Finanziaria, documento dell'Anci toscana consegnato al Prefetto Lombardi
Una mobilitazione degli Enti Locali contro la Legge Finanziaria 2006. Oggi una delegazione di amministratori locali ha consegnato al Prefetto di Firenze Gian Valerio Lombardi, come rappresentante del Governo sul territorio, il documento dell'Anci toscana e le proiezioni della Finanziaria sui bilanci degli Enti Locali. Perchè "il taglio reale alla spesa è stimabile attorno al 13% e non al 6,7% come annunciato dal Governo". In particolare gli amministratori definiscono la Finanziaria "insostenibile, per le conseguenze della manovra sui servizi ai cittadini" e ribadiscono che "non vogliamo tirarci indietro quando ci sono da far quadrare i conti pubblici del Paese", ma lamentano "posizioni unilaterali" da parte del governo. Il documento dell'Anci toscana indica come sia necessario indicare due obiettivi: "Un nuovo sistema della finanza pubblica e la piena attuazione dell'articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale".Della delegazione che ha consegnato il documento al Prefetto (lo stesso è avvenenuto nelle altre città della Toscana) facevano parte l'assessore al bilancio del Comune di Firenze Tea Albini, l'assessore provinciale Alessandro Lo Presti, i sindaci Empoli, Vinci, Gambassi, Certaldo, Scandicci, Bagno a Ripoli, Sesto Fiorentino, Tavarnelle, San Piero a Sieve, Rufina, Campi Bisenzio, Fiesole, San Casciano, Lastra a Signa, oltre ai presidenti della Comunità Montana del Mugello e della Montagna Fiorentina.(fd)IN ALLEGATO IL TESTO DEL DOCUMENTO DELL'ANCI TOSCANAGli enti Locali non hanno nessuna intenzione di retrocedere di fronte ad obblighi e impegni imposti dal risanamento della finanza pubblica. La necessità di salvaguardare i conti pubblici e di ottemperare ai parametri dell'Unione Europea non può che determinare un naturale impegno delle amministrazioni locali, in modo che siano raggiunti risultati di generale interesse e comune convenienza. L'attività svolta in questi anni dalle amministrazioni locali è stata quindi indirizzata in modo evidente verso il raggiungimento di questo obiettivo: le politiche finanziarie degli enti Locali si sono contraddistinte per un comportamento virtuoso, riconosciuto e attestato autorevolmente dalla Corte dei Conti, oltre che dallo stesso Governo con il Documento di programmazione economica e finanziaria dello scorso luglio. La quasi totalità dei comuni italiani (il 97%) ha rispettato il patto di stabilità, contenendo inoltre la crescita dei consumi intermedi all'1,9 %. Le amministrazioni locali hanno già dimostrato dunque la loro capacità di gestione appropriata della spesa pubblica. Diversa è la situazione dei Ministeri, per i quali la Corte dei Conti ha evidenziato una significativa mancanza di rigore, come dimostrazione di una particolare inadeguatezza per il riassestamento dei conti pubblici. Le spese di rappresentanza, per le istituzioni centrali hanno sforato, ad esempio, il tetto imposto nel 2004 del 21,2%.Presentando una proposta di legge finanziaria fatta di indiscriminati tagli a senso unico verso le autonomie locali, il Governo non solo non considera questa diversa gestione delle finanze pubbliche, ma ignora la disparità funzionale fra le amministrazioni centrali e quelle territoriali, soprattutto per quanto riguarda l'organizzazione dei servizi pubblici, in carico a queste ultime.Una manovra finanziaria che predispone una tale riduzione di risorse nei confronti degli enti Locali finisce per colpire direttamente il sistema di servizi e di protezione sociale rivolta ai cittadini. Le spese sociali di una amministrazione locale travalicano, infatti, in modo significativo quella cifra del l0% di bilancio, che il nuovo Patto di stabilità consentirebbe di rimuovere dal "tetto negativo". E' difficile non tenere presente la varietà di servizi che gli enti locali e segnatamente i Comuni garantiscono: la scuola, le mense, l'assistenza scolastica per gli studenti diversamente abili, i buoni libro, l'edilizia sociale, l'assistenza in materia di alloggi, gli interventi di agevolazione tariffaria e tributaria. Tutte queste attività e servizi ed altri ancora, per i quali un Comune arriva a disporre il 30% del suo bilancio, sono escluse dalle spese sociali in senso stretto, ma è difficile negare il loro profondo e determinante significato sociale. Inoltre ci sono altri compiti che una amministrazione locale deve sostenere che hanno evidenti e decisivi ritorni sociali, come, solo per fare un semplice esempio, il trasporto pubblico locale. Tagliare in modo così consistente spese di questo genere vuol dire colpire delle strutture basilari per la vita civile dei cittadini all'interno di una società. La finanziaria 2006 proposta dal Governo è dunque un attacco allo stato sociale, così come si è consolidato in questi anni nel nostro Paese e nel territorio toscano.Decidere di porre sulle spalle degli enti locali il maggiore sforzo di aggiustamento dei conti è anche l'espressione di una azione politica iniqua e allo stesso tempo controproducente. Se da un lato, infatti, si elimina ogni equilibrata forma di compartecipazione al risanamento e ripartizione istituzionale dei costi -quando una variazione costituzionale ha "equiordinato" tutti i livelli istituzionali- dall'altro lato si deprime le possibilità degli enti locali di agire come promotori e sostenitori dello sviluppo economico, in un momento in cui il contributo delle amministrazioni territoriali a sostegno delle economie locali si dimostra sempre più determinante per competere nei mercati internazionali.Il Governo ha seguito nella distribuzione dei costi una logica puramente proporzionale per cui si calcolano i tagli in base a quanto ogni singolo comparto rappresenta per la spesa pubblica. Un criterio che penalizza in modo particolare i Comuni e le autonomie locali, non differenziando peraltro in nessun modo tra le condizioni delle grandi e delle piccole realtà comunali. La legge finanziaria prevede formalmente dei tagli per gli enti locali del 6,7% rispetto alle spese del 2004. I tagli però, nell'arco di un triennio, non saranno inferiori all'11, 12 % delle attuali spese delle amministrazioni. Non si tratta quindi di una stretta finanziaria una tantum, ma di sostanziali, profondi e duraturi tagli, giunti dopo anni di contenimento della spesa e di interventi di riorganizzazione degli enti con finalità di ottimizzazione dei propri interventi. Se le disposizioni del Governo rimanessero allo stato attuale è evidente che l'obiettivo proposto da questa finanziaria non sarebbe altro che il tentativo di scaricare sugli enti locali il risanamento dei conti pubblici. Prevedere inoltre dei tagli su alcune spese che, essendo già oggetto di contratti, non sono evidentemente comprimibili, testimonia una idea eccessivamente astratta delle spese dei Comuni, a meno che non sia diretta a un progetto di vero e proprio smantellamento di servizi.Il metodo attraverso il quale si è giunti alla presentazione di questa Finanziaria è inoltre un deciso e concreto attacco alla politica di concertazione fra Governo centrale e rappresentanze dei governi locali. Le decisioni unilaterali sono state un elemento caratterizzante di tutto il percorso che ha prodotto la manovra finanziaria. Gli enti locali sono stati colpevolmente considerati come degli elementi estranei al sistema istituzionale italiano. Un comportamento di questo genere da parte del Governo rinnova uno scontro fra istituzioni, di cui il decreto "taglia spese" del 2004 era stato un significativo e gravissimo precedente, anche perché imposto a metà di un esercizio finanziario. Questa ricerca di conflittualità conduce a profonde lacerazioni del nostro sistema istituzionale e amministrativo, in modo tale che coloro che per propria natura sono più piccoli e meno difesi come i Comuni- potrebbero vedersi costretti a non essere in grado di poter seguire la strada maestra del rispetto della legge finanziaria, così da disattendere, loro malgrado, la condivisione degli obiettivi strategici, e non certo per ragioni politiche ed istituzionali, ma per cause di forza maggiore.Nel momento in cui il dialogo diviene dimostrazione di aperta ostilità e di aggressiva contrapposizione, quando si dispongono norme che mettono a rischio la sopravvivenza stessa degli enti locali, la normale ottemperanza degli ordinamenti finisce per non essere garantibile.Una ennesima dimostrazione di questa logica di fondamentale contrapposizione si comprende osservando come siano state disposte iniziative di informazione e comunicazione all'opinione pubblica di carattere smaccatamente demagogico, con l'intento di originare una campagna di discredito nei confronti delle amministrazioni locali. La polemica è stata concentrata sulle consulenze, sulle indennità, sulle macchine di servizio e su spese considerate ingiustamente- effimere. Gli obiettivi da colpire sono stati individuati grazie al loro appellativo populista e colorato (le "auto blu" e le "notti bianche") e non certo per la loro dimensione finanziaria nella politica di assestamento dei conti pubblici. E' necessario contrastare nel merito queste accuse. Si tratta di eventi, manifestazioni culturali, capaci non solo di attrarre centinaia di migliaia di persone, ma anche di creare importanti circuiti di scambio e comunicazione. Altro che iniziative effimere, costituiscono al contrario un vero e proprio investimento nell'identità delle città, sempre più essenziale per realtà pubbliche che vogliono essere motori dell'innovazione e dello sviluppo. Si deve inoltre riaffermare che il ricorso a consulenze esterne per gli enti locali è pratica davvero poco diffusa e quando è richiesta è una forma necessaria per garantire il regolare procedimento del sistema amministrativo e nella maggior parte dei casi obbligatoria per rispetto della disposizione normativa. Ad esempio per uno strumento urbanistico è doveroso conoscere la condizione geologica dei terreni, e raramente nei Comuni si dispone di personale qualificato per svolgere questa tipologia di studi e di collaborazione. Considerando inoltre che il totale di tutte queste spese, in questo momento sotto processo, riguarda una cifra molto al di sotto dell'1% dei bilanci degli enti locali è facilmente comprensibile l'intento pretestuoso e puramente conflittuale di questa polemica, lontana dai veri problemi del risanamento finanziario. E' evidente che i tagli prospettati non riguarderanno il funzionamento degli enti, se non in modo secondario rispetto ai servizi ai cittadini.Si dimostra quindi una volontà di confronto sempre più espressa in termini di ostilità, secondo i caratteri di una contrapposizione che è impropria per delle corrette relazioni interistituzionali, da basare invece sulla leale collaborazione fra Stato centrale ed Enti Locali, oltre che estremamente dannosa, poiché indirizzata alla mistificazione demagogica e al discredito istituzionale, dal quale non possono che essere danneggiate tutte le istituzioni.E' forse superfluo ricordare che in momenti di particolare crisi delle istituzioni politiche gli enti locali hanno dato un contributo determinante, grazie anche alle riforme sulla elezione diretta dei sindaci e poi dei presidenti delle regioni, alla riaffermazione di una legittimazione delle istituzioni costruita sul consenso sociale nei confronti della politica.Mettere sulle spalle delle sole autonomie locali gli oneri del risanamento finanziario, escluderli dalle decisioni abbandonando la modalità di scelta concertata, screditarli con demagogici e falsi attacchi, non è certo il modo migliore per salvaguardare le basi concrete del nostro sistema istituzionale e amministrativo.Per costituire un sistema armonico di gestione delle finanze pubbliche, come forma di governo democratico e di collaborazione fra le istituzioni, devono invece essere percorse strade diverse, attuando altre misure da leggi finanziarie punitive, la cui necessità diviene sempre più manifesta. E' necessario quindi indicare due obiettivi fondamentali che riguardano un nuovo sistema della finanza locale e la piena attuazione dell'art 119 della Costituzione, in materia di cosiddetto federalismo fiscale.Una prospettiva di risanamento dei conti e allo stesso tempo di rilancio dello sviluppo economico può essere data soltanto da politiche capaci di ristrutturare la finanza locale, che come afferma la Corte dei Conti è "frammentaria e talvolta contraddittoria, perché affidata essenzialmente alle leggi finanziarie". Inoltre, senza una concreta attuazione delle norme costituzionali sull'autonomia finanziaria, non è possibile intraprendere una strada di vera ristrutturazione delle finanze pubbliche capace di governare la spesa pubblica, affidando all'ente pubblico più vicino alla popolazione il Comune- il compito di applicare la maggior parte della propria tassazione, in modo tale che i cittadini possano agevolmente sapere come spendono i loro soldi le istituzioni locali.