I grandi dell'architettura a Firenze: oggi a Palazzo Vecchio l'incontro con Peter Eisenman
Dopo Norman Foster, Yona Friedman e Bernard Tschumi, il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio ha oggi ospitato l'incontro con un altro "grande" dell'architettura contemporanea. Si tratta di Peter Eisenman, l'autore del memoriale dedicato agli ebrei europei inaugurato qualche giorno fa a Berlino. A lui è infatti dedicato il secondo incontro della stagione 2005 dell'Osservatorio sull'Architettura, l'iniziativa promossa dalla Fondazione Targetti con il contributo dell'assessorato all'urbanistica. A fare gli onori di casa l'assessore all'urbanistica Gianni Biagi. "E' ormai diventata una piacevole tradizione trovarsi qui, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, per ascoltare le parole di chi sta scrivendo la storia dell'architettura contemporanea ha dichiarato l'assessore Biagi - Si tratta di incontri importanti per i quali ringraziano Paolo Targetti e la Fondazione Targetti: importanti perché è un modo per ricordare che accanto all'architettura del passato, di cui Firenze è ricchissima, esiste una architettura del presente con cui le città devono confrontarsi. A Firenze questo dibattito sull'architettura contemporanea viene alimentato sia con incontri come questi sia con interventi sul campo".L'evento di oggi, curato da Pino Brugellis e Giovanni Damiani, è il primo incontro pubblico dopo l'inaugurazione del Memorial to the murdered Jews of Europe. Eisenman ha accettato la sfida lanciata da giovanissimi critici italiani di lasciarsi interrogare sui suoi ultimi lavori nell'ambito di una sorta di seduta psicanalitica pubblica volta a cogliere, attraverso i suoi lavori, ciò che accomuna tutti gli esseri umani al di là della storia e del tempo.Peter Eisenman (1932), vincitore del Leone d'Oro alla carriera all'ultima Biennale di Venezia, è senza dubbio una del figure più interessanti e intriganti dell'architettura internazionale. L'intellettuale americano, considerato dalla critica come il più concettuale degli architetti, con i suoi costrutti teorici ha rappresentato e continua a rappresentare un punto di riferimento per molte generazioni. Le sue realizzazioni - intellettualmente sofisticate e di non facile lettura - hanno sempre suscitato clamore e sconcerto. Quella di Eisenman, infatti, è un'architettura non immediata, difficile anche da fotografare o da cogliere con lo sguardo; un'architettura che per svelarsi ha bisogno del rapporto diretto dell'esperienza; pensata come la scrittura di un possibile testo, si pone fuori dai confini della storia, rimandando ininterrottamente all'alterità, dove le assenze sono più importanti delle presenze.Il 10 maggio si è inaugurato a Berlino il suo memoriale all'olocausto, un lavoro in cui l'ossessione della ripetizione porta con se il grido muto della follia. L'opera, che ha suscitato nella stampa internazionale non poche polemiche, è un lavoro sulla perdita di senso: un grande labirinto neutro, gelido e violento la cui vista suscita nel fruitore lo stesso senso di estraniazione e di angoscia di Eisenman, un ebreo che si trova a fare i conti con la storia dell'eccidio del suo popolo: un popolo alla continua ricerca di un luogo, un luogo che non è la prossimità data bensì quella promessa. (mf)