Unity in Diversity, gli interventi dei sindaci a conclusione della terza giornata
A conclusione della terza giornata di lavori di Unity in Diversity, il sindaco Dario Nardella ha dato la parola a tutti i rappresentanti delle città che, fino ad oggi, non erano ancora intervenuti nel forum.
Èstata l’occasione, per 12 sindaci di altrettante città del mondo, di affermare le proprie convinzioni sui fenomeni delle migrazioni e su come raggiungere l’obiettivo dell’integrazione e della convivenza pacifica tra etnie e culture diverse.
Queste le sintesi degli interventi
Rijeka – Croazia
“La nostra è una regione turistica, la città ha 100mila abitanti di cui tra i 20 e i 25mila studenti universitari. Il 21% della popolazione è composto di minoranze etniche. Quella di Rijeka è una storia molto complicata, dalla Fiume di D’Annunzio alla Jugoslavia, fino all’attualità.
Crediamo nelle città come generatrici di cambiamento; le città sono molto più dinamiche e flessibili degli stati. Oggi serve una rete veloce e moderna tra le città, che si scambino buone pratiche su come vivere tutti insieme pacificamente, e la Carta di Firenze può essere un buon inizio”
Herat – Afghanistan
“Herat è la terza città per grandezza dell’Afghanistan. Abbiamo bellissimi siti medievali, ma anche una storia molto travagliata.
La guerra ha fatto negli anni ’80 3mila vittime civili. Nel 1995 è cominciato il regime talebano, e nel 2001 è arrivata la liberazione. Oggi, a causa delle guerre, il 20% delle case sono distrutte, ed abbiamo oltre 400mila persone senza fissa dimora. In molti sono scappati. La città ha dovuto affrontare grossi problemi per l’afflusso di persone provenienti da contesti diversi. La situazione oggi, con Isis e talebani, è difficile, e l’area non è sicura. Ancora in molti fuggono. La nostra sfida è creare le condizioni perché le persone decidano di restare, felici e sicure nel luogo dove sono nate. Cerchiamo tutti insieme le soluzioni”.
Sliema – Malta
“Malta è da sempre crocevia di molti flussi migratori. Nel corso del XX secolo, a cavallo tra le due guerre mondiali, a causa delle condizioni economiche, molti maltesi sono emigrati in ogni parte del mondo. Oggi dovremmo garantire le stesse condizioni che furono garantite ai nostri connazionali anche ai migranti che provengono da zone di guerra e di carestie”.
Porto - Regione del Nord Portogallo
“Crediamo nel creare valore attraverso la cultura. Il nord del Portogallo è una piccola regione, ma contiene molti retaggi culturali diversi. Quello che tentiamo di fare è di accettare tutti e convivere pacificamente insieme.
La migrazione fa parte dei diritti fondamentali dell’uomo; in ogni epoca l’uomo si è spostato per cercare i luoghi migliori dove poter vivere.
Negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, molti portoghesi sono emigrati: oggi abbiamo il dovere di rispettare tutte le diverse culture dei migranti contemporanei”.
Tirana – Albania
“All’inizio degli anni ’90, in migliaia dall’Albania migrarono in Italia. Allora, l’albanese veniva guardato come ‘il diverso’, ma oggi possiamo dire che quelle migliaia di persone, con molte famiglie alla seconda generazione, si sono perfettamente integrate e sono cittadini italiani. Lavorano, studiano, producono ricchezza per quello che oggi è il loro paese. Crediamo che questo possa essere un bellissimo esempio di come oggi dovrebbe essere trattato il fenomeno delle migrazioni”.
Istanbul - Turchia
Il rappresentante del municipio di Istanbul ha sottolineato come: “Ogni popolo dovrebbe condividere le proprie conoscenze per evitare i conflitti. La Turchia ha visto arrivare due milioni di profughi. Questa migrazione è fonte di crisi. Tutta l’Europa è chiamata a trovare soluzioni per queste migrazioni. Non solo Istanbul si sta attivando ma anche altre città alle quali ripetiamo sempre: pensate locale ma agite globale”.
Mitrovica – Kosovo
Mitrovica in Kosovo è una città, ancora oggi divisa. Il rappresentante della comunità ha raccontato “di molte zone etniche ancora esistenti. Il ponte sul fiume Ibar, che dovrebbe essere un simbolo d’unione, è invece usato in modo non giusto. Ospitiamo, comunque, molti profughi e cerchiamo di lavorare per integrarli nella nostra città”.
Qalqilya – Cisgiordania
Un accorato appello per la paceè arrivato dal rappresentante della città di Qalqilya in Cisgiordania. “Abbiamo fatto tanti appelli alla Comunità internazionale al fine di lavorare per una fratellanza vera. Chiediamo pace e giustizia per la Palestina. L’occupazione e l’odio verso l’altro non aiuta a creare la pace. Gli accordi di Oslo di 22 anni fa hanno tolto la speranza a tanti giovani. I tanti profughi costretti a scappare non chiedono altro che vivere in pace e sicurezza. Il 70% dei palestinesi vive, ormai, da profugo. Siamo come tutti gli altri popoli. Il diritto al ritorno alla propria casa è un diritto internazionale sancito dall’Onu. Chiediamo libertà ed indipendenza e lavorare affinché anche i nostri bambini possano giocare e crescere in pace”.
Bled – Slovenia
Il rappresentante della municipalità di Bled ha raccontato di come siano arrivati in pochi mesi “170.000 profughi. Un flusso di migranti al quale occorre far fronte. Uno choc culturale per tutti noi. Dobbiamo fare qualcosa per evitare questo esodo di massa e devono essere l’Europa e la Nato a dare delle risposte”.
Gostivar - Macedonia
Gostivar, in Macedonia, è una città multietnica. “Vivono insieme albanesi e macedoni – ha spiegato il sindaco del comune – e cerchiamo di tenere uniti i due gruppi etnici. Credo che i governi centrali dovrebbero delocalizzare e dare più poteri alle città perché i cittadini sono più vicini al governo locale. Quando c’è stata la guerra nel Kosovo la mia città è diventata famosa perché ha ospitato il più grande campo profughi con oltre 100.000 persone. Profughi che, dopo la guerra, sono tornati a casa. Adesso assistiamo a questa migrazione dalla Siria ma siamo convinti che anche in quel paese, prima o poi la guerra finirà e dobbiamo lavorare per far rientrare questi nuovi migranti nelle loro case”.
Turku – Finlandia
Turku, cittadina finlandese gemellata con Firenze, appoggia tutte le iniziative anche se lontana dalle aree dove si sta affrontando la crisi degli immigrati. “Ma anche noi abbiamo migliaia di profughi – ha aggiunto il sindaco – ed ora che sta arrivando il freddo siamo impegnati a trovare degli alloggi. Bisogna, prima di tutto, capire perché queste persone stanno scappando lasciando le proprie case ed avere una maggiore collaborazione per capire meglio le differenze”.
Estoril – Portogallo
La comunità di Estoril, nel comune di Cascais, è l’avamposto più occidentale d’Europa. “In quel punto del Portogallo – ha detto il sindaco – sono presenti 75 nazionalità diverse. Tante religioni e tante culture. Il governo locale ha un ruolo chiave nelle politiche culturali. Noi educhiamo i nostri figli al rispetto delle differenze. E’ l’unico modo per trovare una piena convivenza”.
(fdr-s.spa)