ICI e Chiesa cattolica, lettera aperta di Toccafondi (FI) al sindaco: "Cominciamo a dire la verità"
Questo il testo della lettera aperta che il consigliere comunale di Forza Italia, Gabriele Toccafondi, ha inviato al sindaco Leonardo Domenici.«Caro Sindaco,ti scrivo in qualità di Presidente dell'associazione nazionale dei comuni italiani, che sulla vicenda ci e Chiesa cattolica ha avuto modo di partecipare, insieme a tanti esponenti del centrosinistra e ad alcuni giornali, ad una campagna stampa che poco ha a che fare con la realtà dei fatti e che tutt'ora rischia di generare un clima di scontro di cui nessuno, ne sono certo, sente la necessità.Come tu sai scuole cattoliche, centri per minori, strutture per disabili, strutture per indigenti, immobili per la formazione professionale e centri culturali di proprietà di enti ecclesiastici non hanno mai pagato l'ICI e continueranno a non pagarla. Altri immobili di proprietà di enti religiosi come ad esempio case affittate a terzi o cinema parrocchiali l'hanno sempre pagata e continueranno a pagarla. Questo stabilisce, o meglio stabiliva, l'articolo 6 del decreto legge sulle infrastrutture, approvato al Senato, norma che dovrebbe essere comunque inserita in finanziaria. La norma, dunque, non cambia rispetto al passato e non sottrae neanche un euro ai Comuni. Questa è la realtà. Eppure sembra che stia avvenendo una vera e propria rivoluzione. Titoloni sparati in prima pagina, commenti indignati, numeri a sei cifre di minori entrate, dichiarazioni fuori luogo e, soprattutto, il rischio di generare un senso di odio e disprezzo verso realtà che operano per il bene comune. Il tutto scaturito da una non conoscenza di quanto realmente stava accadendo. La notizia richiede di essere smentita dai fatti.Per orientarsi nella complessa vicenda bisogna partire dal 1992 quando Presidente del Consiglio era Giuliano Amato, anno di nascita dell'ICI. Una norma vecchia di 13 anni su cui finora nessuno ha avuto mai da ridire, nemmeno il centrosinistra quando era al governo.La legge istitutiva del tributo stabilisce, infatti, non solo chi deve pagare, ma anche chi è esentato. Non sono soggetti al pagamento dell'ICI gli immobili degli enti pubblici come le scuole pubbliche, i musei, le biblioteche, gli archivi, e tra l'elenco degli esenti ci sono anche gli edifici di culto della Chiesa cattolica e di tutte le confessioni religiose che hanno stipulato un'intesa con lo Stato. Sono quindi esenti le chiese e i locali annessi dove si fa catechismo o la casa canonica, così come quelli di tutte le confessioni religiose che hanno stipulato un'intesa con lo Stato. Sono esenti, inoltre, quegli immobili degli enti non commerciali cioè senza fini di lucro, che siano esclusivamente destinati a una serie di finalità elencate sempre dalla legge del 1992 ovvero attività culturali, ricreative, sportive, assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche e ricettive.In questo gruppo rientrano anche, ma non solo, gli enti ecclesiastici, questa categoria comprende infatti tutti gli enti del terzo settore, le organizzazioni no-profit, le onlus, le cooperative sociali, gli enti delle altre confessioni religiose. Gli enti ecclesiastici rappresentino il 4,3% del numero complessivo di questi soggetti che sono esentati.Questo vuol dire che non pagano l'ICI gli ospedali e le case di cura o di riposo, le scuole non solo facenti capo alla Chiesa cattolica, ma a uno qualunque degli organismi esentati per legge. E questo vuole dire anche che gli enti ecclesiastici hanno sempre pagato l'ICI per gli appartamenti di proprietà dati in affitto a terzi, oppure per i locali affittati ad attività commerciali. Più complessa è invece la definizione dell'attività ricettiva. Un conto sono le case adibite ad ospitare i pellegrini o le case adibite a campi scuola che rientrano nella categoria esentata, diversamente accade per le attività alberghiere vere e proprie. Nel caso limite di immobili utilizzati in parte per una finalità esente, in parte no valeva la regola della divisione catastale e se questo non era possibile l'ICI si pagava su tutto l'immobile.Trattandosi di una tassa comunale in questi anni si sono avute singole controversie interpretative. La difficoltà nasce in seguito a una sentenza della Cassazione del 2004 che fu chiamata a decidere sull'attività di ospitalità svolta da un istituto religioso, la diatriba riguardava l'attività: ricettiva, e dunque esente, oppure alberghiera e quindi non esente. La Corte, con tale sentenza, ha introdotto un nuovo requisito, non previsto dalla legge del 1992, si afferma cioè che l'attività deve essere oggettivamente non commerciale.La sentenza crea quindi tutta una serie di difficoltà e soprattutto un vuoto interpretatativo su cosa significhi "oggettivamente non commerciale", con il rischio che questa regola si applichi solo per gli enti religiosi. Ad esempio, se l'attività deve essere oggettivamente non commerciale, come si può gestire una scuola o un ospedale o una casa di riposo senza porre in essere operazioni commerciali visto che questi enti sono convenzionati anche con enti pubblici?Di qui la necessità e l'obbligo di un intervento interpretativo del legislatore. Tale è, appunto, il decreto legge del Senato, il quale ribadisce semplicemente che sono esenti gli immobili degli enti ecclesiastici utilizzati «per attività di assistenza, beneficenza, istruzione, educazione e cultura, pur svolte in forma commerciale, se connesse a finalità di religione o di culto», lasciando intatta la parte della legge riferita a chi non era esonerato.Se non fosse intervenuto il legislatore, la sentenza del 2004, portata alle estreme conseguenze, avrebbe fatto sì che mentre altri enti non commerciali avrebbero potuto continuare a usufruire dell'esenzione per tutti gli immobili previsti nella legge del 1992, gli enti ecclesiastici non avrebbero pagato l'ICI solo per le chiese, i seminari e poco altro. Non c'è, dunque, alcuna estensione dell'esenzione ma un provvedimento che impedisce un'arbitraria discriminazione. I Comuni non subiranno alcun danno, per la semplice ragione che mai l'ICI è stata pagata su questi immobili, anzi con il decreto, possiamo dire, che sono gli enti che non subiranno alcun danno e così a non subire danno sono i tanti cittadini che sono assistiti da questi enti.Gabriele Toccafondi»(fn)