Unity in Diversity, Terza giornata, I sessione: Migrazioni, sfide ed opportunità. Come contenere la crisi dei rifugiati

La terza giornata di Unity in Diversity a Palazzo Vecchio si è aperta questa mattina con il saluto dell’assessore alla cooperazione e relazioni internazionali Nicoletta Mantovani, e ha visto come primi interventi Laurens Jolles, responsabile per l’Europa del Sud dell’UNHCR e Fadhel Moussa, professore dell’Università di Tunisi, membro dell’Assemblea Nazionale Costituente della Tunisia.


Questa la sintesi dell’intervento di Laurens Jolles


“E’ evidente che in Europa stiamo vivendo una crisi di grandi dimensioni riguardo ai rifugiati: 700mila arrivi nell’ultimo anno sul suolo europeo. Ed è altrettanto evidente che gli strumenti che abbiamo per fronteggiare la crisi non sono adeguati. Ogni giorno dalle 5 alle 10mila persone arrivano in Grecia da paesi come Afghanistan, Iran, Siria, Libano, Turchia. Ci sono molti fattori che contribuiscono a questo fenomeno, ma alla base c’è il fallimento della Comunità Internazionale nel gestire i conflitti. Quello che vediamo oggi è un fenomeno nuovo, con migliaia di persone che attraversano l’Europa alla ricerca di un luogo dove potersi ricostruire una vita, ed è un fenomeno che non può coinvolgere la sola Europa. Queste persone scelgono infatti i luoghi che offrono le migliori opportunità di integrazione, in Europa come negli Usa o in Canada.
Questa situazione presenta molte sfide, non solo per una politica comune da parte dell’Europa, ma anche per le responsabilità dei singoli stati nell’individuare le corrette pratiche da adottare per i rifugiati.
Queste alcune delle principali domande a cui dobbiamo cercare una risposta:
1) Il sistema attuale in Europa è in grado di affrontare la crisi dei rifugiati?
2) E’ ragionevole pensare che paesi con un forte tasso di disoccupazione e politiche di welfare deficitarie possano accogliere i migranti?
3) Può l’Unione Europea continuare a permettere che centinaia di migliaia di persone restino intrappolate nei confini di paesi minacciati alle proprie frontiere, come avviene ad esempio in Siria, Libano, Palestina?
4) Come sconfiggere xenofobia e razzismo abilmente cavalcati da politici populisti e senza scrupoli?
5) Come dare soddisfazione alla richiesta del diritto di cittadinanza da parte dei profughi?
6) E’ giusto continuare a distinguere tra profughi di guerra e migranti economici? O non dovremmo piuttosto inquadrare entrambi i fenomeni in una più vasta crisi globale?
Le due parole chiave sono SOLIDARIETA’ e RESPONSABILITA’. Finalmente si è compreso che non possono essere le sole Italia e Grecia ad affrontare i flussi migratori, ma si devono ancora trovare risposte concrete per accogliere ed identificare i rifugiati in Europa.
Altro elemento positivo è che si è compreso che l’arrivo di queste persone da altri paesi contribuisce allo sviluppo economico dei paesi europei. Sempre di più dobbiamo comprendere come il multiculturalismo rappresenti un arricchimento e non un rischio da cui difendersi.
Questo è un momento cruciale per affrontare questo fenomeno, per L’Europa e per la Comunità Internazionale. Come affronteremo le sfide che abbiamo davanti definirà chi siamo e chi vogliamo diventare in futuro”.

Il professor Fadhel Moussa della facoltà di Scienze giuridiche, politiche e sociali della Tunisia, membro dell’assemblea nazionale costituente ha ripercorso la “Rivoluzione dei Gelsomini” che ha caratterizzato la storia della Tunisia nel biennio 2010/2011.
“Il premio Nobel assegnato al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino per il suo contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralista, dopo la rivoluzione dei Gelsomini del 2011, è stata una bellissima notizia per la Tunisia che dal 26 gennaio 2014 ha una nuova Costituzione. La transizione verso la democrazia – ha spiegato Fadhel Moussa – nata con la rivoluzione è stata portata a termine. La nuova costituzione pone la Tunisia al centro del Mediterraneo, crocevia di civiltà, parla di un Islam fondato sulla moderazione, la libertà di culto e di credenze. Punta molto sull’unità nella diversità. E, dopo anni, si riconosce la dimensione locale della Tunisia. Perché la rivoluzione è partita da una serie di manifestazioni di piazza che hanno scosso varie città dopo la morte di Mohamed Bouazizi, il giovane commerciante ambulante che si era dato fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid per protestare contro il sequestro della propria merce da parte delle autorità il 17 ottobre 2010. Poteva immaginare che col suo sacrificio il martire Bouzid avrebbe fatto partire la Rivoluzione dei Gelsomini? Il Quartetto, premio Nobel, ha sempre pensato a lui ed è riuscito a mettere d’accordo i 21 partiti tunisini presenti in Parlamento. Adesso c’è un cantiere aperto in Tunisia e, dopo aver eletto un Presidente ed un Governo, stiamo riprendendo il dialogo con le diverse realtà. La Tunisia deve essere maggiormente sostenuta attraverso la cooperazione e lo sviluppo ripartendo dalle città perché, come diceva Giorgio La Pira, le città non vogliono morire”.
(fdr-s.spa)