Società della Salute, al via il programma per lo screening per il carcinoma del colon-retto. Il presidente Cioni: "Fondamentale il ruolo dei medici di famiglia"

Far funzionare lo screening per il carcinoma del colon-retto anche a Firenze, mai inserito nel programma dell'Azienda sanitaria fiorentina a differenza del resto del territorio di riferimento. E per raggiungere questo importante obiettivo, sperimentare una modalità nuova che vede il coinvolgimento diretto dei medici di famiglia. Proprio oggi si è infatti firmato l'accordo tra la Società della Salute, la Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) e il Cspo (Centro per lo studio e la prevenzione oncologica). Le novità sono state quindi illustrate dal presidente della Società della Salute Graziano Cioni, dal direttore Società della Salute Fabio Focardi, dal direttore generale dell'Azienda sanitaria fiorentina Luigi Marroni. Erano presenti anche Daniele Romeo responsabile del dipartimento cure primarie dell'Asl, Eugenio Pizzarino rappresentante della Federazione italiana medici di medicina generale e Marco Rosselli Del Turco del Cspo.Lo screening del colon retto viene eseguito attraverso la ricerca del sangue occulto nelle feci, un intervento efficace nel ridurre la mortalità per cancro di questo segmento intestinale. Sul territorio dell'Azienda sanitaria fiorentina è in corso ormai da qualche anno un programma di screening che riguarda la popolazione maschile e femminile di età compresa fra i 50 e i 70 anni. Uno screening che copre il 23% del target (220.000 persone da testare ogni 2 anni) ma fino ad oggi ha escluso i residenti a Firenze. "Si tratta di una lacuna che dobbiamo assolutamente colmare – dichiara il presidente Cioni – visto che questo esame, se effettuato in tempo, salva la vita. Per questo abbiamo inserito il programma di screening tra le priorità della Società della Salute". E che sia un aspetto fondamentale lo dimostra anche l'investimento previsto per questo programma. "Per Firenze sono previsti 390mila euro – precisa il direttore Focardi – divisi tra i 250mila dell'Asl e i 140mila euro della Società della Salute".In dettaglio con il nuovo programma, che sarà attivo tra qualche giorno, il kit sarà consegnato e ripreso direttamente dai medici. L'obiettivo è coinvolgere, su base annua, oltre il 50% degli assistiti che costituiscono popolazione bersaglio (circa 98.000 persone, fino ad oggi mai raggiunte da uno screening organizzato e sistematico); questo equivale a contattare 27.000 persone in un anno.L'organizzazione prevista vede una prima fase della durata di 8 mesi in cui il medico di medicina generale consegna il test in ambulatorio in occasione di un qualsiasi contatto con un proprio assistito nella fascia d'età interessata dallo screening. Nei quattro mesi successivi, il medico contatta con un invito mirato coloro che non sono stati raggiunti nella prima fase. A Firenze sono stati selezionati 41 medici di medicina generale e circa 16.000 cittadini; a questi vanno aggiunti gli oltre 10-11mila residenti che il Cspo sta già contattando direttamente e che effettueranno lo screening secondo la vecchia procedura (ovvero con il ritiro e la riconsegna del kit presso il Cspo)."Il ruolo del medico di medicina generale può essere particolarmente importante – precisa il presidente Cioni – perché il rapporto di fiducia che esiste tra medico e paziente consente una migliore informazione e consapevolezza del significato del test. Oltre al fatto che la possibilità di ritirare e riconsegnare il test al proprio medico semplifica ulteriormente la procedura. Ovviamente, il medico di famiglia è fondamentale anche per gli accertamenti successivi, quelli cioè previsti per i soggetti risultati positivi al test". Secondo i dati dello screening effettuato dall'Azienda sanitaria nel resto del territorio di sua competenza, infatti, quasi il 13% (ovvero il 12,9%) dei soggetti risultati positivi rifiuta di proseguire con gli accertamenti nonostante che questo possa tradursi in un serio rischio per la salute. "In questo ambito l'intervento del medico di famiglia può risultare decisivo per convincere anche i più restii a proseguire con gli esami" aggiunge ancora il presidente Cioni.Il prossimo passo è arrivare alla definizione di un protocollo di sorveglianza dei soggetti in cui il rischio è maggiore rispetto alla media perché un loro familiare è stato colpito da cancro al colon retto. (mf)