Violenza sulle donne. Silvia Noferi (Capogruppo M5S): "Occorre cambiare la mentalità e lavorare insieme, uomini e donne"
“La recente Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 nel preambolo riconosce che “la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione”.
Il recente Rapporto Globale sulla Disparità di Genere del World Economic Forum che dal 2006 cerca di quantificare i progressi nel campo della disparità tra uomini e donne (Global Gender Gap Report) riporta i numeri di questo divario – aggiunge la capogruppo del Movimento 5 Stellle Silvia Noferi – e continuano ad impressionare. L’indice utilizzato si basa su:
1) salute (aspettative di vita e rapporto tra sessi alla nascita),
2) istruzione (educazione elementare e superiore),
3) economia (leadership, partecipazione al mercato del lavoro e salari)
4) politica (rappresentanza).
Nella classifica stilata dal World Economic Forum, troviamo l'Italia al cinquantesimo posto su 144. Siamo l’ottava economia del mondo, il 51 percento della popolazione italiana è composto da donne, eppure arranchiamo sulla parità di genere, sorpassati da Paesi quali il Burundi, la Serbia, il Mozambico.
Siamo sedicesimi su venti in Europa Occidentale, seguiti solo da Austria, Cipro, Grecia e Malta.
L'Italia scivola in 117esima posizione per accesso e partecipazione alle medesime opportunità economiche.
Come scrive Francesca Larosa sull’Huffington Post del 22 novembre 2016:
“Alla base di un divario cosi vergognoso per l'ottava economia del mondo nell'anno 2016, vi è una profonda matrice di stampo socio-culturale. Una cultura che vede ancora responsabilità distinte nella cura della casa e dei figli tra uomo e donna.
Una cultura che ci dipinge come “saputelle” se vogliamo dire la nostra, "troppo esplicite" se godiamo liberamente del sesso. Una cultura che continua a denigrare il bisogno di affermazione ed emancipazione e a definirlo come “esibizionismo”, una cultura-non-cultura alla quale tutti, uomini inclusi e soprattutto, devono opporsi con forza.”
Sono queste le premesse delle cifre dell’orrore che arrivano dagli organi ufficiali.
Il 27 settembre del 2002 il Consiglio d’Europa affermò che la violenza è la prima causa di morte (in Europa) per le donne fra i 14 e i 44 anni e l’ISTAT ci fece sapere che in Italia ogni tre morti violente, una riguarda una donna uccisa per mano del proprio patner. Anche l’ultimo rapporto ISTAT e non è cambiato di molto,sembrano dati da paleolitico invece sono dati del nostro paese.
Alessandra Arachi sul Corriere della Sera il 25 novembre 2016 ribadisce:
“La prima causa di morte vuol dire che un marito, un fidanzato, un convivente uccide più di un incidente stradale, un tumore, la depressione, o qualsiasi disgrazia vi venga in mente”.
Passi avanti sono stati fatti, con la legge 15 febbraio 1996 n. 66 “Norme contro la violenza sessuale” e l’importantissimo decreto-legge sullo stalking del 23 febbraio 2009 ma per combattere il fenomeno della violenza contro le donne le riforme giuridiche, sia nazionali che internazionali, non sono sufficienti se non vengono adeguatamente supportate da un cambiamento culturale: non basta qualificare un comportamento come illegale per sradicarlo dalla vita quotidiana e dalla mentalità comune; occorre invece modificare abitudini e convinzioni radicate, eliminare stereotipi e immagini degradanti del genere femminile.
Anche a noi spetta un compito importante, forse più che agli altri, riallacciare ogni giorno e in ogni occasione quel filo rosso che ci lega come esseri umani prima che come esponenti di partiti o movimenti, per dare l’esempio ad un nuovo corso.
Quel filo – conclude Silvia Noferi – che dovrebbe legarci tutti, uomini e donne”. (s.spa.)