Varrasi (Verdi): «La permanenza del crocifisso negli spazi pubblici dove venga richiesto è un richiamo alle radici più profonde della nostra civiltà»
Questo il testo dell'intervento del capogruppo dei Verdi Giovanni Varrasi:«Il Consiglio Comunale è chiamato oggi a discutere sulla questione della permanenza dei simboli religiosi nei locali comunali e ciascuno di noi consiglieri è chiamato naturalmente ad esprimersi in merito.Per quanto mi riguarda credo fermamente alla laicità dello Stato e delle istituzioni pubbliche e, in questa fase storica, mi sembra di cogliere un' accentuazione politicista della Chiesa cattolica che suscita in me e in molti altri cittadini reazioni uguali e contrarie.Pur attribuendo grande importanza a queste premesse, ritengo che la questione del Crocifisso e la Sua presenza nell'orizzonte visivo delle nostre vite, possa essere collocato su un altro piano a cui tutti noi "umani" dobbiamo dare spazio.La storia di Gesù Cristo è la splendida ed inquietante narrazione di un bambino nato in una stalla , in condizioni di precarietà e di povertà. Questa persona, cresciuta, è arrivata a scagliarsi contro i simboli del potere e del mercimonio religioso. Questa persona ha predicato l'amore e una particolare predilezione per i poveri e i diseredati."E' più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago che un ricco entri in paradiso" diceva.E poi quest'uomo è stato condannato e crocifisso nella confusione politica del rapporto tra autorità romana, gruppi religiosi ebraici ed estremisti palestinesi. Preferisco ricordarLo, laicamente, nell'ultimo film di Mel Gibson "La Passione di Cristo" dove allo spettatore non è risparmiata la visione di nessuna ferita, bastonata, umiliazione che Cristo ha dovuto subire durante la Sua ascesa al Golgota.Come si vede nessun collegamento con la dimensione istituzionale della Chiesa, che naturalmente ha i suoi pregi e le sue realizzazioni positive, ma nella circostanza distanti rispetto alle emozioni e alle considerazioni sopra esposte.Questo tipo di riflessioni, pur molto presenti nel mio immaginario affettivo, legato a una certa sensibilità per "i poveri cristi", non sarebbe stato sufficiente a motivare questo intervento in consiglio se stamattina non mi fosse accaduto un episodio nella sfera professionale , che mi ha convinto definitivamente a collocarmi nella schiera di coloro che sono favorevoli alla permanenza del Crocifisso dovunque sia richiesto e dovunque possa essere visto da occhi non troppo deformatamene politicizzati o intrisi della polemica, della confusione, dell'astio che tanto spazio hanno nelle nostre vite di questo periodo storico.Il mio lavoro è quello di psicoterapeuta. Cerco di aiutare persone piegate dal dolore , ansia, tristezza, persecuzione, onnipotenza.Ho visitato qualche giorno fa una giovane che, dopo la morte improvvisa per tumore della bella madre, avvertiva irrealisticamente di soffrire delle stesse patologie. La vita diventa un inferno, nessun amore possibile, nessuna speranza.Durante la seduta psicoanalitica a ragazza, dopo tanti mesi di lavoro comune, ha cominciato a parlare della storia di Cristo. In particolare ha raccontato di essere andata a casa di amici e, stranamente, di essere stata coinvolta nell'allestimento del presepe. Ha raccontato che per la prima volta ha messo insieme nella mente l'idea della nascita, della vita e della morte, anche se cruenta e drammatica come quella di Cristo (e della madre).Questo tipo di elaborazione della ragazza mi ha molto emozionato e credo possa preludere ad un serio miglioramento della sua condizione mentale.Tornando al tema principale del mio intervento, intendo sostenere che la nostra società, più attenta ai temi della vitalità sfrenata e della fantasia onnipotente o al contrario, ma in sfere e ambienti solitari e isolati disperata per la povertà, il dolore, l'esclusione, abbia bisogno di riferimenti anche iconici più dolenti, ma proprio per questo più condivisibili e fecondi per la salute di una comunità.Il simbolo della Crocifissione di Cristo, per noi laici, è un formidabile richiamo al senso più profondo della vita, alle dimensioni della povertà, del dolore e del riscatto.In questo senso la permanenza del Crocifisso negli spazi pubblici dove venga richiesto, al di là della contrapposizione politica tra laicità dello Stato e potere della Chiesa (su questo versante le mie posizioni politiche sono nette e di stampo laico) può rappresentare un richiamo alle radici più profonde della nostra civiltà e, per qualcuno, forse per un attimo, un legame con una storia antica e fondante, ma anche quotidiana e privata.Uno sguardo al Crocifisso può far pensare non tanto agli ori del Vaticano o alla tagliente intelligenza curiale, ma a un uomo che si è sacrificato fino alle estreme conseguenze per tutti gli altri uomini.Michele Serra, in un recente articolo, sosteneva che tutti noi abbiamo bisogno di una Chiesa più forte e quindi più serena e non costretta, come in questi ultimi tempi, ad enfatizzare il suo ruolo politico e modeste alleanze elettoralistiche. Mi permetto di utilizzare questo argomento di Michele Serra sul versante dello Stato.Uno Stato forte contiene e valorizza tutti gli elementi culturali che lo compongono.Chi ha paura di "un povero cristo"?La politica ancora una volta nell'impasto malefico tra Pilato , potere ed estremismo impoverirà ulteriormente i nostri orizzonti?».(fn)