Manifestazione contro il terrorismo, l'intervento del sindaco Domenici
Questo l'intervento del sindaco Leonardo Domenici, in occasione della manifestazione contro il terrorismo organizzata stamani al Palasport dai sindacati Cgil Cisl e Uil."Quando è stata indetta questa manifestazione, nessuno di noi avrebbe immaginato che si sarebbe svolta all'indomani dei funerali delle vittime dell'attentato in Iraq, che ha provocato la morte di 19 nostri connazionali. Una tragedia che ha suscitato una forte emozione e sentimenti profondi negli italiani, un senso di appartenenza alla comunità nazionale. Ma non solo di patriottismo si è trattato. Si è soprattutto riconosciuto e capito quanto fosse serio l'impegno di militari e civili italiani al servizio della gente dell'Iraq. Perché eravamo in quella palazzina quasi indifesa, al centro della città di Nassiryia? Perché si è tentato di stabilire un rapporto diverso con la popolazione irachena, si è tentato di interpretare in maniera originale la nostra presenza laggiù. Ed è importante che il generale Cornacchione, comandante della forze militari italiane in Iraq, dica oggi in una intervista che comunque gli italiani non si chiuderanno in un 'forte blindato', non ci sarà separazione dalla popolazione locale. Certo, i terroristi non hanno fatto distinzione fra i militari italiani e gli altri. Su questo occorre riflettere. Occorre riflettere cioè su come si combatte efficacemente il terrorismo internazionale, perché oggi vediamo che la guerra in Iraq non è servita né ad arrestare Saddam e Bin Laden, né a fermare il terrorismo: anzi, rischia di fortificarlo e unire le varie e più lontane fazioni irachene. Occorrono strumenti adeguati per combattere il terrorismo, forse una intelligence' o una polizia internazionale, sicuramente anche un coordinamento tecnico a livello mondiale. Certamente una molteplicità di iniziative volte a ricostruire, a portare sviluppo e speranza laddove ci sono solo povertà e disperazione"."Certo, oggi è facile generalizzare, perché anche il terrorismo si globalizza. Ma noi dobbiamo fare attenzione e non ridurre tutto ad una indistinta omogeneità, perdendo di vista le specificità dei diversi terrorismi. Dobbiamo cogliere, per esempio, il alto di qualità rappresentato dal terrorismo suicida' (uccidere se stessi pur di uccidere gli altri). Ma non dobbiamo farci condizionare dai superficiali tentativi di collegamento fra i vari terrorismi, dalle analisi rozze e deliranti della Lioce sulla resistenza irachena'. Per battere il terrorismo occorre anche saper distinguere e trovare le forze e i modi giusti per rispondere e per mobilitarsi. Ed oggi è importante essere qui, con una manifestazione unitaria, con l'obiettivo di isolare i terroristi e sradicare questa malapianta. Dobbiamo ricordare la follia e l'assurdità della lotta armata nel nostro paese. Per questo vorrei che da qui, oggi, partisse una iniziativa rivolta soprattutto ai giovani, a quei giovani che in quegli anni non erano neppure ancora nati. Per far capire cosa è stato il terrorismo stragista negli anni '70 ed '80, per ricordare le vittime, per dare ad esse dei nomi e dei volti: 428 morti dal '69 all'88, 128 di essi uccisi dalle Br. Per spiegare chi erano, cosa facevano, di che cosa erano colpevoli: persone uccise da gruppi che credevano (e credono) di essere avanguardia, mentre invece la loro clandestinità li ha portati (e li porta) a vivere segregati, a nutrirsi di allucinazioni, separati dal mondo esterno e dalla vita reale. Parliamo di questo ai giovani. Facciamo partire da questa manifestazione una campagna per creare una forte coscienza democratica diffusa. Una campagna di discussione, di approfondimento, di confronto sul terrorismo e contro il terrorismo, sulle sue cause, sugli strumenti per combatterlo, andando nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro.Dobbiamo ricordare che il terrorismo si combatte anche e soprattutto difendendo, rafforzando, estendendo la democrazia. Proprio perché vogliamo che di democrazia e di libertà ce ne siano di più e per tutti. In fin dei conti è questo che vorrebbero tutti i terroristi: spingerci ad essere come loro, rinunciare alla democrazia, portarci sul terreno della loro barbarie. Smarrire il riferimento alla democrazia come metodo che permette al conflitto di esprimersi senza sfociare nella violenza cieca e fine a se stessa.Ecco perché è importante che questa giornata sia stata organizzata dal sindacato, che rappresenta il lavoro e la società. E guai a confondere la lotta sociale e il terrorismo, guai ad abbassare la guardia verso i seguaci della lotta armata e il loro tentativo di confondersi nella massa, fra la gente.Proprio per questo è importante questa partecipazione unitaria. Perché chi ha deciso di venire qui, oggi, ha riconosciuto al sindacato, nel sindacato un punto di riferimento fondamentale e un baluardo nella lotta contro il terrorismo e per la democrazia. Il sindacato, colpito esso stesso da varie forme di violenza terroristica. Ricordiamo Guido Rossa, ricordiamo piazza della Loggia, ricordiamo Massimo D'Antona, visto come esponente di spicco dell'equilibrio dominante, cerniera politico-operativa del rapporto fra esecutivo e sindacato confederale; ricordiamo Tarantelli e Marco Biagi, tutte figure impegnate nel mondo del lavoro, anche se con punti di vista diversi, tutti annullati nella logica della violenza omicida.E' importante anche che questa risposta e questo messaggio vengano da qui, da Firenze e dalla Toscana, terra di democrazia e di civiltà, terra dove esiste un tessuto sociale forte, che sa rispondere alla violenza. Questa è la città di Lando Conti e dell'agente Fausto Dionisi; è la città che si è ritrovata in piazza dopo l'attentato alle Torri gemelle, è la città che ha ricordato con il presidente Ciampi il decennale della strage dei Georgofili; è la città che un anno fa ha ospitato il Social Forum Europeo, con la più grande e pacifica manifestazione che si ricordi, un evento in cui era forte lo slancio vitale e la domanda di pace e in cui non c'erano l'odore di morte e la miseria etica e politica di chi si propugna la lotta armata; è la città che ha visto spuntare migliaia di bandiere della pace a terrazze e balconi e che ha esposto il tricolore per i funerali delle vittime di Nassiriya, due simboli insieme senza contraddizione.Firenze è la città che vuole contribuire alla crescita della democrazia e alla costruzione della pace. Vorrei che dalla città dell'umanesimo venisse oggi un messaggio ancora più di fondo, e vorrei che ascoltaste con attenzione. Un messaggio per far prevalere un vittorioso senso di umanità, per realizzare un percorso sociale che non deve essere macchiato di sangue innocente, né tormentato da superfluo dolore'. Sono le parole di papa Paolo VI nella lettera inviata agli uomini delle Br durante il rapimento di Aldo Moro, il 21 aprile 1978. Parole allora inascoltate, ma che lasciano il segno di una intensa emozione e ci richiamano al senso di comune appartenenza, di convivenza pacifica, di valore e di rispetto per quella vita umana che invece il terrorismo, la violenza, la paura ottusamente disprezzano. Noi non vogliamo la morte, vogliamo la vita. Non vogliamo le tenebre, vogliamo la luce. E per questo continueremo a lottare con la tenacia della ragione e con la speranza indistruttibile che possiamo costruire un futuro migliore". (ag)