Atene 2004, pugile palestinese a Firenze per coronare il sogno olimpico - Il sindaco Domenici: "Sarà lui a inaugurare la rinnovata palestra della Montagnola"

Atene 2004, pugile palestinese si prepara in Italia per coronare il sogno olimpico.E' di Nablus, ha vinto una bronzo ai giochi asiatici e si allena ad Assisi. Lo aiutano Federboxe, Comune e Provincia di Firenze e Regione Toscana. Ha ventisette anni, è laureto in ingegneria e da qualche mese abita in Italia. Monir Abu Kreshek è un pugile palestinese di Nablus che si sta preparando per le Olimpiadi di Atene nel centro della Federboxe di Santa Maria degli Angeli, ad Assisi. Terzo ai giochi asiatici nel 2002 nella categoria dei mediomassimi, per staccare il biglietto per Atene dovrà partecipare ad un torneo di qualificazione in Karachi, in Pakistan. Se il suo sogno potrà realizzarsi ciò sarà possibile anche grazie alla Federazione italiana, al Comune ed alla Provincia di Firenze ed alla Regione Toscana.Stamani Monir era in Palazzo Vecchio. Ad accoglierlo il sindaco Leonardo Domenici che, dopo il tradizionale "in bocca al lupo" lo ha invitato a inaugurare la rinnovata palestra della Montagnola, il presidente del consiglio comunale e vice presidente della Federboxe Alberto Brasca, l'assessore alle politiche per la casa Tea Albini, l'assessore regionale allo sport Mariella Zoppi e il presidente della Federboxe Franco Falcinelli.«Abbiamo conosciuto Monir - ha spiegato Brasca - grazie ad un articolo apparso il 2 gennaio dello scorso anno su "La Nazione" che a sua volta aveva ripreso la notizia da un ampio servizio del New York Times: si raccontava la vicenda di un giovane pugile palestinese di Nablus che, allenandosi da solo nella tragica realtà del suo paese, coltivava il sogno di rappresentare la Palestina alle Olimpiadi di Atene del 2004».«Quando abbiamo saputo che Monir aveva l'intenzione di lasciare il suo paese ed emigrare in Australia per avere l'opportunità di allenarsi seriamente - ha ricordato il vicepresidente della Federazione pugilistica - ci siamo mossi anche noi, affascinati dall'idea solidaristica di garantire un'opportunità ad un giovane condannato a vivere nell'inferno di Nablus. Consapevoli del valore simbolico che può rivestire la partecipazione alle Olimpiadi di un rappresentante del popolo palestinese, la Federazione ha avanzato l'idea di offrire ospitalità in Italia a Monir assicurandogli l'assistenza tecnica necessaria per prepararsi nelle migliori condizioni per la scadenza olimpica. Fin da ora la Federazione gli ha messo a disposizione, nel centro federale di Assisi, un bravissimo tecnico Emanuele Renzini, il responsabile della nazionale femminile. Grazie ad un protocollo di intesa fra Federboxe, Comune e Provincia di Firenze e Regione Toscana Monir Abu Kreshek, se si qualificherà per Atene 2004, abiterà i un alloggio comunale a Firenze con la sua famiglia ed otterrà un piccolo contributo economico, fondamentale per poter preparare al meglio la sfida olimpica».«Quando il presidente Brasca – ha spiegato l'assessore Albini – mi ha sottoposto il problema, ho accettato con entusiasmo. Vorrei però sottolineare che l'alloggio dove sarà ospitato non è di Edilizia Residenziale Pubblica e quindi non sarà sottratto alla graduatoria degli aventi diritto».«Qualcuno si chiede se ospitando un palestinese abbiamo voluto fare una scelta politica - ha sottolineato Brasca - no se si intende una presa di posizione di parte sulla questione medio-orientale. Non è il nostro mestiere. E del resto abbiamo un'amicizia consolidata con la Federazione israeliana e tanti atleti israeliani. Da questo punto di vista è una scelta casuale, determinata di fatto da un articolo di giornale. Lo avremmo fatto anche per un atleta di altra nazionalità che si fosse trovato in analoghe condizioni di svantaggio. In un senso più generale potremmo rispondere di sì. Perché abbiamo voluto onorare lo spirito olimpico e lo spirito olimpico è anche un messaggio politico. Ed è un messaggio alto, di grande valore: tutti gli uomini, di differenti etnie, di differenti paesi, di differenti religioni, di differenti ideologie, tutti hanno diritto di partecipare ad "armi pari" o, meglio, senza armi, ed in spirito di amicizia alla gare. E tra questi hanno diritto di esserci anche i ragazzi palestinesi. Lo spirito olimpico è un cardine fisso della nostra politica sportiva. Le olimpiadi non sono soltanto un grande spettacolo di sport. Sono prima di tutto questo grande messaggio di civiltà: una "città del sole" dove gli uomini e le donne, con le loro differenze, radunati proprio per competere tra loro, riescono a farlo nel rispetto delle regole e in spirito di amicizia e solidarietà. Volesse il cielo che lo spirito olimpico contagiasse il mondo». (fn)