Indagine sulle multinazionali nell'area fiorentina, al via un osservatorio
Impiegano giovani laureati, ricorrono a forme occupazionali sempre più flessibili, hanno una scarsa presenza di donne e nella maggior parte dei casi la rete di legami con le imprese locali non è qualitativamente rilevante. E' il quadro delle multinazionali manifatturiere nell'area fiorentina che emerge da una ricerca realizzata dall'Irpet per l'assessorato alle politiche del lavoro del Comune di Firenze. E' la prima volta che un'indagine, portata avanti attraverso interviste ai responsabili del personale e ai rappresentanti sindacali, fotografa la presenza delle multinazionali a Firenze.Sono 19 le aziende manifatturiere con capitali esteri presenti nell'area che comprende i comuni di Firenze, Sesto, Campi, Calenzano, Scandicci e Bagno a Ripoli e 17 sono quelle che hanno deciso di partecipare alla ricerca dell'Irpet: Air Liquide Italia, Alcatel, Benninger, Bio Mérieux Italia, Cognis, Electrolux Zanussi, Eli Lilly, Frensistemi, Gilbarco, Gkn CFI, Gucci, Industria fototecnica Firenze, Laboratoires Boiron, Manetti & Roberts, Nuovo Pignone, Ote, Sun Chemical Group.L'indagine dà conto di realtà molto diverse tra di loro dal punto di vista occupazionale (dai 12 addetti di Laboratoires Boiron ai 3.875, per un fatturato di oltre 2 miliardi di euro, del Nuovo Pignone), della presenza di investitori esteri (in testa i francesi, seguiti da americani e inglesi, con un solo caso, la Sun Chemical, di investitore giapponese) e di ambito di azione che tocca tre settori: chimico, meccanico e alta moda. Due, Eli Lilly e Gucci, le aziende che risultano in grande crescita; le stesse che, insieme ad Electrolux, rientrano tra le imprese con maggiore presenza femminile, anche in conseguenza di politiche mirate. In Gucci il gentil sesso occupa il 46% del totale dei posti anche a livello di management, nel gruppo Eli Lilly occupa il 37% e in Electrolux la presenza femminile è al 35% (ci sono anche orari di lavoro studiati per le giovani mamme). Da questo punto di vista risulta quasi inesistente (l'1%) l'incidenza di forme lavorative part time.Sono solo quattro, invece, gli investimenti multinazionali dell'area che si caratterizzano come "greenfield", ovvero l'apertura di una nuova filiale da zero, operazione che, ovviamente, rispetto all'acquisizione di un'azienda già esistente (è il caso della General Electric con il Nuovo Pignone) prevede un margine di rischio maggiore. Investimenti "greenfield" sono Air Liquide, Eli Lilly (la prima ad arrivare a Firenze, nel 1959), Laboratoires Boiron e Frensistemi.Ma qual è il rapporto con il territorio fiorentino? Se è vero che la domanda di lavoro delle aziende viene ampiamente soddisfatta (con laureati che arrivano dalle facoltà di ingegneria, chimica, medicina ed economia) dal bacino locale, anche con la creazione di un nuovo tipo di pendolarismo da Livorno e Pisa, è anche vero che i profili professionali più qualificati (ingegneri e medici specializzati) vengono reperiti in altre regioni. Inoltre un indotto significativo è presente solo in due casi: Gucci e Nuovo Pignone che assorbono 10.000 posti di lavoro a tempo pieno."Vogliamo iniziare una riflessione, insieme alle imprese e alle organizzazioni sindacali che già hanno dimostrato ampia disponibilità per arrivare alla realizzazione di un osservatorio sul territorio. Al tempo stesso, oltre il monitoraggio siamo impegnati, con gli altri soggetti coinvolti, per fare sì che si innalzi la qualità dell'occupazione" ha detto l'assessore alle politiche del lavoro Marzia Monciatti. L'industria manifatturiera, infatti, produce ricchezza in rapporto di tre a uno rispetto a quella del turismo. "Sono convinta che si debba recuperare un circolo virtuoso per il rilancio della realtà industriale a Firenze e nella sua area, visto che un terzo dell'occupazione nel settore manifatturiero della provincia fiorentina è assorbito da aziende multinazionali" ha aggiunto l'assessore Monciatti.I motivi di preoccupazione sono rappresentati dal crescente bisogno di flessibilità di queste aziende, anche se al momento queste forme occupazionali nelle multinazionali dell'area fiorentina si assestano intorno al 5% contro la media toscana che è del 7%. Il ricorso alla flessibilità delle aziende si traduce principalmente nell'esternalizzazione della produzione di beni e servizi non strategici (mensa, vigilanza, movimentazioni merci e trasporto). Il dato negativo è che da punto di vista occupazionale lo scenario non premia gli insediamenti produttivi locali. Basta pensare ai casi Ote, Manetti & Roberts, Gkn CFI e Sun Chemical. (vp)