Finanziaria, il sindaco Domenici: "Questa legge è insostenibile". Il testo dell'intervento alla manifestazione di domenica scorsa a Roma

"Non stiamo facendo propaganda o una campagna politica. Quel che vogliamo è che questa finanziaria cambi, almeno nella parte che riguarda il sistema delle autonomie locali, perchè così com'è è del tutto insostenibile". Lo ha affermato oggi il sindaco di Firenze Leonardo Domenici, due giorni dopo la manifestazione di Roma contro la legge Finanziaria. A questo proposito, alleghiamo l'intervento fatto del sindaco in Piazza del Popolo."Credo che gli amministratori locali, di fronte ai contenuti di questa legge finanziaria e alla campagna di discredito in atto contro le istituzioni locali, abbiano il dovere di cogliere e utilizzare tutti gli spazi e le occasioni per dire chiaramente come stanno le cose. E per evitare che si sottovalutino i pesanti effetti che le misure contenute nella finanziaria, se approvate dal Parlamento, avrebbero sui cittadini, sui servizi offerti e sui redditi delle famiglie. Per questo noi anche da qui, ma non solo da qui, oggi chiediamo che questa finanziaria venga cambiata.Sappiamo tutti che il momento è difficile, sappiamo tutti che l'Unione Europea ci chiede di rientrare nei limiti del patto di stabilità, siamo tutti ben pronti come istituzioni responsabili a fare la nostra parte. Ma bisognerà pur dire che in questi ultimi anni qualcuno la sua parte in realtà l'ha fatta (a cominciare dai Comuni) e qualcun altro assai meno. Bisognerà pur ricordare che se secondo l'Istat siamo a meno 5,1% nel rapporto fra deficit e prodotto interno lordo; se mancano le entrate anche grazie alla perversa pratica dei condoni; se la spesa appare ancora fuori controllo; se è vero tutto questo, è davvero difficile far credere che dipenda soprattutto dalle autonomie locali e dai comuni italiani. Chi lo fa, cerca in realtà di alzare una cortina fumogena per non far vedere dove stanno i veri problemi, cerca di eludere la verità sulla situazione reale del paese e sulle responsabilità vere che ciascuno si deve assumere. La verità è un'altra. Ed è che a livello locale si sta stringendo la cinghia già da tempo, e che sono i cittadini i primi a risentirne. Anche perché la vita è diventata più difficile per tutti: quando si lavora, quando si va a fare la spesa, quando si mandano i figli a scuola, quando ci si sposa e quando si va in pensione. Eppure, sembra quasi che secondo il governo i problemi vengano tutti dalle istituzioni locali. Ma quando nel documento di programmazione economico finanziaria, che ha scritto il governo, leggo che dal '99 al 2004 la spesa in beni e servizi dei Comuni ha avuto un aumento contenuto (contenuto, c'è scritto nel Dpef!) dell'1,9%, allora io mi chiedo: ma di che cosa stiamo parlando? Quando la Corte dei Conti su un campione di comuni sopra i cinquemila abitanti ci dice che il 95% ha rispettato il patto di stabilità; quando la stessa Corte dei Conti ci dice che i comuni italiani l'anno scorso hanno fatto risparmiare allo Stato 500 milioni di euro in più di quello che era stato loro richiesto, allora io mi chiedo: ma di che cosa stiamo parlando? E se è così, come si giustifica il fatto che oggi agli enti locali vengono date delle bastonate ancora più forti e pesanti? Naturalmente immagino che nessuno in questa piazza o anche fuori da questa piazza, sia così malizioso da pensare che tutto questo accade perché i tre quarti e anche di più delle regioni, delle province e dei comuni italiani sono governati dal Centro Sinistra.Intanto i problemi aumentano, aumenta il fabbisogno, aumenta il rapporto negativo fra entrate e uscite: e sarebbe colpa degli enti locali e degli sprechi? Non scherziamo!Ma parliamone comunque degli sprechi, parliamone un momento, anche se penso che le ragioni della crisi economico finanziaria del paese e dei conti pubblici sballati siano in realtà un po' più complessi. Parliamo per esempio, visto che se ne è discusso molto in questi giorni, di consulenze e spese di rappresentanza. Intanto, spero che non andremo a cercare le consulenze e le spese di rappresentanza in uno dei tanti piccoli comuni che oggi rischiano la paralisi e il soffocamento. Nel nostro paese su 8100 sono 5838 i piccoli comuni sotto i cinquemila abitanti: figuratevi gli staff, le auto blu, le consulenze, gli uffici stampa a Poggio Mirteto, a Pecetto Torinese, ad Arborea, a Filignano, a Tavarnelle Val di Pesa, o in quei piccoli comuni dove non sanno nemmeno se hanno i soldi per pagare la bolletta della luce! Si dirà allora che sono i grandi comuni che sprecano, spendono e spandono? Ebbene al Comune di Roma, additato così spesso come esempio negativo da alcuni ministri in questi giorni, nel 2005 le consulenze rappresentano lo 0,4% del bilancio. E anche gli altri comuni, a cominciare dal mio, sono in linea con questo dato (a meno che poi qualcuno non voglia considerare una consulenza l'incarico che si da a un geologo per un carotaggio o a un ingegnere per un collaudo). E allora? Allora, se vogliamo vedere dove stanno gli sprechi, leggiamo quello che ci dice la Corte dei Conti e il suo Procuratore Generale; leggiamo che nel 2003 lo stato ha dato 687 milioni di consulenze, che ci sono stati 200 mila incarichi esterni affidati senza adeguata giustificazione, che nel 2004 le consulenze esterne dello stato centrale sono aumentate del 5,3%, e che tutte le spese di rappresentanza, di relazioni pubbliche, di convegni e di viaggi hanno sfondato il tetto che il governo stesso si era dato del 21,2%. Sì, parliamo di sprechi!Ora: è giusto che, in un momento difficile come questo, tutti coloro che ricoprono una carica pubblica diano il proprio contributo anche personale, anche economico al risanamento: ma attenzione alla demagogia, all'anti politica, alle furbizie, a fare di ogni erba un fascio. Il complesso dei sindaci delle città sopra i centomila abitanti ammonta a 42 sindaci: sono 42 città sopra i centomila abitanti. Lo sapete quanti sono i metri del governo italiano? 25 ministri, 9 vice ministri, 64 sottosegretari, sono 98! Vogliamo ridurre i costi della politica? Sì? Allora facciamolo tutti fino in fondo, in misura proporzionale e a cominciare dal governo nazionale!Detto questo, i problemi più grossi in questo momento sono altri. I veri problemi sono i pesantissimi tagli alla spesa locale che andranno a colpire i cittadini e le famiglie, nella quantità dei servizi erogati e nella qualità della vita delle nostre città. Io chiedo a tutti voi attenzione, perché vengono dette cose non vere su questa finanziaria. Non è vero per esempio che il taglio di spesa ai comuni è del 6,7% sul 2004; perché il taglio vero e reale si aggira intorno all'11%. E non è vero che non si colpisce la spesa sociale, come viene detto, perché il governo dà una interpretazione riduttiva e restrittiva di questa spesa. Il che vuol dire che almeno un terzo della spesa sociale di un comune (nei più grandi è intorno al 30%), non viene affatto esclusa dalla riduzione di spesa e ricade sotto la scure dei tagli! E non è vero come si dice, che la spesa per il personale è fuori dai tagli: perché l'articolo 30 della Finanziaria prevede che per ciascuno dei prossimi tre anni la spesa per chi lavora negli enti locali deve essere quella del 2004, diminuita dell'1% ! È invece drammaticamente vero che sono considerate spese da ridurre la scuola, le mense, l'assistenza scolastica ai bambini disabili, gli scuola bus, l'assistenza per i minori in stato di abbandono, la manutenzione delle strade, l'illuminazione, lo sport, la cultura: se la finanziaria non cambia tutto questo non si potrà, ma si dovrà tagliare!Pubblicheremo sui giornali anche a nostre spese i dati veri sui tagli ai comuni, in termini assoluti e percentuali. Ho visto del resto che non siamo noi gli unici a fare i conti; anche un'associazione non certo tenera verso gli enti locali come la Cgia di Mestre ha pubblicato dati molto preoccupanti e pesanti: in media il taglio sarà di 40,22 euro pro capite per ogni cittadino nei comuni capoluogo; 80 a Venezia, 57 a Siena e Torino, 54 a Firenze e cosi via. Mentre in termini assoluti si andrà dai 114 milioni di taglio a Roma, ai 58 di Milano e ai quasi 50 di Torino; in tutto i comuni dovranno tagliare un miliardo e settecentomila euro.E poi? Ci sono le Regioni, per le quali la situazione non è migliore, con quello che io definisco il finto aumento della Sanità: visto che la finanziaria stanzia 91 miliardi, mentre lo stesso documento di programmazione economico finanziaria del governo indicava un fabbisogno tendenziale per la sanità di 95,6 miliardi; ed inoltre c'è da calcolare una riduzione delle altre spese delle regioni, complessivamente per un miliardo di euro. E poi ci sono le province con 400 milioni di tagli in tutto: ne risentiranno la manutenzione e la sicurezza delle strade, il trasporto pubblico locale, la tutela dell'ambiente e la difesa dell'agricoltura: E poi c'è l'azzeramento, il completo azzeramento del Fondo per la montagna che riguarda 356 comunità montane, dove vivono 12 milioni e mezzo di cittadini.È finita? No, ma bisogna pur dirle queste cose. Non è finita, perché nelle nostre città c'è un'emergenza sociale drammatica che si chiama casa, si chiama sfratti: e nella finanziaria non c'è nessuna politica di rilancio degli investimenti per realizzare alloggi decenti ad affitti decenti. E c'è invece la riduzione per altri 14 milioni di euro del fondo di sostegno per le famiglie disagiate, dopo che negli anni scorsi era già stato decurtato del 48%. È finita qui? No, perché di fronte all'emergenza smog delle nostre città, che si ripresenterà fra qualche settimana, non c'è nessun aiuto, nessun incentivo per il ricambio del parco circolante dei veicoli inquinanti, né a sostegno del trasporto pubblico locale; anzi, si prevede un taglio di 40 milioni di euro in tre anni per il fondo per l'acquisto di nuovi mezzi pubblici. E questo vuol dire concretamente meno 800 autobus nuovi e meno inquinanti nelle nostre città. E come non ricordare (anche se non riguarda direttamente la finanziaria, ma in un certo senso è ancora più grave) che nonostante le rassicurazioni del ministro Maroni stiamo ancora aspettando il rifinanziamento del fondo nazionale per le politiche sociali, dal quale mancano la bellezza di 518 milioni di euro: per la gioia e la tranquillità degli anziani soli e bisognosi di assistenza che vivono nei nostri comuni. E perché non ricordare il taglio del fondo unico dello spettacolo, che rischia di far chiudere enti e fondazioni lirico sinfoniche e non solo quelle, mentre i tagli ai beni culturali tra un po' costringeranno musei, biblioteche e archivi di stato a porsi il problema di pagare le bollette, il telefono e il riscaldamento.Ma allora, che senso ha dire che si vuole fare una politica per le famiglie, ridistribuendo un po' di qua e di là, se poi quelle stesse famiglie devono far fronte a un continuo aumento del costo della vita e ad esse si tolgono o si fanno pagare di più i servizi? La verità è che in questi anni abbiamo avuto arricchimenti privati per pochi e per coloro che avevano redditi già alti, e abbiamo avuto invece impoverimento pubblico, per molti e per la maggioranza del paese. Chi ci rimette infatti in questa situazione con queste scelte? Sicuramente le famiglie più deboli, le famiglie che non hanno reddito per comprare i servizi, che si rivolgono alle scuole pubbliche e non alle private, che si rivolgono alle mense scolastiche e agli insegnanti di sostegno e non alle tate, all'assistenza domiciliare per gli anziani e non alle badanti; famiglie che bevono l'acqua del rubinetto e non l'acqua imbottigliata, che usufruiscono dei servizi e delle attività culturali dei comuni perché altrimenti non potrebbero permettersele.Ecco perché impoverire i comuni e le istituzioni locali vuol dire impoverire i cittadini e le famiglie. E se continua così, se non affronteremo le emergenze, se mancheranno risposte adeguate, è facile prevedere che nelle nostre città andremo incontro ad un periodo di maggiori tensioni e conflitti sociali. Ci viene detto "fate delle proposte": ma noi le nostre proposte le abbiamo fatte da tempo e il governo lo sa. Forse i nostri documenti giacciono dimenticati in qualche remoto cassetto del Ministero dell'Economia. Perché è vero, si possono fare scelte diverse da quelle che ci propone questa finanziaria. Si potrebbe agire sulle entrate, visto che in questi ultimi anni con l'esenzione delle plusvalenze mobiliari e immobiliari, si è fatto arricchire chi ha avuto forti rendite finanziarie, facendo perdere allo stato un gettito di circa 2,8 miliardi di euro. Si può agire sulle entrate, facendo una lotta vera e non a parole all'evasione fiscale anche con il concorso dei comuni, come noi avevamo già proposto l'anno scorso (e non se ne fece di nulla). Ora si dice di voler partire, ma non si sa bene come e con quali strumenti e con il pesante fardello di quintalate di condoni alle spalle, e forse non solo alle spalle. Si potrebbero fare tante cose, anche per esempio non dare 200 milioni in due anni per incentivare il digitale terrestre; oppure si potrebbe risparmiare facendo il cosiddetto ‘election day' la prossima volta, perché fare prima le politiche e poi le amministrative costa: ma forse a qualcuno può sembrare poco utile accorpare, perché alle amministrative si vince quasi sempre!Si può quindi fare… si possono fare molte cose. E se mi consentite un'opinione personale, forse avremmo risparmiato molte risorse umane e materiali anche se avessimo già deciso di venire via da un po' di tempo dall'Iraq, o se magari non ci fossimo mai andati.Ma è difficile parlare di proposte e di cose da fare, se da parte del governo nemmeno si risponde alla richiesta di essere convocati come autonomie locali. Non si va a un tavolo di discussione e ci si limita ad un incontro generico e vago che dura al massimo un'oretta, alle sette e mezzo di sera. Eppure, se si seguisse la via maestra della concertazione e della collaborazione istituzionale e non delle decisioni calate dall'alto, sarebbe davvero meglio per tutti. E invece no, prevale la logica del centralismo, altro che devolution, altro che federalismo! Ecco perché non è esagerato sostenere che si rischia la rottura istituzionale. L'articolo 114 della nostra costituzione pone tutte le istituzioni della Repubblica su un piano di pari dignità: ci sono funzioni differenziate ma non c'è chi sta sopra e comanda e chi sta sotto e obbedisce. E se chi governa a livello nazionale ignora le ragioni di chi governa a livello locale, è un po' come se segasse il ramo su cui sta seduto.Noi oggi chiediamo di riaprire seriamente il confronto sulla finanziaria, chiediamo di ridiscuterla assumendoci le nostre responsabilità come autonomie locali, ma in una logica di condivisione e non di imposizione unilaterale. Lo diciamo al governo, ma anche alle forze sociali, agli imprenditori, al sindacato, alle associazioni di categoria, al volontariato, a tutti quei soggetti che vogliono che le istituzioni locali vivano e non siano invece gradualmente ridotte all'impotenza. E all'Unione chiediamo di farsi carico pienamente di questa battaglia dentro e fuori il parlamento; all'Unione chiediamo di prendere in mano questa bandiera non solo per sventolarla, che già è importante, ma anche per cercare di modificare davvero questa manovra, per dimostrare che questa non è l'unica finanziaria possibile, che se ne potrebbe fare una migliore anche attuando le correzioni che ci chiede l'Unione Europea. Chiediamo all'Unione e al suo leader di porre direttamente al governo il problema di cambiare la legge finanziaria per gli effetti devastanti che ha su regioni, province, comuni e quindi sui cittadini. E se da parte del governo si opponesse un rifiuto chiediamo che in parlamento si faccia di tutto, davvero di tutto perché almeno questa parte della manovra non passi. Noi chiediamo che questa finanziaria cambi non perché difendiamo un ceto politico amministrativo, ma perché una finanziaria contro le autonomie locali e contro i comuni è una finanziaria ingiusta, fatta male e sbagliata. È una finanziaria contro i cittadini e a cambiarla si fa l'interesse non di una parte ma dell'intero popolo italiano". (ag)