Di Giorgi (Margherita): «Consiglio comunale straordinario sull'università»

Consiglio comunale straordinario sull'università. Lo chiede la consigliera della Margherita Rosa Maria Di Giorgi.«Il prossimo 1 novembre il nostro ateneo compie 80 anni – ha ricordato la Rosa Maria Di Giorgi – Firenze, grazie alla sua università, può contare su un prestigio enorme e su un capitale umano di straordinaria potenzialità. Questa occasione potrò essere non solo un modo per festeggiare questa importante ricorrenza, quanto per valorizzare e far conoscere meglio l'università al consiglio comunale che è il cuore di Firenze. In questi giorni si svolge, presso l'aula magna, un convegno che ripercorre la storia della nostra università e dei suoi maggiori esponenti che in tutte le discipline l'hanno fatta grande».«L'ateneo fiorentino – ha aggiunto la consigliera della Margherita – deve essere maggiormente coinvolto nelle iniziative strategiche città. E' importante che il patrimonio delle competenze scientifiche presenti in città venga utilizzato dalla nostre amministrazioni e diventi strumento di sviluppo per tutto il territorio. L'amministrazione comunale deve diventare interlocutore attivo dell'università, cercando di mettere a disposizione le infrastrutture necessarie per il consolidamento e lo sviluppo dei due poli di Sesto e Novoli, dai trasporti al verde pubblico delle aree, ai servizi per gli studenti. Parlare di tutto questo in consiglio comunale servirà a riportare al centro dell'attenzione tutti i problemi del nostro ateneo».«Ma sarà anche un momento per discutere della riforma Moratti – ha aggiunto Rosa Maria Di Giorgi - la situazione è molto grave: nel nuovo disegno di legge la ricerca scomparirà definitivamente dalle università, finendo mercificata nelle mani dei laboratori di ricerca privati. Con l'introduzione dei contratti a termine di durata massima di otto anni inoltre, si aggiungerà la molla della precarizzazione ai già molti motivi che spingono i migliori ricercatori italiani a cercare impiego all'estero.Non possiamo rimanere inermi di fronte a una riforma i cui risultati principali sono costituiti da una minore ricerca istituzionale e più precariato per tutti». (fn)