Intervento di Gerard Schroeder, Cancelliere della repubblica Federale di Germania alla Conferenza «Il riformismo nel XXI secolo»
Massimo ha chiesto quali sono i valori sui quali lavoriamo, come li abbiamo realizzati in passato, come li realizzaremo in futuro. I valori di base sono quelli dell'Europa. I valori dell'Europa sono stati precisati dalla socialdemocrazia europea, considerando solidarietà, libertà e democrazia come base dei propri valori. Questi valori non sono superati, come ha detto un sociologo tedesco, che ha lungamente vissuto in Inghilterra dove è diventato lord, Dahrendorf, quando ha detto che il periodo della socialdemocrazia europea era superato perché i suoi valori erano già stati realizzati. Secondo me questo non è vero. Resta ancora compito nostro realizzare questi valori in condizioni economiche diverse. Se si vuole vedere come si fa, basterà vedere come si è fatto negli ultimi 50 anni, o perlomeno come si è cercato di fare. In Germania abbiamo il modello tedesco, un ordine sociale che ha compiuto il tentativo di creare un rapporto equilibrato tra giustizia sociale ed economia, quello che è stato chiamato capitalismo del Reno. Quali erano gli elementi di questo capitalismo del Reno? Da una parte un'alta dinamica economica e, dall'altra, una garanzia sociale. Uno Stato sociale, quindi, ma non inteso soltanto come la possibilità di non essere lasciati cadere in un momento di crisi. Lo Stato sociale, così come lo abbiamo pensato e fatto, ha avuto sempre una dimensione di emancipazione. Non doveva, quindi, dare garanzie solo materiali, ma doveva offrire ai lavoratori la partecipazione alle decisioni della società. Per questo motivo quando dico società, dico tutti quelli che sono coinvolti nell'economia. Ecco come è nato il concetto di cogestione, in modo che i dipendenti non partecipassero soltanto al benessere economico ma partecipassero anche al processo decisionale. Credo che questo sia stato un modello che per cinquant'anni, e più, ha caratterizzato e aiutato la Germania e l'Europa. Il problema è, ora, sapere se un modello di questo tipo può essere semplicemente continuato, oppure se è cambiato qualcosa, e come la politica, eventualmente, deve reagire a questo cambiamento. Il processo del cambiamento è legato alla nozione di globalizzazione. Nella globalizzazione, in realtà, i mercati dei beni diventano internazionali. Nuovissima è l'esperienza secondo la quale i mercati del lavoro si internazionalizzano e anche la tecnologia dell'informazione si è internazionalizzata. Questo conduce a reagire e spinge i politici a chiedersi come possiamo sviluppare dei modelli che siano basati sulla partecipazione in condizioni modificate. Di questo si tratta. Questo è il motivo per il quale, a livello nazionale, abbiamo tre elementi fondamentali. Prima di tutto, il riconoscimento del fatto che un bilancio equilibrato non è un'invenzione dei conservatori, ma ha qualcosa a che fare con la capacità dello Stato di gestire e anche di proiettarsi verso il futuro. Chi ha troppi debiti pubblici vive a costo delle future generazioni. Dei deficit di bilancio incontrollati sono socialmente ingiusti; gli interessi che si pagano su questi deficit vengono dall'imposizione fiscale e arrivano nelle banche, nelle assicurazioni che non li distribuiscono in maniera equa (questo non è il loro compito). Ecco perché ci deve essere una disciplina di bilancio. In secondo luogo, ci troviamo di fronte al compito molto importante di mantenere dei sistemi sociali che devono, però, essere ristrutturati. Non eliminati, ma ristrutturati. In Germania abbiamo dei sistemi sociali, sui quali i cittadini vogliono continuare a basarsi, che prevedono una piena occupazione. Il prodotto interno lordo è sempre influenzato da condizioni di lavoro sempre più diverse e questo provoca delle difficoltà finanziarie. Quindi, i sistemi sociali vanno ristrutturati. Oltre all'assistenza quasi garantita dallo Stato, dobbiamo anche promuovere la responsabilità individuale dei cittadini. Soprattutto, dobbiamo ottenere che il sistema pubblico sia ristrutturato. Tutto quello che facciamo sul mercato del lavoro deve diventare un sistema diverso. Deve entrare nella testa dei cittadini l'idea dell'investimento; il cittadino deve investire per essere attivo. Quindi, da uno Stato assistenziale si deve passare ad un'autonomia del cittadino, e lo Stato deve investire in formazione più di quanto non abbia investito in passato. In questa maniera, noi creeremo delle nuove condizioni, ma in nessun modo abbandoneremo i principi dello Stato sociale. Oltre a quello che facciamo a livello nazionale - l'ho citato per sommi capi, visto il tempo molto limitato -, dobbiamo capire che l'internalizzazione dei beni, dei servizi e dei mercati del lavoro limita le nostre attività nazionali. Ecco perché dobbiamo arrivare a una maggiore collaborazione internazionale. Questo significa che a livello internazionale dobbiamo lottare contro il dumping sociale, come anche contro il dumping ecologico, che distrugge tutte le basi di vita. Il dumping sociale ed ecologico può essere equo nei confronti dei Paesi del Terzo mondo soltanto se questi vengono aiutati ad alleggerire il loro debito. Le due cose vanno viste insieme. Non si può accettare o promuovere il dumping sociale ed ecologico se allo stesso tempo non si è pronti a mettere i Paesi in via di sviluppo in grado di affrontare questi problemi. La terza operazione che dobbiamo fare, a livello internazionale, è adottare una maggiore trasparenza, un miglior controllo dei mercati finanziari internazionali, coinvolgendo il settore privato. Noi dobbiamo far fronte al fatto che delle speculazioni private rovinino uno stato sociale e che le organizzazioni finanziarie internazionali, se queste speculazioni hanno avuto un esito negativo, siano costrette a subentrare causando un onere sui cittadini. Noi questo lo vorremmo fare con uno strumento che non si basa soltanto su quello che si fa ad alto livello ma piuttosto attraverso questo patto per la formazione e il lavoro, cosicchè a livello internazionale cerchiamo di dare degli spunti e partecipiamo a dibattiti come questo di oggi, che mi sembra essere un incoraggiamento ad una maggiore collaborazione internazionale.Fonte: sito internet Palazzo chigi