A Tahar Ben Jelloun il premio della Città di Firenze per la sua opera letteraria

Tahar Ben Jelloun, lo scrittore di origini marocchine, domani pomeriggio riceverà il premio donato dalla Città di Firenze "per la sua opera letteraria e il suo impegno a favore della reciproca conoscenza fra culture diverse". "Litteris Servabitur Orbis": il mondo sarà salvato dalle lettere.Questa la motivazione del premio che si legge sul piatto d'argento che domani alle 17,00 il sindaco Leonardo Domenici consegnerà a Tahar Ben Jelloun nella Sala de' Dugento di Palazzo Vecchio.Alla cerimonia parteciperanno anche l'assessore alla cultura Simone Siliani e il presidente del Gabinetto Viesseux Marcello Fazzini.Questa la nota biografica dello scrittore.Tahar Ben Jelloun. Poeta, romanziere e saggista. Nasce il 1° dicembre del 1944 a Fès in Marocco. Riceve il Premio Goncourt nel 1987 per la Nuit Sacrée. Erede di una doppia cultura, araba e francese, Ben Jelloun compie gli studi di filosofia all'università di Rabat e scrive il suo primo poema, l'Aube des dalles, sotto l'effetto di una "ferita", quella della repressione brutale delle manifestazioni popolari del marzo 1965 a Casablanca.Influenzato dalla poesia surrealista, in seguito da Baudelaire, Verlaine e Rimbaud ma anche da Nietzsche, Maiakovski, Nazim Hikmet e dai cineasti Bunuel, Fellini e Ozu, Ben Jelloun collabora alla rivista Souffles dal 1968 al 1970.L'arrivo a Parigi nel 1971 consente all'artista di allargare le proprie fonti d'ispirazione. Nel 1975 Ben Jelloun sostiene una tesi in psichiatria sociale da cui trae l'ispirazione per un saggio, La plus haute des solitudes (1977) sulla solitudine sessuale e affettiva dell'immigrato e per un romanzo-poema della disperazione, La Réclusion solitarie (1976); riflessioni che andranno diversificandosi, inserendosi nella denuncia dei nuovi corporativismi nazionali (Moha le fou, Moha le sage, Seuil, 1978), del razzismo (Hospitalité francaise, Seuil, 1984) e di tutte le forme d'oppressione compresa la mafia (L'Ange aveugle, Seuil, 1992).Un nuova problematica che si basa sulla richiesta d'identità, si sviluppa all'interno dei grandi racconti: introspezione, interrogazione sullo scrittore e la scrittura. Senza rinunciare alla cultura e alle forme della letteratura magrebina (retorica dell'oralità, racconti, metaforizzazioni onirismo e immaginario), Ben Jelloun condivide il progetto dello scrittore moderno. Quale che sia in effetti il pretesto narrativo come una traversata immaginaria nel Marocco (La Prière de l'absent, Seuil, 1981), una semiautobiografia (L'Ecrivain public, Seuil, 1983) oppure la rilettura di una vita (Jour de silence à Tanger, Seuil, 1990), il narratore esprime la solitudine esistenziale, il senso della memoria, la fuga dalla realtà e l'irreversibilità della parola.Dall'Italia lo scrittore marocchino ha tratto l'ispirazione per alcune delle sue opere come L'Ange aveugle, l'Auberge des pauvres e Labyrinthe des sentiments. Per il romanzo Il razzismo spiegato a mia figlia (1998) Ben Jelloun ha ricevuto il Global Tolerance Award dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan.Fra le opre più recenti ritroviamo L'Islam spiegato a mia figlia (2001) e dopo i grandissimi successi nel campo della saggistica divulgativa, Tahar Ben Jelloun ritorna ora al pubblico italiano con due libri in edizione italiana: Amori stregati (ed. Bompiani) e La bella addormentata (Fabbri Editori). (uc)