Giovanni della Robbia eseguì le parti in terracotta del lavabo la cui pila marmorea, risalente agli anni immediatamente precedenti, fu forse donata dal governo e proviene probabilmente dal Palazzo della Signoria.Lo spostamento del sepolcro del Cavalcanti e la demolizione dell'altare cui fu proceduto, come già accennato, tra il 1582 e il 1584, fu dovuta alla realizzazione del grandioso armadio delle reliquie disegnato da Bernardo Buontalenti e che, data la sua altezza, rese necessario il rialzamento del davanzale della finestra con la probabile perdita anche dei pannelli inferiori delle vetrate istoriate.. Quando il legnaiolo Lessandro di Luca Bacci realizzò l'armadio, sulla parete della controfacciata, al di sopra della porta, fu collocato il crocifisso ligneo quattrocentesco di Maso di Bartolomeo, appeso su di una croce eseguita nel 1584 e che proviene dall'altare della Trinità di Masaccio, in chiesa. Il crocifisso si trovava dietro l'altare davanti all'armadio di cui impediva la vista a seguito del resturo appena ultimato, è stato collocato nella sua posizione originaria sopra la porta d' ingresso.Nel 1629 fu terminata la facciata cominciata pochi anni prima su progetto di Fabrizio Boschi e poi, nel 1693, fu rinnovato l'armadio buontalentiano cui furono aggiunte le dorature, il fastigio superiore con le tre statue dorate dell'angelo e dei due putti, forse proveniente da un altro luogo del convento e riferibile al secondo ventennio del ‘600, ed infine, sugli sportelli, i quattro pannelli dipinti dal Perini.Sempre nel 1693 fu aperta la grande finestra, in alto, sulla parete occidentale.Per volere del sacrista Fr. Angelo Gotti, tra il 1733 e il 1734 furono realizzati i grandi armadi laterali fatti in legno di noce da Guerrino Veneziani il quale realizzò anche il fregio dorato con festoni, vasi, stemmi e putti che li corona. In questa occasione fu chiusa l'antichissima porta, presumibilmente dell'XI secolo, che con una breve scala consentiva il passaggio nella Sala dei Beati. Per accedere a questi ultimo, nella medesima occasione, furono aperti i vani tra la sacrestia e il campanile, poi occluso dal quadro elettrico generale della chiesa, e tra il campanile e la già rammentata Sala dei Beati.Contemporaneamente, nel 1734, ai lati del crocifisso di Maso di Bartolomeo furono appesi i due grandi dipinti ovali su tela di Iacopo Vignali, riferibili al 1722-23, attualmente nei depositi del Museo di Santa Maria Novella. Sulla medesima parete c'era ancora alla fine dell'Ottocento anche il quadro di Matteo Rosselli con il ‘Martirio di Santo Stefano' che nel 1941 era nel refettorio e che ora non è più in Santa Maria Novella per essere stato ritirato dalla Soprintendenza, secondo le comunicazioni orali del defunto sacrista Fr. Giuseppe e dell'ex priore Padre Giacomelli, purtroppo anch'egli deceduto.Risalgono al tempo della realizzazione degli armadi del Veneziani anche gli stucchi delle finestre, una prima ridipintura delle pareti e delle volte e, infine, la sistemazione al di sopra degli armadi di quattro grandi pale d'altare, tre delle quali : la ‘Crocifissione' del Vasari, il ‘Battesimo di Cristo' di Giovanni Stradano e la ‘Conversione di San Paolo' di Sebastiano Vini erano state nel tempo sistemate nel refettorio dopo essere state su altrettanti altari della chiesa. Si può precisare che la tavola del Vasari era stata fatta per l'altare degli Strozzi, il primo dal transetto della navata occidentale ; la tavola dello Stradano per quello già dei Baccelli e poi dei Ricci, il sesto della navata occidentale ; quella del Vini per l'altare dei Ricasoli, il primo della navata orientale, a far capo dal transetto. La quarta tavola, rappresentante ‘San Vincenzo che resuscita una donna durante una predica', è opera di Pier Dandini e proviene dalla chiesa del monastero di San Vincenzo a Prato.Sono di quei medesimi anni del Settecento anche la lapide marmorea con la copia dell'iscrizione dell'antica tomba di Mainardo Cavalcanti, murata sopra la porta sulla parete di controfacciata, ed il lavabo marmoreo di Giovacchino Fortini posto sulla destra della medesima porta, simmetrico a quello robbiano.Nel 1938 il crocifisso di Giotto, già sistemato dal Vasari sopra alla porta principale della chiesa, sulla parete della controfacciata, fu appeso alla parete d'ingresso, sopra alla porta da dove, dieci anni orsono, fu trasferito alla Fortezza da Basso per essere restaurato.Della decorazione trecentesca, presumibilmente affrescata, non rimangono sulle pareti che le incisioni delle cornici delimitanti le varie campiture nonché, sui costoloni della volta, quelle della ricca decorazione geometrica che è richiamata nell'idea ma non nella forma da quella che si vede ora.Recentemente la tavola del Vasari collocata sull'altare degli Strozzi dove, nel 1596, era stata messa la ‘Visione di San Giacinto' di Alessandro Allori è stata ricollocata in SagrestiaRoberto LunardiLavori realizzati per il Giubileo 2000 con i fondi di finanziamento dello Stato e del Comune di Firenze .IMPIANTO DI ILLUMINAZIONE DELLA CHIESA DI SANTA MARIA NOVELLASCHEDA LAVORIL'intervento illuminotecnico realizzato utilizza la luce come supporto funzionale alla preghiera, e come elemento per valorizzare gli aspetti architettonici ed artistici della chiesa. Allo stesso tempo esso tende a conservare il rapporto equilibrato di chiaro-scuro che si ha di giorno con la luce naturale.Il progetto tiene conto delle disposizioni emanate nel 1993 dalla Commissione Episcopale per la Liturgia della Conferenza Episcopale Italiana, distinguendo nelle diverse zone della chiesa, quali la navata centrale, il transetto e presbiterio, i diversi aspetti che l'edificio richiama: simbolici, liturgici ed architettonici.Nel rispetto della sacralità dei luoghi la luce artificiale esalta gli elementi simbolici della liturgia , le tavole degli altari, i monumenti marmorei e le decorazioni.I corpi illuminanti a sospensione nella zona del transetto e delle navate laterali, realizzati su specifico progetto, sono corredati di lampade a ioduri metallici per l'illuminazione delle volte e del piano di calpestio, ed alogene a bassa tensione per l'illuminazione degli altari laterali e delle opere pittoriche e decorative. Le cappelle sono invece illuminate con piantane corredate dallo stesso tipo di lampade utilizzate per quelli a sospensione. Nella scelta delle apparecchiature si è tenuto conto sia del contenimento dei consumi energetici che della tutela delle opere deteriorabili da radiazioni nocive. I corpi illuminanti a sospensione sono movimentabili tramite motore ad argano, che consente l'abbassamento degli stessi e conseguente agevole manutenzione nella massima sicurezza per gli addetti.Particolare cura è stata rivolta allo studio illuminotecnico del ciclo di affreschi del Ghirlandaio, nella Cappella Maggiore, utilizzando corpi illuminanti dotati di lampade a vapore di sodio ad alta pressione a luce bianca che valorizzano le tonalità calde (i rossi, gli ori, gli arancioni).L' utilizzo della tecnologia BUS per l'alimentazione dei lampadari e dei relativi motori, ha permesso una consistente riduzione della quantità di cavi necessari e la possibilità di gestire tramite software le accensioni dei corpi illuminanti. La gestione computerizzata del sistema offre la possibilità di scelta fra scenari illuminotecnici predeterminati e scenari personalizzabili in tempo reale, consentendo inoltre la movimentazione dei lampadari e la completa diagnostica dell' impianto.L' intervento inoltre ha previsto il restauro di alcuni antichi lampadari ritrovati nella chiesa mediante la revisione e messa a norma dei corpi illuminanti.Con il finanziamento giubilare inoltre è stato possibile realizzare il nuovo impianto elettrico e corredare l'importante edificio storico di impianti per la salvaguardia dell'immobile , quali l'impianto di protezione dalle scariche atmosferiche, rivelazione incendio e sulla facciata quello di allontanamento dei volatili, nonché realizzare all'interno una adeguata tutela delle opere d'arte, mediante impianti di antintrusione e telecamere a circuito chiuso ed infine il nuovo impianto di amplificazione per le officiature liturgiche.Il RESTAURO DELLA CAPPELLA DI FILIPPO STROZZIOPERE FINANZIATE DALL'ENTE CASSA DI RISPARMIO DI FIRENZE PER IL GIUBILEO DEL 2000L'intervento di restauro della Cappella di Filippo Strozzi, e quindi del ciclo pittorico di Filippino Lippi e del monumento funebre opera di Benedetto da Maiano, è stato interamente finanziato dall'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, che ha inoltre reso possibile l'informatizzazione della documentazione storica, scientifica, grafica e fotografica dei lavori, che costituisce una mappatura puntuale sia del ciclo pittorico di Filippino Lippi che del monumento funebre opera di Benedetto da Maiano, e nella quale sono documentati e localizzati i dati relativi all'esecuzione delle opere, i fenomeni di degrado che le interessavano e le metodologie impiegate per il restauro, durante le varie fasi applicative.Il cantiere, aperto al pubblico tramite visite guidate settimanali organizzate dall'Ufficio Promozione della Direzione Cultura del Comune di Firenze, è stato visitato da studiosi e da un più vasto pubblico, ed ha in tal modo offerto un'occasione concreta di contatto con le opere in corso di restauro e con le metodologie impiegate per la loro conservazione.I lavori di restauro della Cappella Strozzi, sono stati progettati e diretti dall'Arch. Ugo Muccini, dirigente del Servizio Fabbrica Palazzo Vecchio e Chiese, della Direzione Cultura del Comune di Firenze, con la collaborazione di Laura Corti.Ispettore storico dell'arte per la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Ambientali delle provincie di Firenze Pistoia e Prato: Dott.ssa Litta Medri.Il restauro del ciclo pittorico di Filippino Lippi.Il ciclo di affreschi che raffigura storie di San Filippo e di San Giovanni, fu dipinto nella Cappella di Filippo Strozzi, in Santa Maria Novella fra l'ultimo decennio del 1400 e la prima metà del primo decennio del 1500.L'opera, che segna il culmine della maturità artistica di Filippino, si discosta sia dalla sua produzione giovanile, influenzata dall'espressività del Botticelli, che da quella del periodo dell'influenza fiamminga.Negli affreschi fiorentini di Santa Maria Novella, la critica contemporanea ha unanimemente riconosciuto la manifestazione di un gusto scenografico dell'artista, che conclude l'evoluzione della pittura fiorentina del Quattrocento e in cui già si mostrano gli elementi stilistici che caratterizzeranno il manierismo.L'artista dipinse la volta della Cappella Strozzi, con le figure di Giacobbe, Adamo, Abramo e Noè in una prima campagna di affreschi, datata nel 1489, dopo il primo soggiorno romano durante il quale, chiamato dal cardinale Carafa, aveva già eseguito parte degli affreschi nella Cappella dei Carafa, in Santa Maria sopra Minerva. La Cappellina mortuaria del cardinale risulterebbe essere stata affrescata dopo l'esecuzione degli affreschi nella volta della Cappella di Filippo Strozzi.Il ciclo fiorentino fu poi concluso fra il 1494 e il 1502, data che compare nella storia di San Giovanni che resuscita Drusiana, raffigurata nella parete sinistra, sotto la lunetta che rappresenta Il supplizio di San Giovanni.Nella parete destra è invece raffigurata la storia di San Filippo che scaccia il demonio. La lunetta superiore raffigura La crocifissione di San Filippo.Nella parete di fondo l'artista scelse di inquadrare la grande vetrata, eseguita su un suo disegno, con un'architettura trompe l'oeil di grande effetto, dipinta in dicromia, nei cui fondi sono inserite poche figure policrome di contorno.Nel corso dei secoli si sono succeduti numerosi interventi di restauro di cui si hanno notizie certe di quelli eseguiti nel 1753 , nel 1859 e, più recentemente, nel 1969 e nel 1985.Il processo di degrado del ciclo di affreschi di Filippino è stato principalmente favorito da recenti infiltrazioni d'acqua dal tetto, che hanno arrecato gravi danni alla pellicola pittorica e alla coesione dell'intonaco.Le opere di restauro appena concluse sono conseguenti all'intervento di somma urgenza finanziato dal Comune di Firenze ed eseguito nel 1997, finalizzato a bloccare il progressivo degrado delle porzioni dei dipinti più direttamente e gravemente aggredite dagli effetti devastanti delle infiltrazioni umide.In tale occasione fu verificato con precisione lo stato generale di conservazione dell'intero ciclo pittorico, ed fu quindi approntato il progetto dell'intervento conservativo complessivo, redatto dal Servizio Fabbrica Palazzo Vecchio della Direzione Cultura del Comune di Firenze ed eseguito dalla Ditta S.A.R. s.n.c., grazie al finanziamento dall'Ente Cassa di Risparmio, che ne ha in tal modo permesso l'esecuzione in occasione del Giubileo.L'intervento appena conclusosi è consistito soprattutto nella fermatura del colore indebolito, nella rimozione dei vecchi fissativi, e nel consolidamento finale della pellicola pittorica, realizzato con impacchi di bario. Tali operazioni sono state rese particolarmente difficoltose dalla tecnica esecutiva adottata dall'artista. Infatti, per ottenere gli effetti pittorici voluti, Filippino Lippi si è servito di procedure più simili a quelle della pittura su tavola che a quelle tipiche della pittura a fresco e tale scelta ha reso questi dipinti particolarmente delicatiPer ridurre il disturbo creato dalle lacune e dalle abrasioni alla corretta percezione visiva delle superfici dipinte è stato infine eseguito il ritocco pittorico, con modalità differenziate secondo le problematiche da trattare.L'intervento conservativo è stato eseguito col supporto di specifiche indagini scientifiche, indispensabili per la determinazione della tecnica e della materia pittorica e dei processi alterativi in atto.Il restauro del ciclo pittorico è stato eseguito dai restauratori della ditta S.A.R. snc, direttori tecnici di cantiere Cristiana Conti, Alberto Felici, Alessandra Popple, restauratori Chiara Picuti, Isabella Gubbini, Marco Bartolozzi, Letizia Lotti, Stefania Franceschini, Daniela Murphy, Jordi Martinez, con la collaborazione di Gioia Germani.Il restauro degli arredi lignei è stato realizzato da Valdemaro Pestelli.Il restauro della vetrata è opera della Ditta Polloni di Firenze.Le analisi chimiche sono state eseguite dal Consorzio Interuniversitario per lo sviluppo dei Sistemi a Grande Interfase C.G.S.I., le indagini diagnostiche sono state effettuate dalla Panart di Firenze.Le fotografie sono state eseguite da Alberto Conti,Informatizzazione della documentazione a cura di Iain Antony Macleod.La Ditta Eredi di Dante Sabini sas ha realizzato i ponteggi di servizio.Consulenza storica di Roberto Lunardi.Il restauro della tomba di Filippo Strozzi, opera di Benedetto da Maiano.Il monumento funebre ad arcosolio, commissionato da Filippo Strozzi a Benedetto da Maiano fra il 1491 e il 1495, è collocato in una nicchia della parete settentrionale della Cappella, sotto la vetrata dipinta da Filippino Lippi.Un arco a tutto sesto in marmo bianco, finemente decorato a bassorilievo con mascheroni, motivi floreali e stemmi degli Strozzi, incornicia la scena interna in cui è raffigurata la Madonna col Bambino racchiusi in un tondo, circondati da quattro angeli simmetricamente disposti ai lati, figure tutte scolpite in marmo bianco, che si stagliano nette sulla superficie piatta dello sfondo, realizzato nel caldo colore rosso del mischio di Cintoia.Alla base è posto il sarcofago, in calcare nero con venature bianche. L'accostamento di lapidei di cromie tanto diverse e contrastanti crea, all'interno della nicchia, uno spazio aereo in cui le figure modellate appaiono sospese e sottolinea la pesante presenza del sarcofago.Della tomba faceva parte il busto di Filippo Strozzi, eseguito dall'artista con grande attenzione per lo studio fisionomico del soggetto. Dal 1879 l'opera si trova al Louvre, cui fu venduta dalla stessa famiglia Strozzi, che la conservava in Palazzo Strozzi.Secondo la critica contemporanea, l'opera, pur discostandosi dal puro linearismo della scultura quattrocentesca, rimane comunque pienamente inquadrata in questo periodo storico.Questa appartenenza è accentuata dal confronto inevitabile con il ciclo pittorico di Filippino Lippi che circonda il monumento funebre, con le sue figurazioni che già preludono il cambiamento che si compirà nelle arti figurative nel corso del Cinquecento.La lettura globale dell'opera risultava assai difficoltosa, a causa di un disomogeneo strato di depositi di varia natura che ricopriva interamente le superfici lapidee.Prima di dare inizio al restauro sono state eseguite indagini diagnostiche, allo scopo di comprendere e approfondire alcune particolari caratteristiche delle superfici lapidee. In tal modo è stato possibile acquisire conoscenza delle metodologie di esecuzione dell'opera e della composizione dei trattamenti superficiali di lucidatura eseguiti su di essa nel corso del tempo.Le metodiche di intervento sono state definite sulla base delle analisi di laboratorio e dei successivi saggi preliminari. Le pulitura del monumento è stata quindi eseguita con modalità differenziate in funzione dello stato di conservazione delle superfici, della loro tipologia lapidea e della natura dei depositi da rimuovere, perlopiù costituiti da pulviscolo atmosferico, sostante cerose alterate e nero fumo prodotto dalla combustione di candele.Il restauro della Tomba di Filippo Strozzi e stato eseguito dalla Ditta Cellini srl di Firenze, direttore tecnico di cantiere, Ilaria Cellini, restauratrice Francesca Falchini.Le indagini diagnostiche sono state effettuate dal Dott. Marcello Spampinato.Foto: Leonardo Gamannossi.Informatizzazione della documentazione a cura di Iain Antony Macleod.Consulenza storica di Roberto Lunardi.I domenicani e S.Maria NovellaS.Maria Novella: una chiesa-una comunitàLa presenza dei frati predicatori (domenicani) a Firenze risale ai primordi dell'Ordine, fondato nel 1216: lo stesso san Domenico nel 1219 inviò da Bologna dodici frati per 'costituire un convento'.E' il 1221 l'anno in cui inizia il rapporto tra la nuova comunità e S.Maria Novella, allora piccola chiesa, S.Maria delle vigne, situata fuori delle seconde mura della città, in una fase di espansione delle strutture urbane e di progressivo emergere delle nuove classi sociali legate alla vita cittadina, al commercio e agli scambi culturali.S.Maria Novella: una chiesa-una cittàS.Maria Novella divenne dal XIII secolo in poi luogo, quasi laboratorio, d'intensa vita di evangelizzazione, di studio - qui ebbe sede uno degli Studi generali dell'Ordine - di elaborazione culturale ed artistica attorno al convento dove confluivano e da cui si dipartivano le nuove istanze connesse all'approfondimento della fede e alla vita sociale della città stessa.S.Maria Novella: una chiesa e il mondoOggi a S.Maria Novella è ancora viva la presenza dei frati predicatori: una comunità che cerca di vivere la missione di annuncio del vangelo e di dialogo con le culture, nella preghiera, nello studio, nella predicazione. La chiesa con il suo fascino e la sua storia è richiamo a custodire e a rendere feconda la memoria di un passato in cui la fede si è incontrata con la vita di singoli e di comunità. Le inquietudini del presente di questa città e del mondo che qui confluisce, sono occasioni per scoprire come questo convento sia ancora chiamato ad essere seme e lievito di una convivenza tra persone che si scoprono né nemici né stranieri, ma fratelli uniti nella comune ricerca del senso del nostro vivere.Il restauro di S.Maria Novella nel passaggio del millennio, è invito ad un rinnovamento dell'impegno dei frati di questa comunità a "comportarsi ovunque come uomini di Vangelo, seguendo le tracce del loro Salvatore" e si pone come un simbolo: il Giubileo nel suo significato più autentico non è riducibile al restauro esteriore delle opere d'arte ma è appello, rivolto a tutti, ad un ripensamento e cambiamento di stili di vita, ad un rinnovamento interiore riscoprendo l'essenzialità del vangelo e la solidarietà con i poveri.Alessandro Cortesi o.p.priore del conventoDurante i lavori di restauro della Chiesa di S.Maria Novella è tornato evidente un particolare, riprodotto nel dépliant di presentazione del restauro, che potrebbe apparire insignificante o sfuggire all'attenzione: si tratta della pezza di stoffa marmorea posta, all'ingresso della Cappella Rucellai, sotto il sarcofago di Paolo, uno dei rappresentanti della famiglia Rucellai, che costituì proprio attraverso il commercio e la tintura delle stoffe la ricchezza della grande famiglia fiorentina. Questa stoffa 'marmorea', ad una prima lettura, sembra non voler suggerire altro che un'allusione all'attività lavorativa svolta in vita dal defunto, commerciante di stoffe. Ma si può leggere in questo segno qualcosa di più: esso sta ad indicare infatti che l'attività che aveva costituito in vita il maggiore impegno di tempo ed energie, il luogo dei progetti e delle speranze del grande mercante Paolo, non fu concepita in contrasto o a margine della sua fede religiosa: anzi la stessa memoria di lui nella morte da parte dei suoi discendenti non poté fare a meno di questa allusione alla sua vita. L'impegno professionale, laico, civile nella storia non fu motivo di distanza dal riferimento religioso, dall'apertura al trascendente, dalla fede cristiana. Non al di fuori ma proprio al di dentro della sua attività e del suo impegno storico fu percepito il luogo di quella risposta quotidiana alla volontà di Dio e di partecipazione ad una comunità di vita e di fede che aveva contraddistinto il cammino terreno di Paolo.Questa immagine racchiude come in sintesi una dimensione fondamentale sin dalle origini di questo compleso conventuale e di questa chiesa, caratteristica per cui S.Maria Novella e la comunità che nei secoli qui ha avuto sede non è pensabile in un'ottica che la separi dal rapporto con la città di Firenze, con la sua storia e con la sua vicenda umana.I domenicani, giunti a Firenze nel 1219, sin dagli inizi espressero con la loro testimonianza e la loro predicazione un profondo ottimismo a riguardo della creazione, della storia, delle attività umane, certamente ferite e segnate dal peccato, ma non certamente luoghi da cui fuggire o estraniarsi. La loro predicazone nasceva da un profondo radicamento nella fede nell'incarnazione. Il volto di Dio annunciato e rivelato da Gesù è il Dio creatore di ogni cosa che ha un disegno di salvezza per le donne e gli uomini situati nel tempo e nella storia. La Madonna in trono, dipinta da Duccio proprio per la Chiesa di S.Maria Novella, raffigurante il bambino Gesù, nella sua piena umanità, in braccio alla Vergine, donna e madre, come anche i crocifissi, di Giotto, di Brunelleschi e la Trinità di Masaccio, sono indicativi di questa spiritualità.Anche l'attività delle categorie imprenditoriali, mercantili della vivace società cittadina duecentesca che si trovava a superare gli ormai angusti limiti delle strutture feudali e rurali si trovò allora ad essere non disprezzata o esclusa da una prospettiva di fede, ma considerata come un valore. E nel contempo proprio tali categorie si sentirono interpellate a considerare che le loro attività nel mondo, il mercato stesso di cui erano protagonisti, non costituivano riferimenti ultimi ma si aprivano ad essere orientati da criteri ulteriori.Non separazione e neppure confusione dei piani, ma possibilità di scoprire che si può essere veramente laici e veramente credenti, veramente operosi nella condizione storica e nel contempo aperti alla dimensione ultima e trascendente della storia stessa. Questo mi sembra sia il messaggio di fondo che comunica la basilica di S.Maria Novella, luogo della fede, dell'incontro con Dio, di vita ecclesiale e nel contempo scrigno delle più alte realizzazioni dell'umanesimo fiorentino, luogo di manifestazione della creatività e dell'ingegno umano. I restauri appena terminati ripropongono questo messaggio di un umanesimo aperto alla trascendenza e di una presenza di Dio che si fa compagnia nella storia umana. Essi ripropongono una memoria da custodire e aprono una sfida di responsabilità per il futuro in un rinnovato rapporto tra chiesa e città, tra questa comunità e chi fa parte - come residente, come turista o come straniero in cerca di accoglienza - di questa città aperta sul mondo. Alessandro Cortesi o.p. - prioreENTE CRF: IL RESTAURO DELLA CAPPELLA STROZZI EDELLA BASILICA DI SANTA MARIA NOVELLAI POSITIVI RISULTATI DELLA COLLABORAZIONE FRA ENTE CASSA E COMUNE DI FIRENZEAncora una volta l'Ente Cassa di Risparmio di Firenze è in prima fila in una grande operazione culturale voluta e promossa insieme alla Pubblica Amministrazione.L'Ente Cassa di Risparmio di Firenze ha svolto un ruolo fondamentale nel restauro della Basilica di Santa Maria Novella, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Comune di Firenze, nell'ambito degli interventi previsti per il Giubileo. L'Ente Cassa ha inoltre promosso e coperto finanziariamente il restauro completo degli affreschi di Filippino Lippi nella Cappella Strozzi.E' evidente l'importanza di una simile iniziativa per il valore degli affreschi della Cappella Strozzi e, in generale, per quanto la Basilica di Santa Maria Novella rappresenta nell'ambito del patrimonio religioso, culturale ed artistico della città di Firenze, e nella tradizione spirituale della città.Anche in questa occasione la collaborazione tra l'Amministrazione comunale e l'Ente Cassa di Risparmio di Firenze ha dato importanti frutti nell'interesse generale della cultura e dell'intera cittadinanza di Firenze.Va inoltre citato l'intervento promosso da Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A., che si è assunta l'impegno finanziario per il restauro, ancora in corso, della «Trinità» di Masaccio, una pietra miliare della storia dell'arte rinascimentale, collocata nel transetto sinistro della Basilica."Il restauro di Santa Maria Novella – spiega il Presidente dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Alberto Carmi – rappresenta un evento storico per Firenze, ma va inquadrato in un progetto ancora più ampio quale il recupero alla vita quotidiana dei fiorentini di quartieri storici di vitale importanza per la città, che purtroppo per lunghi anni hanno subito un inesorabile degrado. Restituire Firenze ai fiorentini, sotto il profilo culturale, sociale, ambientale, è certamente uno degli obiettivi a cui l'Ente CRF sta lavorando e ritengo che su questa strada, collaborando con gli Enti pubblici competenti, si possano raggiungere importanti risultati".Gli interventi dell'Ente Cassa nel corso del 1999Il sostegno allo sviluppo artistico e culturale di Firenze, insieme alla promozione civile e sociale del territorio, sono da sempre gli obiettivi centrali dell'azione dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze che, nel corso dei suoi 170 anni di storia, perseguiti con interventi importanti e diversificati. Prima, in quanto parte della missione stessa dell'azienda bancaria, e poi - dopo la riforma del 1990, che ha sancito la separazione delle fondazioni dagli istituti di credito - in completa autonomia.Nel corso del 1999, l'Ente CRF si è fatta promotrice di numerose operazioni culturali, sostenendo e stimolando anche le iniziative delle altre istituzioni, tra cui, principalmente, Comune, Soprintendenze ed Enti culturali.L'ultimo di un calendario di eventi che, in questa fine di millennio, ha visto Firenze palcoscenico di iniziative culturali di rilievo mondiale, è la mostra "Joan Mirò, la metamorfosi della forma", promossa direttamente dall'Ente in collaborazione con Assessorato alla Cultura del Comune di Firenze e Fondation Maeght.Inoltre, nel corso del 1999, l'Ente ha sponsorizzato completamente - in occasione dei festeggiamenti per il 170° della fondazione della sua azienda bancaria - la mostra "Dei ed Eroi" dedicata alle opere dello scultore polacco contemporaneo Igor Mitoraj, abilmente esposte in un perfetto contrasto tra antico e moderno, al Giardino dei Boboli e al Museo Archeologico.In collaborazione con Comune di Firenze e Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici, L'Ente CRF ha poi promosso la prima mostra mai dedicata alla "Giovinezza di Michelangelo", che, frutto di una ricerca condotta per mesi da studiosi internazionali, si propone di far luce su un'età poco esplorata e quindi molto problematica della produzione del Maestro.Già impegnata, attraverso la fondazione "Ente Parco", nel ripristino del Parco Bardini, l'Ente CRF si è fatta promotrice quest'anno anche di alcune mostre che hanno consentito al pubblico di scoprire i tesori dell'Eredità Bardini, rimasta fino ad ora inaccessibile ai più a causa del restauro in corso dell'edificio che in seguito ospiterà gli oggetti.Un importante intervento di restauro sponsorizzato dall'Ente Cassa nel 1999 è quello sul complesso dell'ex Educatorio del Fuligno. Antica istituzione fiorentina, originariamente dedicata alla pubblica assistenza e beneficenza, l'edificio nasconde, dietro un aspetto dimesso, un patrimonio architettonico importante che comprende, tra l'altro, la chiesa e il chiostro. Da segnalare poi, l'impegno costante dell'Ente Cassa a sostegno delle principali istituzioni culturali toscane. Prime fra tutte l'Accademia della Crusca che da oltre quattrocento anni studia e protegge la lingua italiana ma che, ogni anno si trova a combattere con le difficoltà derivanti dalla mancanza di fonti di finanziamento certe. Dal 1992 l'Ente interviene ogni anno in suo favore con stanziamenti finalizzati al supporto dell'attività istituzionale. Di particolare rilievo gli interventi per gli anni 1999-2000 finalizzati alla informatizzazione della biblioteca dell'istituzione, in modo da rendere più accessibile e sicuro l'enorme patrimonio librario, punto di riferimento per studiosi italiani e stranieri della nostra lingua.Da ricordare inoltre l'impegno avviato da alcuni anni e proseguito anche nel 1999 relativamente al restauro delle vetrate del Duomo, degli arazzi del Salone dei Duecento in Palazzo Vecchio, dell'ala nord del Museo Stibbert.