Firenze ricorda solennemente il 61° anniversario della Liberazione nazionale, il sindaco Domenici: "Dal 25 aprile un messaggio per la difesa dei valori e dei principi della Costituzione"

La difesa dei valori e dei principi della Carta Costituzionale, il diritto di voto alle donne nel referendum del 1946 su monarchia e Repubblica e per l'Assemblea Costituente e il loro contributo nella lotta per la Liberazione. Sono questi i principali temi affrontati dal sindaco Leonardo Domenici nel suo saluto durante la cerimonia solenne di celebrazione del 61° anniversario della Liberazione nazionale, in un Salone dei Cinquecento particolarmente gremito. Il sindaco Domenici ha però voluto iniziare ricordardando Orazio Barbieri, scomparso il 27 marzo scorso: "Orazio è stato tante cose, partigiano, combattente per la libertà, dirigente politico, amministratore. E' stato un amico, per me e per molte delle persone che oggi sono qui e che lo hanno conosciuto e stimato per il coraggio delle proprie idee e per la coerenza dei propri comportamenti. La sua scelta, maturata in giovanissima età, di stare dalla parte della libertà, della giustizia, abbracciando quei valori che il regime fascista aveva completamente sradicato dalla vita politica e civile - ma non dalle coscienze di molti italiani - comportava rischi e sacrifici. Significava affrontare le condanne del tribunale speciale, il carcere, la clandestinità. In alcuni casi: la morte. A lui dedicheremo il museo della Liberazione che realizzeremo all'interno bell'ex carcere delle Murate". E ha ricordato il conferimento da parte del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi di medaglie d'oro al valor civile a numerose personaggi, enti e associazioni della Toscana. In particolare a Gino Bartali e al Comune di Greve in Chianti."Oggi – ha detto ancora il sindaco Domenici – celebriamo il 25 aprile. Nell'anno in cui si ricorda l'elezione della Assemblea Costituente, l'anniversario della Liberazione si presta a considerazioni di particolare attualità. Dopo i tragici anni della dittatura, sessanta anni fa, fu restituito alla nuova democrazia il presidio forte e autorevole di un'assise eletta direttamente e liberamente da tutti i cittadini, uomini e donne, uguali nell'esercizio del massimo diritto democratico. Nella difficile quanto straordinaria opera svolta dai Costituenti, nella definizione delle regole fondamentali della nostra democrazia, possiamo riconoscere il modo con cui gli italiani seppero reagire alla barbarie. In quelle regole, nei loro valori portanti, nei principi che ne sostenevano l'impianto politico e giuridico, ritroviamo l'ispirazione e l'insegnamento degli ideali della Resistenza. Le dure esperienze vissute nei decenni precedenti, la lezione derivata dai processi storici culminati nel secondo conflitto mondiale, fecero maturare un terreno comune e resero possibile una confluenza tra le differenze culturali e politiche presenti nel paese".Poi il ruolo delle donne. "Alla elezione dell'Assemblea Costituente, per la prima volta nella storia d'Italia, le donne ebbero diritto di voto – ha aggiunto il sindaco – Questo diritto ad essere protagoniste della vita politica del paese, le donne se lo sono conquistato partecipando alla Resistenza. Alcune cifre: 35. 000 partigiane, 4.653 arrestate e torturate, 2.750 deportate, 16 medaglie d'oro, 17 medaglie d'argento, 2.900 fucilate o cadute in combattimento. Questo fu il contributo prezioso - e pagato a carissimo prezzo - delle donne alla guerra di Liberazione. Alle donne dell'antifascismo e della Resistenza è toccato un compito difficile e grande, che è servito non solo alla libertà del nostro paese, ma anche ad andare avanti sulla strada dell'emancipazione femminile".In conclusione un accenno al futuro, alle necessarie riforme istituzionali: "Il mio auspicio è che si possa operare in ottica più aperta possibile, la più capace di raccogliere consenso e di coinvolgere la società. Non più riforme a maggioranza, ma la possibilità di lavorare insieme, anche con le forze sociali, economiche, culturali, vive del Paese, per cercare di far funzionare al meglio le nostre istituzioni. Rivedendo ciò che non va nella parte che riguarda l'ordinamento istituzionale. Per arrivare a questo è necessaria una espressione popolare che personalmente mi auguro possa farci ripartire in questo confronto, eliminando la recente riforma costituzionale che è stata approvata dal Parlamento e che a mio avviso non mette le istituzioni nelle condizioni di funzionare al meglio e di essere al servizio dei cittadini".Al termine del saluto del sindaco Domenici hanno preso la parola Mario Leone, in rappresentanza delle organizzazioni antifasciste e della Resistenza e Miram Mafai ha tenuto l'orazione ufficiale (in allegato l'intervento).La giornata di celebrazioni è iniziata in piazza dell'Unità d'Italia, dove sono state deposte corone di alloro al monumento ai caduti da parte del sindaco Domenici e delle altre autorità civili e militari. Assieme ai gonfaloni del Comune di Firenze, della Provincia di Firenze con l'assessore Alessandro Lo Presti, della Regione Toscana con la consigliera Alessia Petraglia, la bandiera del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale del Corpo Volontari della Libertà e i labari delle associazioni dei partigiani. Erano presenti anche rappresentanze del 78° reggimento Lupi di Toscana, della Scuola di Guerra Aerea, della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia Municipale. Sono state lette preghiere della chiesa cattolica da padre Umberto Rufino, della chiesa evangelica dal pastore Raffaele Volpe e della comunità ebraica dal rabbino Umberto Sciunnach. Oltre al sindaco Domenici erano presenti gli assessori Tea Albini, Daniela Lastri, Gianni Biagi, Graziano Cioni, Lucia De Siervo, Eugenio Giani, Cristina Bevilacqua, Riccardo Nencini, il presidente del consigli comunale Eros Cruccolini, numerosi consiglieri comunali e parlamentari, lavice-prefetto Fiorella Fasano.A chiusura delle celebrazioni nel pomeriggio, in piazza Signoria, un concerto della Filarmonica Rossini. (fd)Orazione ufficiale di Miriam MafaiNoi celebriamo oggi insieme due date, il 25 aprile e il 2 giugno: il giorno della Liberazione e quello che, vide gli italiani e, per la prima volta anche le italiane votare per scegliere tra Monarchia e Repubblica e darsi una nuova Costituzione.Di quegli avvenimenti che risalgono ad oltre 60 anni fa, noi, o meglio molti di noi qui presenti, siamo gli ultimi testimoni. E' giusto dunque dare a noi la parola, ma spetta a noi evitare il pericolo del reducismo, della nostalgia quasi quell'Italia di sessant'anni fa fosse, a differenza di quella di oggi, un paese tutto unito attorno agli ideali della Resistenza e della Repubblica. Non era così. Anche quell'Italia era divisa.Basti, a ricordarlo il fatto che da Roma in giù, persino nella nostra capitale fu la Monarchia compromessa con il fascismo e non la Repubblica, a raccogliere il 2 giungo del 1946 la maggioranza dei consensi. La nostra storia è una storia complessa, lacerata, divisa. Come la storia del resto di tutti i paesi d'Europa, la cui unità è frutto di lotte e divisioni anche assai aspre.Ma tutte le grandi nazioni democratiche oggi si reggono su una salda memoria e condivisone della propria storia. Valga per tutti l'esempio della Francia che celebra unita il suo 14 luglio e la memoria della grande Rivoluzione che non fu certo meno tragica e dolorosa della nostra Resistenza. Da noi questo processo di unificazione della memoria e della storia, attorno al nucleo essenziale della Resistenza al fascismo non è ancora, a sessant'anni da allora, del tutto compiuto. Ha conosciuto momenti di forte condivisione. Ricorderò in questo senso gli eventi del luglio 1960 e la battaglia contro il governo Tambroni sostenuto alla Camera dai voti dei fascisti. Ma anche, in anni recenti, fasi di appannamento e oscuramento. Basterebbe ricordare in questo senso. La programmatica assenza in tutti questi anni dell'onorevole Berlusconi dalle cerimonie in memoria del 25 aprile. Non saremo mai abbastanza grati, invece, al presidente Carlo Azeglio Ciampi che con autentica e tenace passione si è adoperato, nel suo lungo settennato per esaltare la memoria e l'importanza della battaglia antifascista e della Resistenza.Il 25 aprile, che oggi celebriamo insieme è e resta, come ci ricorda il presidente Ciampi, la data cardine nella nostra storia di cui essere orgogliosi. La Resistenza, l'Insurrezione, il 25 aprile segna nel nostro paese. La sconfitta della dittatura fascista e della occupazione tedesca rende possibile la vittoria della Repubblica e la convocazione di una Assemblea Costituente che disegnerà i caratteri fondamentali della nostra democrazia.Ed è per me motivo di soddisfazione e di orgoglio celebrare questa data qui a Firenze, la prima città d'Italia nella quale la liberazione fu, nell'agosto del 1944, opera dei fiorentini stessi, dei patrioti della città e dei partigiani discesi dai monti.Onore dunque a quelle bandiere, ai protagonisti e ai reduci di quelle battaglie, agli ultimi testimoni di quelle drammatiche vicende, che vedo qui presenti. La nostra Costituzione è il frutto di quella Resistenza, frutto di un compromesso, certamente, tra uomini e donne di diverso orientamento politico, ma di un compromesso alto, nel senso più vero della parola: compromesso come "promettere insieme".E agli italiani ed alle italiane venne promessa, e garantita, con quella Costituzione una società democratica nella quale a tutti, uomini e donne fosse data la possibilità di vivere insieme sotto il segno della uguaglianza, la democrazia, la libertà. Una Costituzione che porta questo segno, nata da tante battaglie e sacrifici non può essere modificata solo da una parte politica, foss'anche maggioritaria. Ci sono diritti e principi che non possono essere sottoposti a votazione. E tra questi c'è l'unità del nostro paese, frutto di tante lotte e sacrifici. E, con l'unità del paese, l'uguale trattamento dei cittadini dovunque la sorte li abbia fatti nascere. La cosiddetta "devolution" votata nel corso dell'ultima legislatura sotto il ricatto della Lega attribuisce invece alle singole regioni legislazione esclusiva su una serie di materie tra cui la sanità e la scuola, con un evidente rischio di creare cittadini che godranno di maggiori o minori diritti e possibilità a seconda delle regioni alle quali appartengono. Anche per questo, mentre celebriamo il 25 aprile e il 2 giugno, date fondative della nostra unità nazionale e di quella Costituzione di cui siamo giustamente orgogliosichiediamo agli italiani di respingere con il loro voto il prossimo giugno, quel tentativo di rottura dell'unità nazionale del principio di uguaglianza che furono l'esito migliore della nostra Resistenza.