Convegno "La parola Europa", il sindaco Domenici: "Riprendiamo il cammino delle riforme e investiamo nelle città"

"Sarebbe bello se da Firenze venisse un impulso perché l'Europa investa nelle sue città. Sarebbe ancor più importante se da questi due giorni uscisse un messaggio forte per riprendere il cammino delle riforme politiche e istituzionali di cui l'Europa ha bisogno. E che questo messaggio riecheggiasse in tutte le città del nostro Continente". Sono le parole del sindaco Leonardo Domenici, che stamani ha aperto il convegno internazionale "La parola Europa" che si tiene fino a domani nel Salone dei Dugento in Palazzo Vecchio, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con gli interenti di Carlo Azeglio Ciampi, Yves Meny, Valery Giscard D'Escaing, Joschka Fischer, Jorge Sampaio, Costas Simitis e Helmut Schmidt., Giuliano Amato, Enrique Baron Crespo, Antonio Meccanico, Giuseppe Mammarella, Enzo Cheli, Valdo Spini, Stefano Rodotà, Giovanni Gozzini."Qualche tempo fa Timothy Garton Ash, nel commentare la cerimonia inaugurale del nuovo Istituto di Scienze Umane avvenuta a pochi metri da qui in Palazzo Strozzi – ha detto il sindaco - proponeva un paragone tra la storia di Firenze e l'Europa presente, prendendo spunto dal concetto di ‘declino relativo', che sembra oggi caratterizzare la prospettiva del Vecchio Continente. Quella di Ash non era tuttavia una riflessione improntata al pessimismo: il ‘declino relativo', infatti, ‘non deve necessariamente essere assoluto', argomentava lo storico inglese, e "se noi europei (…) non ci illuderemo di poter avere la botte piena e la moglie ubriaca, cioè di mantenere la solidarietà sociale e la qualità della vita che si godono in Europa associate al dinamismo economico dell' America e dell'Asia (...) potremo continuare a vivere abbastanza bene'. E concludeva: ‘Dopo tutto Firenze non se la passa poi così male dopo cinquecento anni di declino relativo. Forse è Firenze il futuro dell'Europa'. A parte una certa dose di comprensibile orgoglio che può insinuarsi in me, fiorentino e sindaco, per quest'ultima affermazione – ha proseguito Domenici - la speranza è che, con il convegno di oggi e domani, a Firenze possa accadere qualcosa di realmente importante per ridare slancio, energia e vitalità al cammino verso l'unione europea. Serve una rinnovata spinta propulsiva in campo economico, dove, per invertire la tendenza alla bassa crescita, occorre maggiore dinamismo, più elevata presenza nei settori avanzati dell'industria e dei servizi, capacità di produzione ad alto livello di qualità. Serve, questa spinta, a livello politico-istituzionale, per riprendersi dal colpo di arresto inferto dai referendum francese e olandese, ma più in generale per reagire alla crisi attuale e al clima di sfiducia diffusa che aleggia intorno all'idea che l'unirsi dell'Europa possa andare oltre quanto già si è fatto (e comunque non è poco). E serve una ripresa dell'idea di Europa sul piano sociale, civile, culturale ovvero come senso comune, meglio ancora come il ‘sensus communis' di cui parlava Giambattista Vico, riferendosi non solo a una facoltà generale che tutti gli uomini possiedono, ma anche al senso che fonda la comunità, all'universalità concreta che costituisce l'unità di un gruppo, di un popolo, di un insieme di esseri umani"."Sentiamo il bisogno che questo progetto di unificazione politica (comunque il più importante del tempo in cui viviamo) riparta in qualche modo anche ‘dal basso'. Non in un'ottica populistica o in una ingenua visione di "democrazia partecipativa" su scala continentale, ma attraverso un radicamento nei territori e, soprattutto, nelle città. Più che di un'Europa delle città, abbiamo bisogno di un'Europa dalle città. E questo non solo per il motivo pratico e non secondario che circa il 70% degli europei vive in aree urbanizzate, ma anche per una ragione di tipo storico e identitario. Fino alla guerra dei Trent'anni e alle paci di Vestfalia lo spazio urbano era stato il campo assolutamente prevalente della convivenza pubblica, dopodiché molto cambiò con la costituzione degli stati regionali e nazionali. Ma si può dire che la civiltà europea comincia con la rinascita della città più o meno mille anni or sono. E la forma istituzionale, inizialmente privata e poi pubblica, che questa rinascita assume è il Comune. Il Comune nasce per affermare le rivendicazioni cittadine contro il signore feudale, per elaborare in modo autonomo le proprie leggi (gli Statuti), per interpretare una vocazione ‘democratica', sia pure in un modo diverso dalla accezione moderna di questo termine. Nel movimento comunale c'è qualcosa di liberatorio e di innovativo, che si è trasmesso fino ai giorni nostri. Molti di noi (io fra questi) hanno il privilegio di esercitare la propria funzione nei luoghi in cui i Comuni sono nati o si sono sviluppati secoli e secoli fa. Come ha scritto Rosario Villari: "In una Europa che ha visto immani distruzioni, sconvolgimenti catastrofici e rinnovamenti radicali, il filo della continuità fra le città medievali e gli attuali agglomerati urbani non si è mai completamente spezzato. Entrando in una chiesa tardomedievale o in un antico palazzo comunale, sostando in una piazza o attraversando un vicolo, in Toscana o nelle Fiandre, a Praga o a Dubrovnik, la percezione della continuità è immediata. Insieme ad essa, emerge anche, a pensarci, il senso delle lontane radici di una comune realtà spirituale e civile"."Lo scorso 9 novembre abbiamo sottoscritto a Roma una dichiarazione congiunta fra Commissione europea, Conferenza delle Regioni, Anci e Upi per collaborare alla diffusione dell'informazione sull'Unione europea a livello locale, in particolare sui temi che riguardano da vicino la vita quotidiana dei cittadini. E' un primo timido segnale, ma di sicuro non basta. Abbiamo bisogno che l'Europa, per se stessa e per il proprio futuro, investa di più sulle sue città e metta in relazione questo investimento con la formazione di una nuova classe dirigente europea fatta di persone competenti e responsabili, di funzionari, di tecnici, di ricercatori, di studiosi, di politici che abbia il compito di far crescere, accompagnare, governare e realizzare il processo di unificazione. Certo, in questo senso esiste già molto: ci sono i programmi Erasmus, c'è il (vorrei dire) nostro Istituto Universitario Europeo, ci sono le cosiddette capitali europee della cultura scelte anno per anno. Ma forse abbiamo bisogno di una vera e propria "rete", istituzionalmente riconosciuta dall'Unione, di città della conoscenza e della formazione, collegate fra loro e destinate ad accogliere i giovani europei che costituiranno la "leadership" dell'Europa del domani"."Sarebbe bello se da Firenze venisse un impulso in questo senso – ha concluso il sindaco Domenici - Sarebbe ancor più importante se da questi due giorni uscisse un messaggio forte per riprendere il cammino delle riforme politiche e istituzionali di cui l'Europa ha bisogno. E che questo messaggio riecheggiasse in tutte le città del nostro Continente".Il convegno "La parola Europa" è organizzato dal Gabinetto Vieusseux insieme all'Istituto universitario europeo, con il patrocinio del Comune di Firenze e il contributo dell'Ente Cassa di Risparmio e di Banca Toscana.(ag)