Ipab, Alessandri (AN): «Tutelare l'autonomia di queste realtà»
Questo il testo dell'intervento del consigliere di Alleanza Nazionale Stefano Alessandri:«La Giunta regionale, con la legge sulle IPAB, ha ottenuto un risultato che nemmeno Crispi, nel 1890, quando fece passare sotto il controllo pubblico, in tutta Italia, decine di migliaia di Misericordie, di Confraternite e di altri sodalizi con finalità religioso-educativo-assistenziali, era riuscito a conseguire: quello di consegnare le IPAB, che, salvo deroghe, sono tenute a trasformarsi in Aziende pubbliche di servizi alla persona, nelle mani dei Comuni, i quali infatti avranno il potere di nominare la maggioranza dei membri in tutti i consigli di amministrazione. Un vera e propria prevaricazione nei confronti della tanto declamata autonomia statutaria di queste Istituzioni ed anche un inaccettabile mancato rispetto della stessa volontà dei fondatori, spesso benemeriti benefattori che avevano devoluto il proprio ingente patrimonio, ma con la chiara volontà di non farlo gestire in maniera esclusiva proprio dalle amministrazioni comunali.Si tratta di una scelta gravemente "destabilizzante" per l'intero sistema assistenziale, del quale le IPAB sono parte essenziale.Le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (Ipab) sono state generate dalle prime manifestazioni di sentimenti caritativi verso i poveri ed i bisognosi e quindi il loro sviluppo nel tempo è intimamente connesso alla carità cristiana. La rilevanza di queste gloriose istituzioni sta tutta nella loro storia secolare e nella ispirazione fondativa finalizzata esclusivamente al sostegno degli indigenti.L'evoluzione sociale ha portato nel tempo ad un inserimento della carità e della beneficenza in un contesto meno spontaneistico e più organizzato che nel secolo scorso ha determinato la pubblicizzazione delle IPAB con l'unico scopo di sottrarle all'ingerenza della Chiesa e quindi senza alcun disegno di sviluppo e di promozione di queste istituzioni. La legge Crispi del 1890 sulle IPAB determinò questo passaggio (travolto un secolo dopo dalla sentenza della Corte Costituzionale, che consentì alle IPAB di potersi "privatizzare" a partire dal 1990).Il sistema delle IPAB si è quindi consolidato in questi ultimi anni con istituzioni che hanno mantenuto il carattere pubblico, (con il controllo quindi prima degli Organi Statali e poi degli Organi Regionali) mentre la prevalenza delle altre si è privatizzata (si è passati in campo nazionale dalle 32.000 istituzioni pubbliche del 1930 alle 4.000 attuali).Questa è dunque la situazione delle Ipab che viene portata in dotazione al nuovo sistema integrato di interventi e servizi sociali configurato dalla legge di riforma dell'Assistenza Sociale 8 novembre 2000, n. 328, di cui il riordino delle IPAB costituisce uno dei temi centrali.Le IPAB attualmente attive (come da censimento anno 2002 della Regione Toscana) hanno una presenza territoriale molto diffusa (con punte di alta presenza nelle province di Arezzo, Siena e Firenze) che esprime il forte legame con le comunità locali che le hanno generate.La loro attività è indirizzata in prevalenza verso i servizi socio-assistenziali (residenziali e non residenziali), ma non mancano attività anche nel campo dei servizi socio-educativi, del volontariato, della cultura, della educazione, della formazione e nella erogazione di contributi economici.Oltre l'80% di queste IPAB dispone di personale dipendente (circa 2000 unità) oltre a personale convenzionato. Il 93% delle IPAB dispone di patrimonio (in taluni casi anche di rilevante valore storico e pregio architettonico) e l'entità dei bilanci su base regionale si attesta in decine di milioni di euro.Nell'ultimo decennio è stato rilevante l'impegno delle IPAB nell'ammodernamento delle strutture per renderle sempre più rispondenti ai crescenti bisogni delle comunità locali e ciò ha determinato che esse costituiscono di fatto in molte realtà territoriali l'unica risorsa sociale (i vecchi ospizi di lontana memoria hanno lasciato il posto a moderne ed attrezzate strutture residenziali e non).Molte di queste IPAB hanno realizzato accordi con gli enti locali e costituiscono quindi una risorsa di grosso rilievo per l'intero sistema sociale regionale.Tra queste IPAB ve ne sono alcune (circa 30) di rilevante importanza, disseminate in ogni provincia toscana: per la provincia di Firenze l'Istituto degli Innocenti (che ha addirittura rilevanza internazionale, come sede del Centro UNICEF per l'infanzia), l'ex Pia Casa di lavoro Montedomini, l'Opera Pia Vanni di Impruneta e la Casa di Riposo Martelli di Figline Valdarno; per la provincia di Arezzo la Casa di Riposo Fossombroni di Arezzo, la Casa di Riposo Masaccio di San Giovanni Valdarno, la Casa di Riposo di Montevarchi; per la provincia di Grosseto l'Istituto Falusi di Massa Marittima; per la provincia di Massa la Casa di Riposo Ascoli di Massa; per la provincia di Pisa la Casa di Riposo Dei Campana di San Miniato e gli Istituti di Ricoveri di Volterra; per la provincia di Siena la Casa di Riposo Campansi. Solo per citarne alcune.Questa legge rischia di determinare una ulteriore svolta epocale nella configurazione giuridica delle IPAB: le più rilevanti IPAB dovrebbero essere infatti trasformate in Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (circa 30), mentre le altre sarebbe invece costrette a trasformarsi in persone giuridiche di diritto privato. La tendenza appare cioè quella di far divenire ASP le IPAB più grandi e associazioni di diritto privato quelle più piccole.Questo ulteriore cambio di rotta è fonte di preoccupazione in quanto il "sentimento" di appartenenza delle IPAB al regime pubblico, il loro radicamento nel territorio e il loro legame con la comunità locale ha nel tempo garantito la loro sopravvivenza. Costante era infatti la capacità di attrarre donazioni, testamenti e lasciti, che hanno costituito una risorsa per il finanziamento dei servizi sociali e che probabilmente verrebbero meno nel caso di privatizzazione.Ritengo che a fronte di questa diversità debba essere tenuta presente una esigenza fondamentale che è quella della tutela delle autonomie fondamentali che hanno consentito al sistema delle IPAB di crescere e svilupparsi nel tempo: l'autonomia statutaria, l'autonomia organizzativa e l'autonomia gestionale; in quanto solo attraverso la salvaguardia di queste autonomie si può rispettare il valore delle tavole di fondazione, la volontà dei fondatori trasfusa negli Statuti e la presenza condivisa delle IPAB nel sistema locale dei servizi. Una condizione che può essere, a mio avviso, meglio garantita proprio mantenendo le ex IPAB in un regime di carattere pubblicistico.Ogni altra soluzione non può che determinare una incertezza sul futuro di queste gloriose istituzioni, che non sono reperti del passato ma realtà del presente da salvaguardare e valorizzare».(fn)