Treno della Memoria, Cosimo Guccione (PD): "Un'esperienza emozionante"

"Ogni anno celebriamo il giorno della memoria, ma poi, nella vita di tutti i giorni, rischiamo di continuare ad odiare il diverso"

La scorsa settimana sono stato sul Treno della Memoria per Auschwitz, che la Regione Toscana, oramai tra le ultime regioni, organizza da molti anni.
Sul treno viaggiavano circa 500 studenti delle superiori da tutta la regione, una settantina di insegnati, 50 studenti universitari, tantissimi giornalisti e molti amministratori e membri di varie associazioni.
I tantissimi giovani presenti si sono sempre dimostrati interessatissimi, rivolgendo molte domande durante gli incontri organizzati sul treno e con associazioni e testimoni. Incontri organizzati e voluti tra gli altri da Ugo Caffaz, responsabile regionale del progetto, a cui credo debba essere fatto da tutti noi un di ringraziamento speciale per la passione e la dedizione con cui organizza un evento così importante.
Partivo sicuro che sarebbe stata un’esperienza emozionante, così è stato.
Tornato dal viaggio penso che il mio compito sia quello di raccomandarvi di visitare almeno una volta nella vita uno dei campi di sterminio e di non andarci né in macchina né in aereo, ma in treno, perché è l’unico mezzo che, con la sua lentezza, permette di riflettere su cosa si stia andando a vedere.
Durante il viaggio di andata ho letto “Un adolescente in lager” il libro memoria di Marcello Martini.
Marcello venne arrestato a soli 14 anni per aver partecipato a un'azione antifascista nelle colline Pratesi, aveva aiutato cinque radiofonisti alleati a nascondersi dopo essersi paracadutati con dei nuovi strumenti per Radiocora, la radio antifascista fiorentina.
Venne dapprima incarcerato alle nostre Murate di via Ghibellina per poi essere deportato, dopo varie vicissitudini, nel campo di concentramento e sterminio di Mauthausen.
La storia di Marcello è davvero emozionante e piena di, come li definisce lui, miracoli operati dalla solidarietà dei suoi compagni di prigionia. Se la vita nei campi di sterminio era impossibile per gli adulti, figuriamoci per un ragazzino appena entrato nell’adolescenza.
C’è stata però una frase che mi ha davvero colpito nel suo libro di memorie e che riguarda tutti noi.
Marcello, nelle ultime pagine, scrive infatti che “le istituzioni non lo hanno mai sostenuto o aiutato”.
E’ stata una frase che, viaggiando come rappresentante della nostra città insieme al gonfalone, mi ha lasciato un vuoto dentro e una grande domanda.
Oramai sono passati 70 anni dalla sua liberazione e Marcello di anni ne ha 85 ma mi domando cosa, noi, oggi, rappresentanti dei cittadini, delle istituzioni e della politica possiamo fare? Cosa dobbiamo fare?
Ho provato a darmi una risposta osservando la forza di Marcello, di Vera Salomon, di Vera Vigevani e delle sorelle Bucci che davanti a 700 persone non avrebbero mai voluto smettere di parlare e di raccontare. C’è una cosa particolare che accomuna quasi tutti i testimoni ancora in vita, il grande silenzio che c’è stato dopo la liberazione; molti di loro infatti non hanno più raccontato niente per oltre 50 anni, fino agli anni ‘90. Molti per timore di non essere creduti.
Per me chi fa politica ha un grande onore, poter parlare ed essere ascoltato.
Già, una cosa forse oramai banale, ma allo stesso tempo potentissima.
Per questo credo che la politica, tutta, dovrebbe avere la consapevolezza di essere una guida per chi ascolta evitando dunque messaggi di odio.
Odio, il grande male che affligge gli uomini e che riempì le menti di chi organizzò burocraticamente e scientificamente lo sterminio di milioni di vite umane perché considerate inferiori.
Ogni anno celebriamo il giorno della memoria, ovvero cerchiamo di ricordare il passato portandolo nel futuro, ma poi, nella vita di tutti i giorni, rischiamo di continuare ad odiare il diverso, che sia ebreo o cristiano, mussulmano o valdese, rom o africano, omosessuale o transessuale apolide o clandestino. Tutto ciò rischia di portarci sempre più nel fondo di una spirale d’odio che giorno dopo giorno aumenta solamente il nostro livello di assuefazione.
Io non credo che questo sia un bel servizio a chi è tornato da quei campi di morte, soprattutto se a portarlo avanti è la politica, da cui cercavano risposte.
Dobbiamo continuare invece a dare la possibilità a Marcello, e a tutti gli altri testimoni, di raccontarci le loro memorie per poterle poi portare noi nel futuro, onorandone il ricordo ed essendone a nostra volta testimoni.
O come si ama definire Vera Vigevani, partigiani della memoria. (s.spa.)