Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Grassi, Cellini e Rete delle Donne di SEL: "Non serve il solo inasprimento delle pene"

"Necessario prevenire con un impegno incessante delle istituzioni e un profondo cambiamento culturale e del linguaggio usato dai media e dalla comunicazione"

"Il femminicidio e ogni tipo di violenza contro le donne - affermano il Consigliere comunale Tommaso Grassi, la Consigliera del Quartiere 3 e componente della Commissione Pari Opportunità Francesca Cellini, insieme alla Rete delle Donne di Sinistra Ecologia e Libertà di Firenze - sono da sempre delle emergenze nazionali, e le denunce delle associazioni e dei movimenti delle donne che hanno sempre denunciato e agito contro tutto questo, troppo spesso sono passate sotto silenzio o finita nella cronaca nera, facendo passare la violenza e il femminicidio come gesto di follia, raptus o delitto passionale. La violenza di genere non è un raptus né la manifestazione di una patologia. Dobbiamo invece comprendere tutte le manifestazioni di violenza contro le donne e mettere in campo strumenti di prevenzione e contrasto di lungo periodo che agiscano culturalmente, nel profondo, per evitare che queste violenze possano moltiplicarsi e permanere."
"Le ricerche sulla violenza di genere ci dicono invece che questa si esprime con una escalation di episodi sempre più gravi, non è quasi mai episodica e spessissimo i suoi autori sono lucidissimi. Ben differenti invece sono, di questo tipo di violenza, le radici profonde e si compie principalmente nell’ambito familiare e di conoscenza. La violenza sta nel distorto rapporto tra i sessi e nella paura di perdita di controllo e di possesso da parte del genere maschile su quello femminile. Si identifica la donna con il corpo, in funzione sessuale e riproduttiva. Non si considera la donna come persona e quindi non se ne accetta la libertà di scegliere e di decidere. Si tratta quindi di una questione culturale fortemente stereotipata da sradicare."
"Per questo pensiamo che il rimedio non stia esclusivamente nell’inasprimento delle pene o nella irrevocabilità, da parte della donna, della querela come è previsto nella legge recentemente approvata in Parlamento. Lo Stato, le istituzioni, tutte, devono assumersi la responsabilità e impegnarsi concretamente per porre fine a questa mattanza che non è più tollerabile, attuando misure concrete di prevenzione a partire da programmi di sensibilizzazione nelle scuole di ogni ordine e grado controllando anche i messaggi e le immagini sessiste infarcite di stereotipi che troppo spesso compaiono sui libri di testo fin dalle elementari che propongono una divisione di ruoli e attitudini tra maschi e femmine. Non si nasce uomo o donna secondo gli stereotipi. Lo si diventa attraverso indirizzi che vengono propinati sin dall’infanzia."
"Far sì che nei media, sui giornali e nella pubblicità non vengano usati linguaggi e immagini sessiste, omofobe, razziste, ma si inizi dai piccoli segnali a partire dalla differenziazione dei nomi per le professioni e dei titoli tra genere femminile e maschile. Solo così si può contribuire a compiere quel cambiamento culturale finalmente liberato dagli stereotipi, necessario per tentare di porre rimedio a questo problema. Trattandosi di violenza maschile agita sulle donne, devono essere proprio gli uomini i primi a farsene carico e a interrogarsi su ciò che accade prendendo loro stessi iniziative contro ogni forma di violenza."
"Nonostante la ratifica da parte del nostro Parlamento della Convenzione di Istanbul, che é inserita in un provvedimento parlamentare che per gran parte esula dalla violenza alle donne e si inserisce in un campo securitario e di mera repressione, e che rischia di individuare nuove pene a violenza perpetrata ma di non incidere come necessario nell'ambito della prevenzione, adesso si tratta di prendere provvedimenti concreti, a cominciare dal finanziamento degli Enti locali ai Centri Antiviolenza in tutto il territorio. Questi centri hanno una funzione importante dove le donne che hanno subito violenza trovano immediato ascolto e un aiuto qualificato per attuare percorsi che le facciano uscire dalla paura e le aiutino a riprendersi la loro vita. Per questo occorrono finanziamenti che incrementino la loro azione e diffusione da parte dello Stato, delle Regioni e dei Comuni. Non abbiamo bisogno infatti di un bilancino per stabilire se siamo di fronte a un problema gravissimo: un Paese democratico non può tollerare che dieci milioni di cittadine siano vittime di violenza, sia essa psicologica, fisica e sessuale."

(fdr)