Bosi (FI): «A favore di Israele senza tentennamenti»
Questo il testo dell'intervento di Forza Italia Enrico Bosi:«La nostra mozione è molto chiara e netta: pieno sostegno a Israele in questa che si può chiamare la sesta guerra israelo-araba.Noi manifestiamo quindi la nostra solidarietà allo Stato ebraico riconoscendo la continua e grave minaccia alla quale è esposto per la presenza di basi terroristiche vicine ai propri confini e per l'azione destabilizzatrice dei governi siriano ed iraniano che fomentano e sostengono il terrorismo propugnandone la distruzione.Chiediamo anche la liberazione dei prigionieri, condizione primaria per riaprire il dialogo nelle aspettative di una tregua, di pace e di rispetto reciproco con le componenti non violente del mondo palestinese e libanese.Chiediamo anche il disarmo degli Hezbollah ed il dispiegamento dell'esercito libanese lungo la frontiera.Nello stesso tempo contestiamo la politica di "equivicinanza" del nostro governo e del suo ministro degli esteri, al quale ricordiamo che la Conferenza di Roma si fa nella nostra capitale soltanto per ragioni di sicurezza (doveva tenersi infatti a Il Cairo) e non per il lavoro della nostra diplomazia.Riteniamo inoltre di sottolineare l'infelice uscita del "facilitatore" Prodi che poteva risparmiarsi l'invenzione di un ruolo che non gli compete, mancandogli, fra l'altro, le capacità e l'autorevolezza per svolgerlo. La sua telefonata al mediatore iraniano Larijani, "padrino" dei guerriglieri Hezbollah e protagonista dei negoziati farsa sul nucleare, ci ha reso ridicoli in tutto il mondo.Vogliamo ricordare anche che questa guerra sta determinando in Israele la liquefazione della sinistra israeliana: gli oppositori alla guerra nel Libano che nel 1982 si erano radunati, in 40mila, nella piazza principale di Tel Aviv, avanti ieri si contavano in appena qualche centinaio. Come si spiega questo cambiamento?Israele si è accorto che qualsiasi concessione ai Palestinesi è interpretata come un gesto di debolezza, non di volontà di pace.In secondo luogo perché ha compreso che con il terrorismo non si può trattare.In terzo luogo perché sa che, nonostante tutte le accuse dell'Europa, in questa battaglia, oltre che alla propria sopravvivenza è in gioco il proprio ruolo di baluardo dell'Occidente. Ma questa non è la sola differenza con la guerra in Libano, 25 anni fa.Al posto dei guerriglieri dell'Olp di Arafat ci sono i guerrieri di Hassan Nasrallah. Sono diversi nella tattica di combattimento, nell'armamento, nella disciplina. Lo sono soprattutto nella strategia. In comune col passato non hanno che la volontà di distruggere Israele. Ma gli Hezbollah vogliono una Palestina (e nella misura del possibile, un Libano) non laica ma islamica. Hanno sostituito all'URSS (anche se i comunisti catto-laici e i no-global continuano a tifarlo) l'Iran di cui costituiscono una sorta di braccio armato d'esportazione e la Siria, guidata dal debole figlio di Assad padre.Radicalmente cambiati infine sono il governo israeliano e la situazione politica in cui opera. Governo guidato da un delfino di Sharon, ma che, a differenza del governo Begin del 1982, gode di un più largo consenso popolare dall'estrema destra all'estrema sinistra.Nel quadro interno c'è, come nel 1948, la consapevolezza di una guerra per la sopravvivenza. A livello internazionale c'è la comprensione di gran parte delle grandi potenze.Queste differenze col passato sono decisive per la condotta, la durata e il possibile allargamento del conflitto. Che sarà relativamente breve se la Siria non si farà coinvolgere e l'Iran accetterà la sconfitta del suo braccio armato in Libano. Lunga e pericolosamente estesa alla regione se Assad e Ahmadinejad vedranno nel successo delle armi israeliane una minaccia mortale per il loro potere e prestigio».(fn)