Si è aperta con un convegno in Palazzo Vecchio la settima edizione della "Giornata per la solidarietà consapevole"
Assunzione di responsabilità come premessa per un cambiamento della politica internazionale. E' l'invito lanciato dall'assessore regionale alla cooperazione internazionale Massimo Toschi dal convegno, svoltosi questa mattina nel Salone dei Duecento di Palazzo Vecchio, "L'Africa ci salverà".L'iniziativa rientrava nell'ambito della settima edizione di "Firenze per..." la "giornata per la solidarietà consapevole", quest'anno dedicata a Tiziano Terzani, a cui partecipano 137 associazioni impegnate nella cooperazione. Nel corso della giornata saranno raccolti fondi per progetti di solidarietà. La manifestazione, curata dal "Collettivo Specola", ha ottenuto il patrocinio della Regione, della Provincia e del Comune di Firenze.Nel suo intervento al convegno l'assessore Toschi ha sottolineato l'esempio del Sudafrica: «in un mondo, dove sembrava impossibile una strategia alternativa alla violenza per regolare i conflitti ha spiegato è stata possibile una transizione pacifica dal regime dell'apartheid alla democrazia. I sudafricani hanno avuto il coraggio di affrontare i massacri e le violenze disumane del deposto regime con uno spirito di autentica pacificazione senza cedere a vendette ma neppure ignorando il passato concedendo un'amnistia generale». «Il perdono ha commentato Toschi è possibile solo nel rispetto della verità. In Sudafrica, grazie alla "commissione per la verità e la riconciliazione", le vittime o i loro parenti potevano per la prima volta raccontare le violenze subite ed essere ascoltati, gli oppressori potevano ricevere l'amnistia in cambio dell'intera verità. Grazie al pentimento degli assassini e al perdono concesso dai familiari delle vittime nasceva la possibilità di un futuro di pace. Il perdono è necessario per cambiare la politica attuale che giustifica la guerra e usa rapporti violenti».«Il destino dell'Africa non può e non deve essere messo nelle mani degli altri ha commentato Jean-Leonard Toudì, redattore di "Nigrizia" non tanto perché noi africani siamo diffidenti: è la dura lezione della storia che ci raccomanda quanto meno prudenza e discernimento. Perché ogni volta che l'Africa e gli africani sono stati costretti ad abbandonare nelle mani degli altri il loro destino, i risultati sono stati tragici. Ai nostri amici sinceri chiediamo di fare un passo indietro per lasciarci passare in modo che siamo noi ad indicare la "danza e il ritmo" e loro a "ballare" insieme a noi. Chiediamo di smettere di essere la nostra voce perché noi una voce ce l'abbiamo ma non riesce ad imboccare un solo microfono giusto che porti lontano l'eco delle nostre istanze di giustizia. Essere a nostro fianco oggi significa comprendere e collaborare ad estirpare le "strutture di peccato" che sfigurano il volto dell'umanità e l'armonia della natura. Ecco perché l'Africa è lo specchio della nostra storia e del nostro presente. Lo specchio di un disordine del mondo che richiede con urgenza nuovi demiurghi per traghettare il nostro destino collettivo verso orizzonti di pace nella giustizia. In questa ricerca dagli esiti incerti, ciascun popolo deve assumere il carico del suo destino locale con la mente e il cuore dilatati alle dimensioni del mondo. Parlare dell'Africa è parlare di tutti noi perché come lo diceva un saggio africano: "Non abbiamo avuto lo stesso passato ma siamo condannati allo stesso futuro"». (fn)