Blocco Fornero perequazione delle pensioni, Forza Italia: «C'è tempo fino al 31 dicembre per avanzare ricorso. In Toscana interessata platea di oltre 320mila pensionati»

Cellai: «Si dia attuazione alla risoluzione approvata lo scorso 28 novembre dal consiglio comunale»

“Informare i cittadini interessati dal blocco pensionistico del 2011 (cosiddetto “blocco Fornero”) della possibilità, rivolgendosi ai propri legali di fiducia o ai patronati presenti sul territorio, di interrompere la prescrizione dei loro diritti”. Questo, insieme all’invito al sindaco “di intervenire sul Governo e il Parlamento per dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale a favore dei titolari di pensione interessati dalla legge Fornero”, prevede la risoluzione proposta dal gruppo di Forza Italia e approvata dal Consiglio comunale nella seduta dello scorso 28 novembre.

«Il governo Renzi con il D.L. 65/2015 non ha dato applicazione alla sentenza della Corte costituzionale 70/2015 che ha dichiarato illegittima la legge 214/2011 Monti/Fornero e, pertanto, lo obbligava a restituire ai pensionati la perequazione delle pensioni, per gli anni 2012 e 2013 e seguenti che era stata loro sottratta dal governo Monti/Fornero, bloccando sostanzialmente un aumento applicato annualmente dall’Inps per adeguare l’importo delle pensioni agli aumenti del costo della vita – hanno dichiarato il capogruppo Cellai e i consiglieri del gruppo Tenerani, Tani e Razzanelli –. La legittimità di tale legge, su richiesta di alcuni Tribunali, tra i quali Palermo, Brescia, Milano, Napoli, Genova, Torino, Cuneo, e le Corte dei Conti Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Lombardia, è attualmente al vaglio della stessa Corte Costituzionale. Il prossimo 31 dicembre scade comunque il termine per fare ricorso; dopo di che c'è la prescrizione e si perdono non solo la perequazione per gli anni 2012/2013 ma anche i relativi adeguamenti derivanti dalla mancata perequazione per gli anni a venire».

“Vogliamo ricordare ai cittadini – hanno aggiunto Cellai, Tenerani, Tani e Razzanelli – che c’è tempo fino al prossimo 31 dicembre per presentare ricorso. Un’informazione importante che vogliamo raggiunga tutti coloro che hanno diritto di ricorrere, e sono moltissimi. La legge n. 214 del 22 dicembre 2011 ha infatti escluso per gli anni 2012 e 2013 la rivalutazione automatica di tutte le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS dell’anno rivalutato, ovvero 1443 € mensili lordi. Tutti i trattamenti pensionistici di importo superiore sono stati esclusi da rivalutazione. Sul totale di 16.533.152 pensionati, oltre 5 milioni sono stati esclusi da rivalutazione, un pensionato su tre”.

“Per questo è importante che chi ha diritto si rivolga ai propri legali o ai patronati per riavere indietro ciò che gli spetta di diritto” hanno concluso i consiglieri azzurri. (fdr)

Segue il testo completo della risoluzione

IL CONSIGLIO COMUNALE PREMESSO CHE

- l’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214 ha escluso per gli anni 2012 e 2013 la rivalutazione automatica (ai sensi dell’art. 34, c. 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 e con le percentuali previste dall’art. 69 della legge 23 dicembre 2000, n. 388) di tutte le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS dell’anno rivalutato, ovvero 1443 € mensili lordi. Tutti i

trattamenti pensionistici di importo superiore sono stati esclusi da rivalutazione. Sul totale di 16.533.152 pensionati, n. 5.242.161 sono stati esclusi da rivalutazione, un pensionato su tre. - Fonte: INPS, Casellario Centrale dei Pensionati al 31.12.2012; - La Corte Costituzionale, con sentenza 30 aprile 2015, n. 70 ha dichiarato: “l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui prevede che «In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento”; - per effetto di tale pronuncia di incostituzionalità, i titolari dei trattamenti pensionistici esclusi hanno riacquistato retroattivamente il diritto alla rivalutazione dei propri trattamenti pensionistici e quindi ad ottenere: a) il pagamento degli arretrati con interessi dalla maturazione al saldo e rivalutazione; b) il ricalcolo della pensione, a valere sugli trattamenti successivi e sulla determinazione degli assegni futuri; - Il Governo è intervenuto con il decreto legge 21 maggio 2015 n. 65, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 luglio 2015, n. 109, procedendo a una solo parziale e molto limitata restituzione degli arretrati e ad una ancora più irrisoria ricostruzione dei trattamenti pensionistici, con grave pregiudizio per i pensionati; - che in concreto gli importi restituiti oscillano tra lo 0% e il 21% di quanto spettante, con un danno pari ad almeno il 79% (e al 100% per le pensioni superiori ai 2.810 € mensili lordi); - in base al provvedimento del Governo gli arretrati liquidati nel cedolino pensione di agosto 2015, hanno oscillato tra i 150 e gli 800 € (0 € per i titolari di pensioni superiori a 2.810 € mensili lordi), con la ingannevole descrizione “CREDITO SENTENZA C.C. 70/2015”, non conforme all’effettivo calcolo che applica, in realtà, il D.L. n. 65/2015; - come espressamente dichiarato dall’INPS (Circ. 25 giugno 2015, n. 125) “Il riconoscimento della perequazione nei termini sopra indicati opera esclusivamente ai fini della determinazione degli importi arretrati relativi agli anni 2012-2013”. Gli arretrati, cioè, non si consolidano nell’assegno pensionistico ovvero, in altri termini, non producono effetti sulle pensioni future, se non in minima parte e, ancora una volta, non per tutti. La rivalutazione (già ridotta) riconosciuta per il 2012-2013 è infatti ulteriormente ridotta Pagina 3 di 5 Risoluzione n°: -2016/00461 ai fini del calcolo degli assegni 2014-2016 (24, comma 25-bis e 25-ter l. n. 214/2011, introdotti dal d.l. n. 65/2015); - come rilevato dall’INPS, “L’incremento perequativo attribuito per gli anni 2012 e 2013, che costituisce la base di calcolo per poi determinare gli importi mensili delle pensioni a partire dal 2014, viene riconosciuto per gli anni 2014 e 2015 nella misura del 20% e per il 2016 nella misura del 50% dell’incremento perequativo ottenuto nel biennio 2012-2013 (che, a seconda degli scaglioni, ammonta al 40%, al 20% o al 10%, rispettivamente del 2,7% per il 2012 e del 3% per il 2013); - l’effetto “trascinamento” implica che i titolari di pensioni superiori a 1443 € mensili lordi percepiranno, vita natural durante, un assegno pensionistico inferiore a quello che sarebbe loro spettato (ad esempio: circa 90 € mensili in meno per i titolari di pensioni pari a 1.500 € mensili lordi; circa 160 € mensili in meno per i titolari di pensioni pari a 3.000 € mensili lordi; circa 330 € mensili in meno per i titolari di pensioni pari a 6.000 € mensili lordi; - trattandosi di diritti già entrati nel patrimonio dei titolari di assegni di pensione (diritti “quesiti” o “acquisiti”) il d.l. n. 65/2015 è irrilevante sia per quanto attiene agli importi maturati prima della sua entrata in vigore, sia per quanto riguarda gli arretrati sia per quanto riguarda la ricostituzione; - Posto che la Corte costituzionale nella sentenza in oggetto (par. 10) evidenzia come siano “stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con «irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività»” ed è stato disatteso “il

nesso inscindibile che lega il dettato degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost.”; - rilevata la non completa congruenza tra la sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015 e le disposizioni di cui al D.L. 65/2015, e che la parziale ottemperanza della sentenza suddetta è stata motivata con la difficile situazione della finanza pubblica e con la necessità di mantenere gli equilibri di bilancio; - considerato che l’INPS ha formalmente comunicato ai patronati di non effettuare conteggi di ricostruzione dei trattamenti pensionistici in base alla sentenza della Corte costituzionale (Messaggio 12 giugno 2015, n. 4017: “Pertanto, l’inoltro di eventuali domande di ricostituzione dei trattamenti pensionistici interessati alla sopra citata disposizione normativa, dovranno essere respinte e conseguentemente le stesse non potranno essere considerate utili ai fini del finanziamento dell'attività espletata dagli Istituti di patronato”. I Patronati si stanno attenendo alle disposizioni avute dall’INPS;

INVITA IL SINDACO

a) A sollecitare il Governo ed il Parlamento ad intervenire rapidamente, pur con un criterio di gradualità, tenuto conto degli obiettivi di finanza pubblica, al fine di dare piena ed effettiva attuazione alla sentenza n. 70 del 2015 dalla Corte Costituzionale, prevedendo a favore dei titolari di pensione colpiti dal blocco previsto dall’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, l’integrale restituzione degli importi maturati per effetto del ripristino della perequazione e la ricostruzione del trattamento pensionistico (ai sensi e nella misura prevista dall’art. 34, l. n. 448/1998 e art. 69, l. n. 388/2000 per gli anni 2012 e 2013 e dall’art. 1, c. 483, l. n. 147/2013 per gli anni 2014-2016), con effetti sugli importi degli assegni pensionistici vita natural durante, inclusa la rivalutazione sull’importo rivalutato per gli anni successivi (per il 2012 e 2013 nelle percentuali e con i parametri previsti dall’art. 39, l. n. 288/2000; per il triennio 2014-2016 nelle percentuali e con i parametri previsti dall’art. 1, c. 483, l. n. 147/2013); Pagina 4 di 5 Risoluzione n°: -2016/00461

b) ad adoperarsi, sfruttando tutti i dispositivi a disposizione del Comune di Firenze, per informare i cittadini interessati dal blocco pensionistico del 2011 (cd. “blocco Fornero”) della possibilità, rivolgendosi ai propri legali di fiducia o ai patronati presenti sul territorio, di interrompere la prescrizione dei loro diritti.