Giorno della Memoria, Silvia Noferi (M5S): "Il ricordo di quelle atrocità non può e non deve essere cancellato né dalla nostra memoria di individui né da quella storica"
Ci uniamo ai colleghi e alle istituzioni che onorano il ricordo della persecuzione nazifascista del popolo ebraico, con un sentimento di sincero cordoglio e commozione.
Il ricordo di quelle atrocità non può e non deve essere cancellato né dalla nostra memoria di individui né da quella storica; troppo grandi furono le atrocità e le ingiustizie per poter sperare nell’oblio.
Fu un genocidio programmato scientificamente, organizzato e parcellizzato nelle sue fasi in modo spietato e disumano; il numero delle vittime fu di circa 6 milioni di ebrei.
Ma qual è quel numero che delinea l’atrocità?
La nostra capacità di inorridire può cambiare di fronte all’uccisione di numeri inferiori di persone?
No, non può e non deve essere diversa questa sensazione di orrore; non possiamo e non dobbiamo dimenticare le stragi di tanti altri innocenti, di altri popoli, anche recentemente, alcuni negati perfino nel loro accadimento, come per esempio il genocidio del popolo armeno nel 1915 in cui furono uccise un milione e duecentomila persone.
Non possiamo ignorare le altre stragi come non possiamo ignorare tutte le sopraffazioni dei più forti sui più deboli, le ingiustizie e la violenza.
Ma come è potuto accadere all’interno della colta Europa il verificarsi di una simile barbarie?
Grandi intellettuali e filosofi si sono spesi per aiutarci a dare una spiegazione a tutto questo.
Theodor Adorno nel suo saggio Dialettica negativa del 1975 afferma che: “Auschwitz dimostra inconfutabilmente il fallimento della cultura e dell’interpretazione illuminista della storia”.
Ma Adorno non si rassegna e propone anche una soluzione: il recupero dei valori propri dell’umanesimo e la rivalorizzazione della dimensione umana.
Anche Erich Fromm, ebreo rifugiato negli Stati Uniti, riflette su questo tema e nel suo saggio “Anatomia della distruttività umana” arriva alla conclusione che l’aggressività e la distruttività umana risentono delle condizioni ambientali in cui l’individuo cresce, matura e della struttura del sistema sociale stesso.
Auschwitz non può più essere solo un monumento ma anche l’occasione per ripensare il futuro dell’educazione delle giovani generazioni, l’occasione per la ricostruzione della trama della solidarietà e della democrazia.
Come Istituzioni bisogna fare attenzione alle fasce marginali della popolazione, bisogna essere capaci di creare integrazione e non periferie mentali oltre che abitative.
I testimoni diretti stanno scomparendo rimangono le prove e quelle devono essere attualizzate per educare le giovani generazioni a riconoscere in quali forme la barbarie si ripresenta e per far questo tutti i nostri sforzi devono essere concentrati per facilitare la nascita di una coscienza critica.
È profondamente sbagliato puntare su una istruzione scolastica che sia esclusivamente formazione professionale, questa semmai serve a creare forza lavoro specializzata, non cittadini consapevoli e attenti.
Bisogna insegnare ai ragazzi a riconoscere “l’odore del fumo”, quello che non hanno saputo e VOLUTO fare i civili tedeschi che abitavano vicino ai campi di sterminio, bisogna insegnare a distinguere “la banalità del male”, quando tutto diventa conformismo, obbedienza alla burocrazia, slogan di gruppo.
Raffaele Mantegazza, pedagogista interculturale all’Università di Milano e autore del libro “Nessuna notte è infinita” sintetizza questa semplice ma di questi tempi, rivoluzionaria, tesi:
“Oggi manca l’incontro fra l’indignazione e un progetto politico che non preveda più il fascismo. La memoria da sola non basta, non è come una pasticca di Malox. Bisogna partire dalle emozioni per costruire un discorso politico. La democrazia non è una pillola, serve una mediazione adulta, una costruzione di un progetto politico..
Prima erano i rastrellamenti oggi è la violenza su tutte le forme di diversità. È in atto il progetto di liquidazione del pensiero divergente, con armi diverse. Abbiamo rubato il futuro ai giovani e questo è frutto di un progetto politico.”
Parlava alla festa dell’Unità l’otto settembre 2012 eppure sembra il secolo scorso.
In estrema sintesi, per concludere, il senso di questa celebrazione, in questa società senza memoria dominata dall’indifferenza, oltre al ricordo e alla pietà per il popolo ebraico deve essere anche pietà e indignazione per tutti gli atti di violenza e fascismo riconoscibili nelle varie declinazioni. Soprattutto non può essere solo memoria di avvenimenti ormai molto lontani nel tempo, deve essere una memoria che valuti e aborrisca tutti gli stermini, i bombardamenti e persecuzioni su civili inermi assai più recenti, una memoria che ci aiuti a tener presentequello che diceva Bertold Brecht: “Il ventre è ancora fecondo”.
(s.spa.)