L'assessore Siliani: "Potenziamo l'Università, intensifichiamo i rapporti con l'Amministrazione Comunale, evitiamo la fuga degli studiosi"
Seduta straordinaria del Consiglio Comunale dedicata quasi interamente all'Università, in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico. Presente nel Salone De' Dugento anche il Rettore Augusto Marinelli.L'assessore alla cultura e all'università Simone Siliani ha aperto la seduta leggendo la sua relazione di cui riportiamo una sintesi ed a seguire la versione integrale.L'assessore Siliani ha sottolineato il ruolo importante "ma forse non consapevolmente assunto dalle istituzioni locali e dai cittadini, dell'Università in una città come Firenze, svolgendo un ruolo strategico nello sviluppo economico, culturale e territoriale. Inoltre, altrettanto importanti sono i rapporti di collaborazione fra Università e Amministrazione Comunale".Aspetto che non può essere trascurato è la compressione dei trasferimenti statali previsti dalla Legge Finanziaria del 2003 che hanno suscitato "preoccupazioni ed un vero e proprio grido d'allarme che si sono elevati dalle Università e dai centri di ricerca. Se poi ha proseguito l'assessore anche i rettori si dimettono in segno di protesta contro i tagli, allora vuol di re che forse abbiamo superato la soglia di rischio".Altre due questioni che devono essere fronteggiare sono: la fuga di cervelli all'estero e l'inadeguatezza del sistema dei servizi dell'Università che inizialmente erano nati per fornire servizi a 20.000 studenti ma attualmente devono fare fronte ad un'utenza che è arrivata fino a 60.000 unità.Infine due punti da mettere in evidenza. "La necessità di dare una rapida ed efficiente implementazione agli accordi siglati fra Amministrazione Comunale ed Università sugli investimenti strutturali ed infrastrutturali (attualmente sono 55). Inoltre ha commentato Siliani c'è l'esigenza di avere una sede di costante coordinamento fra l'Amministrazione Comunale e l'Università, una specie di cabina di regia per programmare insieme in modo strategico le attività. Già esiste da un anno la Conferenza Comune-Università: è ora necessario strutturare e rendere effettivo questo strumento di lavoro". (uc)Relazione al Consiglio Comunale suUniversità e Amministrazione ComunalePossiamo evidenziare due specifiche questioni che più da vicino riguardano l'Amministrazione Comunale fra le tante che un sistema così complesso e articolato quale è l'Ateneo fiorentino presenta, nell'occasione di questa seduta tematica del Consiglio Comunale coincidente con la solenne inaugurazione dell'Anno Accademico 2002-2003. La prima riguarda il significato profondo e tuttavia forse non consapevolmente assunto dalle istituzioni locali e dai cittadini che ha la presenza dell'Università in una città come Firenze e, quindi, l'importanza strategica che essa assume nello sviluppo economico, culturale e territoriale del sistema fiorentino e metropolitano. La seconda riguarda lo specifico dei rapporti di collaborazione fra l'Università di Firenze e l'Amministrazione Comunale. Tutto ciò deve comunque essere inscritto nel quadro nazionale che vede il mondo universitario e della ricerca in grande movimento, soprattutto per le difficoltà che la compressione dei trasferimenti statali prevista nella Legge Finanziaria 2003 sta inducendo, nonché all'interno del disegno che il Piano Strategico di Firenze ha definito, nel quale l'Università costituisce uno degli elementi portanti. Una centralità verificabile nelle diverse schede-progetto (diverse delle quali ruotano attorno al ruolo dell'Università), nella analisi della condizione della città nel 2001 e, ovviamente, nella presenza dell'Università nel Comitato Promotore dello stesso Piano Strategico. L'Università, in ogni città dove essa ha sede e in modo particolare a Firenze, è uno degli snodi decisivi del progetto di sviluppo della città stessa. Dobbiamo riflettere ed avere ben presente la pluralità di significati che l'Università assume a Firenze: certamente quello di una fondamentale istituzione di produzione di cultura, ma anche una struttura complessa che eroga servizi ad una comunità di 60.000 studenti e, dunque, un significativo volano economico che, direttamente o per l'indotto, smuove milioni di euro ogni anno, oltre a rappresentare un potente fattore di trasformazione del territorio. Il rapporto di una Università con il territorio è decisivo per il modello di sviluppo dello stesso, sia perché essa offre idee e risorse per la creazione e lo sviluppo delle imprese, sia per la fondamentale funzione di consulenza (tanto della parte privata, quanto del pubblico). Questo pone il tema delle modalità di rapporto e collaborazione con i soggetti (pubblici e privati) del territorio per concertare e concordare le priorità e i progetti di sviluppo della comunità e il Piano Strategico è la risposta che a Firenze ha dato a questo problema. Analogamente si pone la questione di una modalità di raccordo e di collaborazione fra l'Amministrazione Comunale e l'Università nelle tante occasioni e nei diversi progetti attivi (come vedremo più avanti) al fine di costruire una vera e propria sede fisica di coordinamento, per imprimere alla collaborazione una direzione sempre più coerente con gli indirizzi strategici dell'area metropolitana.Ma già questo sintetico accenno alla importanza dell'Università degli Studi per lo sviluppo di un territorio (e, dunque, dell'apertura dei canali di comunicazione bidirezionali fra questo e l'Università) dovrebbe renderci tutti consapevoli ed egualmente interessati alle sorti e ai destini dell'Università, indipendentemente dalle nostre preferenze politiche. Ecco, quindi, che le preoccupazioni e il vero e proprio grido d'allarme che dalle Università e dai centri di ricerca si sono levati in questi ultimi mesi per gli effetti che la Legge Finanziaria 2003 avrà sui loro bilanci e, quindi, sulla loro missione istituzionale devono essere oggetto della nostra più seria attenzione. Da parte di tutti, a prescindere dagli schieramenti politici ai quali apparteniamo. I rettori delle Università e i ricercatori del CNR sono, generalmente, persone moderate, riflessive, pacate: se sono giunti a minacciare le dimissioni e a dichiarare che i tagli della Finanziaria mettono a rischio la stessa sopravvivenza delle Università e della ricerca in Italia, vuol dire che forse abbiamo davvero superato la soglia di rischio. L'unità di tutto il mondo della ricerca nel denunciare questi rischi è un fatto inedito, che sottolinea la gravità della situazione attuale. Per essere intellettualmente e politicamente onesti dobbiamo ammettere che la ricerca e l'Università non ha quasi mai rivestito un ruolo strategico nella definizione delle priorità di governo e, dunque, i motivi della crisi sono strutturali e hanno radici profonde, con responsabilità estese tanto della classe politica (spesso distratta, talvolta pressata da interessi e lobbies di corto respiro più immediatamente remunerative, poco incline alla programmazione e agli investimenti di lungo periodo), quanto degli universitari (troppo spesso autoreferenziali, chiusi ai rapporti con la società, quasi a voler rinnovare le origini corporative dalle quali provenivano). Tuttavia, negli ultimi anni si era assistito ad una ripresa di attenzione attorno ai temi della formazione e della ricerca, a partire dalla riforma universitaria, certo non scevra da limiti (la pretesa di fare riforme senza finanziare in modo significativo la riforma stessa, il suo fondamento su norme ben costruite ma forse non sufficientemente supportate da un coinvolgimento ed un convinto consenso nella comunità accademica), ma essa è stata un importante tentativo di aprire e mettere in comunicazione continua l'Università con la società italiana. E' stato il tentativo di dare concreta attuazione al principio costituzionale dell'autonomia (art.33) e che oggi avrebbe bisogno di continuità di attenzione e di investimenti, non certo dei tagli alle risorse preconizzati dalla Finanziaria. E' questione storica quella della implementazione delle riforme di struttura in Italia: le riforme non sono dei momenti demiurgici, sono piuttosto dei processi complessi e articolati, con continui momenti di valutazione e aggiustamenti, ma soprattutto con una continuità di direzione senza la quale il disegno strategico diventa confuso e si rischia non tanto di veder fallire la riforma quanto piuttosto quello di lasciarla incompiuta e dunque contraddetta dall'interno. Ora, i tagli previsti nella Finanziaria 2003 si iscrivono in una tendenza biennale che ha visto una perdita secca in due anni di oltre 200 milioni di euro nell'Università italiana, ai quali si devono sommare i 300 milioni di mancati adeguamenti stipendiali; fra il 2001 e il 2002 l'Italia è scesa sotto la soglia dell'1% del PIL per gli investimenti nella ricerca (la cd. fuga di cervelli, ma anche le difficoltà che si registrano nell'Università italiana ad ospitare docenti e studenti di varie parti del mondo proprio per mancanza di risorse, stanno rendendo sempre più marginale e chiusa l'Università italiana); il blocco delle assunzioni per i centri di ricerca (la cui deroga è centralizzata nelle mani del Ministero per l'Economia e, dunque, sottoposta a valutazioni non di merito ma strettamente economiche) tiene fuori dalle Università intere generazioni di ricercatori negando loro la possibilità di contribuire allo sviluppo del paese e induce un invecchiamento delle strutture di ricerca che non è certo coerente con le necessità di sviluppo del paese. Tutto questo blocca il processo di riforma perché impone alle Università e ai centri di ricerca di concentrarsi sulla sopravvivenza, conservando quanto più possibile delle strutture e attività esistenti. Tutto ciò che la riforma implicava in termini di programmazione per far decollare il nuovo assetto, di spinta verso un sistema concentrato sulla qualità e la valutazione della stessa, passa in secondo piano perché la gravità della crisi finanziaria impedisce ogni azione di sviluppo. Ciò è tanto più grave per quegli Atenei che hanno preso sul serio e hanno iniziato a sperimentare la riforma, come quello fiorentino, e che hanno impostato forti iniziative di innovazione e di investimento. In questa crisi sta cadendo anche il sistema del diritto allo studio (anch'esso principio di valore costituzionale, art.34): nel 2001 si era arrivati per la prima volta nella storia dell'Università italiana, ad una sostanziale corrispondenza fra borse di studio disponibili e aventi diritto, ma già nel 2002 il rapporto domanda/offerta presenta un deficit del 20%. In grave difficoltà è anche la ricerca perché la spinta a ridurre gli investimenti nella ricerca di base e a porre l'accento sulla ricerca applicata è gravemente illusorio: infatti, solo in presenza di una forte ricerca di base (che non può che essere sostenuta dal finanziamento pubblico) può esservi uno sviluppo della ricerca applicata (che può ben vedere l'intervento di risorse private). Ma l'Italia è fra i paesi con il più basso numero di ricercatori di base impiegati e la più bassa percentuale di laureati nella forza lavoro impiegata e questo gap non può essere superato senza una strategia guidata dallo "mano" pubblica. All'opposto l'art.28 della Legge Finanziaria 2002 prevede di trasformare le università statali e gli enti pubblici di ricerca in "fondazioni di diritto privato" con l'evidente intento di sganciare queste istituzioni dal finanziamento pubblico per farle navigare nel mare aperto del finanziamento privato, con grave nocumento all'autonomia della ricerca di base e dell'Università.La questione finanziaria è, dunque, di fondamentale importanza per il futuro dell'Università italiana: è abbastanza facile prevedere quale sarà il combinato disposto dei tagli dei trasferimenti statali (per il diritto allo studio, per il funzionamento delle Università, per l'edilizia universitaria) e della deroga stabilita al vincolo di equivalenza tra l'ammontare del finanziamento statale agli atenei e la contribuzione a carico degli studenti. E' in gioco la qualità dello sviluppo del nostro paese nei prossimi anni e questo dovrebbe indurci a superare le ben comprensibili fedeltà di appartenenza politica per dar vita ad una iniziativa comune, istituzionale o bipartisan che dir si voglia, a tutela della Università e della ricerca in Italia.In questo senso è di vitale importanza che la relazione dell'Università con il territorio si strutturi e si intensifichi sempre di più. Un ateneo come il nostro, costituito da 69 Dipartimenti articolati nelle cinque aree tematiche (biomedica, scientifica, scienze sociali, tecnologica, umanistica), da 17 Centri interuniversitari, da 6 Centri interdipartimentali, da 5 Centri Servizi, da 7 Laboratori, che partecipa a 24 Consorzi interuniversitari, che si è articolato sul territorio con il Polo 3 Scientifico di Sesto Fiorentino, con il Polo Universitario della città di Prato, con il Polo 2 Scientifico e Tecnologico di Careggi, possiede la suo interno risorse umane e competenze insostituibili per dare un contributo decisivo allo sviluppo della nostra area e dell'intera regione. La quantità e la qualità delle collaborazioni che il Comune di Firenze ha in corso con l'Ateneo fiorentino sono assai significative, come testimonia l'elenco (ancora parziale) allegato a questa mia relazione. Il Comune e l'Università hanno dato vita ad alcune collaborazioni di valenza strategica per il nostro territorio: basti pensare agli impegni per i servizi agli studenti e in particolare per le residenze universitarie, la cui disponibilità arriva oggi al 25% del fabbisogno stimato (4.000 posti letto) ma che gli accordi stipulati e in corso di realizzazione prevedono di raddoppiare. O ancora possiamo fermare la nostra attenzione sui progetti comuni per la promozione delle grandi infrastrutture per la ricerca: il Polo Scientifico di Sesto Fiorentino sarà presto completato con la realizzazione dei laboratori pesanti per l'ingegneria e con l'apertura della nuova area di ricerca del CNR, diventando il polo scientifico-tecnologico (comprendente le scienze della vita, agraria e ingegneria) più importante d'Italia e fra i più grandi d'Europa. Ebbene, proprio qui dentro il Comune di Firenze collabora con l'Università e altre istituzioni per realizzare un vero e proprio sistema di incubazione d'imprese innovative. Ancora vale la pena segnalare la collaborazione in corso fra il sistema bibliotecario universitario e quello delle biblioteche pubbliche dell'area fiorentina coordinato dal Comune di Firenze e le possibilità di sviluppo di questa collaborazione con la possibilità di attrezzare aule di studio informatizzate in ogni quartiere per dare risposta alle esigenze di spazi di studenti e cittadini. E' appena il caso di accennare all'importanza dell'Azienda Ospedaliera di Careggi nella realizzazione del progetto la Società della Salute e nella implementazione di un sistema sanitario efficiente e avanzato nella nostra regione.Naturalmente, molte sono ancora le cose da fare soprattutto in ordine al sistema dei servizi che una Università, concepita per 20.000 studenti e che ora si trova a dover rispondere a 60.000 studenti, deve erogare e che impegna necessariamente l'intera città, a partire dalla sua Amministrazione Comunale. Voglio qui evidenziare due questioni ed offrire due ipotesi di lavoro. La prima riguarda la necessità di dare rapida ed efficiente implementazione agli accordi siglati fa Amministrazione Comunale e Università degli Studi sugli investimenti strutturali e infrastrutturali: si tratta di accordi molto significativi per lo sviluppo urbanistico e funzionale della nostra città e per la modernizzazione dell'Università, ma sono anche accordi complessi che hanno bisogno della concorrenza di diverse istituzioni e soggetti (dalla Provincia alla Regione, dalle Soprintendenze statali a Autorità indipendenti o società partecipate) e di una continua sollecitazione e interazione per produrre autorizzazioni, per sincronizzare azioni amministrative, per rendere più efficienti tempi e modalità di attuazione. Individuando con precisione gli adempimenti derivanti dagli accordi sottoscritti, potrebbe essere di una certa utilità la costituzione di una sorta di Conferenza dei Servizi che coinvolga stabilmente le diverse amministrazioni pubbliche per razionalizzare e accelerare le procedure autorizzative e amministrative per dare attuazione agli accordi stessi.In secondo luogo, soprattutto a seguito della redazione del Piano Strategico per l'Area Metropolitana Fiorentina, vi è l'esigenza di avere una sede di costante coordinamento fra Amministrazione Comunale e Università degli Studi, una specie di cabina di regia analoga a quella a cui ha dato vita la Regione Toscana con i tre Atenei toscani, che dia continuità e centralità strategica a questo rapporto e consenta di programmare e verificare le collaborazioni per averne contezza, per evitare sovrapposizioni, per indirizzarle in coerenza con gli assi strategici di sviluppo definiti dal Piano Strategico e per valutarne i concreti risultati. Noi abbiamo già individuato questo strumento nella Conferenza Comune-Università stabilita dall'accordo siglato lo scorso anno: si tratta ora di strutturarlo, di renderlo un effettivo e continuativo strumento di lavoro, incardinandolo nel centro delle due istituzioni (il Sindaco e il Rettore), in modo da farlo diventare non un mero centro di documentazione che raccolga i materiali relativi alle collaborazioni che autonomamente varie parti delle due amministrazioni avviano, bensì il luogo di programmazione strategico dal quale partono gli input per dar vita alle collaborazioni necessarie allo sviluppo della città.Abbiamo di fronte un compito importante per lo sviluppo della nostra città e per mettere a disposizione di questo progetto le grandi risorse umane e di competenze che l'ateneo fiorentino contiene. La collaborazione e il coordinamento fra l'Università e la comunità in cui essa è inserita sono la nostra bussola. Jacques Le Goff, nel suo bel libretto "Gli intellettuali nel Medioevo", ci racconta come, sul finire del XIII secolo, Bologna è il luogo di un duro scontro fra l'Università e il Comune: dopo un lungo periodo di scioperi e di caratterizzato dalla "fuga di cervelli" dell'Università a Vicenza, Arezzo, Padova, Siena per fuggire alla pretesa del Comune di farne dei funzionari e limitarne l'autonomia, il Comune rinuncia agli inizi del secolo successivo, ad ogni pretesa di ingerenza sull'Università garantendone l'autonomia. Anche allora la presenza delle folle universitarie (relativamente alle dimensioni delle città di quel tempo) costituiva una posizione di vantaggio delle città, alla quale i poteri civili ed ecclesiastici non potevano rinunciare. Oggi, l'importanza di quella presenza è se possibile ancora maggiore per lo sviluppo delle città, ma la cifra che presiede all'impegno per conservarla e valorizzarla è quella della leale collaborazione e della difesa anche da parte del Comune e comunque di tutta la comunità dell'autonomia culturale e organizzativa, fondata su congrue risorse, dell'Università e della ricerca.Assessore Simone SilianiPALAZZO VECCHIO, 20 Gennaio 2003