Il 15 novembre in Palazzo Vecchio conferenza di Carlos Montemayor
"Resistenza e Rinascimento indigeno: gli indios zapatisti del Chiapas", è il titolo dela conferenza del maestro Carlos Montemayor che si terrà il 15 novembre (ore 11.30) nel Salone de' Dugento in Palazzo Vecchio. L'iniziativa è stata presentata oggi dall'assessore alle relazioni internazionali Eugenio Giani, con i consiglieri Banca Maria Giocoli e Nicola Rotondaro che parteciparono alla sottoscrizione del gemellaggio con Puebla, il presidente della commissione Pace Lorenzo Marzullo e le organizzatrici Alejandra Ortiz e Ruby Eugenia Villareal."Un grande ringraziamento ha sottolineato l'assessore Giani va alla comunità messicana a Firenze che è riuscita a portare nella nostra città un personaggio di grande spessore non solo in Messico, ma nel mondo intero. Con la sua azione Montemayor ha ricoperto un ruolo essenziale nella fase di ricerca di dialogo fra gli indios zapatisti del Chiapas e il governo messicano".Montemayor è un grande scrittore, esperto di cultura indigena e lotte sociali del Messico, giornalista, docente universitario, saggista, poeta e punto di riferimento e moderatore tra il EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, attualmente movimento sociale di lotta politica pacifica) e la società civile, intellettuale ed istituzionale del Messico."Siamo qui, i morti di sempre, morendo di nuovo però questa volta per rinascere" dicevano gli insorti zapatisti in un comunicato. Ma non c'era odio. I maya del Chiapas erano insorti per conquistare la parola, si erano coperti il volto per essere visti, facevano la guerra per conquistare la pace. Non volevano conquistare il potere, né instaurare una repubblica indigena, e neppure il "comunismo primitivo".Volevano continuare ad esistere all'interno della nazione messicana, senza un ruolo subordinato e mantenendo la propria civiltà. E mentre altrove nel mondo si praticava la pulizia etnica, essi davano una lezione di moderazione esigendo "tutto per tutti, nulla per noi soli". Il loro cuore batteva nel passato, però lo sguardo scrutava il futuro. La rivolta oltrepassò i confini del Chiapas e del Messico assumendo rapidamente un nuovo significato. Da allora sono passati 12 anni. Le armi indigene hanno taciuto. Tuttavia i ribelli maya non hanno mai smesso di creare situazioni memorabili e di inviare messaggi a chi disposto ad ascoltare. La Giungla Lacandona, che qualcuno aveva chiamato "il deserto della solitudine", è diventata un polo di resistenza dove si pensano, si dicono e si fanno cose importanti per l'umanità del prossimo millennio.(fd)