La Toscana dopo la Liberazione: in Palazzo Vecchio gli storici raccontano

Nell'autunno del 1944 i magistrati in servizio in Toscana furono posti sotto osservazione e, una parte fu messa alla sbarra, a causa del loro coinvolgimento con il regime dittatoriale fascista. Negli stessi mesi si assistette un fenomeno parallelo e per certi aspetti simile: si selezionarono sia magistrati idonei a continuare la carriera, sia dei candidati, spesso avvocati e procuratori o semplici laureati in giurisprudenza, aspiranti giudici di cui la società italiana aveva bisogno per istruire i vari processi contro i fascisti.E' quanto è emerso ieri pomeriggio durante il convegno «Toscana 1944-1946: dalle rovine alle speranze» che si è tenuto ieri a Palazzo vecchio. L'iniziativa è stata organizzata dall'assessorato alla cultura, dalla presidenza del consiglio comunale e dall'istituto storico della Resistenza.La novità è emersa nella relazione di un giovane ricercatore dell'università di Padova, Giovanni Focardi, dal titolo «Toghe nere alla sbarra: i magistrati tra epurazione e ricostruzione dell'apparato giudiziario».Sulla base di fonti archivistiche inedite, in particolare quelle sui fascicoli personali dei magistrati e quelle sull'organizzazione e il funzionamento della Corte d'appello toscana, Focardi ha tentato una prima, parziale, analisi di quanti giudici, e come, sono stati coinvolti nelle sanzioni per l'epurazione, negli anni 1944-46, fornendo delle prime cifre sul fenomeno.Nel suo intervento Matteo Mazzoni, dell'istituto storico della Resistenza, ha sottolineato come la stampa locale, particolarmente ricca e diffusa nel periodo 1944-'46 nel contesto regionale, sia stata una fonte storica importante per approfondire lo studio di quella fase storica così complessa. «Tanto più – ha spiegato lo studioso fiorentino – che proprio la stampa svolge in quegli anni una funzione significativa nel processo di guida e di indirizzo con cui i partiti cercano di "conquistare" il consenso delle masse e guidarle all'interno della nuova fase storica che si apre dopo la fine della guerra. Periodici e i quotidiani mostrano, accanto alla tendenza all'esaltazione propagandistica della propria parte politica, la volontà di costruire e diffondere un sistema di regole comuni con cui "educare" gli italiani alla convivenza civile, formando una nuova identità comunitaria, secondo un processo dialettico dagli esiti incerti, che sarà nel periodo successivo sempre più condizionato dalla divisione ideologica del paese nel contesto della guerra fredda, ma che tuttavia in questa fase offre, grazie all'azione della stampa, importanti testimonianze».Con la sua relazione Agostino Bistarelli, della giunta centrale per gli studi storici, ha cercato di far luce sulla partecipazione diretta agli organismi politici e amministrativi della nuova Italia, e più in generale alla vita politica, di coloro che avevano preso parte concretamente alla Resistenza, in tutte le sue varie forme e componenti. L'analisi delle liste e degli eletti alla Costituente e dei risultati delle elezioni amministrative del 1946 è così vista per verificare due aspetti della ricomposizione del tessuto civile e sociale del dopoguerra: le modalità di ricucitura del percorso esistenziale degli ex combattenti dal punto di vista del protagonismo politico, l'assunzione dell'esperienza resistenziale come uno dei valori fondanti della Repubblica. Bistarelli ha illustrato il "caso Toscana" nel contesto del quadro nazionale sia per quello che riguarda i risultati delle forze politiche che dei vari candidati, cercando di utilizzare i percorsi personali di eletti e non come chiave per l'interpretazione di nodi storiografici più generali, come quello del rapporto tra continuità ed innovazione dell'apparato statale e amministrativo, delle caratteristiche del nascente sistema dei partiti, del rapporto tra società civile e Stato. Il dato biografico e le strategie politiche dei sindaci della liberazione e dei costituenti toscani sono serviti per chiarire la peculiare alternanza tra entusiasmo e disillusione, protagonismo e riflusso, che ha segnato gran parte della generazione antifascista nel periodo della ricostruzione. Sono stati esposti alcuni casi locali, tra i quali quello di Lucca, centro che si distingue dalle dinamiche generali della regione. (fn)