Intervento Fernando H. Cardoso Presidente della Repubblica del Brasile alla Conferenza «Il riformismo nel XXI secolo»

Il tema che maggiormente appassiona i dibattiti nei Paesi detti ad economia emergente è proprio questo perché queste sono le economie che, maggiormente e più direttamente, soffrono delle conseguenze delle crisi che sono derivate dall'assenza di prevedibilità dei mercati internazionali. Per darvi un esempio diretto, vi parlo del Brasile. Dopo essere riusciti a controllare l'inflazione, nel 1994, è venuta la crisi provocata dal Messico, o meglio, dall'economia internazionale in Messico nel dicembre del 1994. Ho passato i primi mesi del mio Governo a cercare di evitare le conseguenze negative di questa crisi. La ricetta è nota: aumentare i tassi di interessi, diminuire la domanda interna, diminuire il tasso di crescita per controllare l'inflazione. Nel tentativo che abbiamo fatto nel marzo del 1995 di seguire queste ricette abbiamo perso, in un solo mese, dieci miliardi di dollari delle nostre riserve. E il tasso di interesse era stato aumentato enormemente. Nel 1996 abbiamo recuperato una capacità di crescita. Negli ultimi cinque anni, nell'insieme l'economia è aumentata del 20%, ma nel 1997 c'è stata la crisi asiatica. Nell'ottobre del 1997 di nuovo sembrava che si dovesse tornare alla ricetta di prima, e così abbiamo fatto: abbiamo aumentato i tassi di interesse, che sono arrivati a più del 30% in termini reali, abbiamo frenato l'economia, abbiamo ottenuto un rientro di capitali a breve termine e, nel gennaio del 1998, abbiamo ripreso la crescita. Nel secondo semestre del 1998 c'è stata la crisi in Russia, che ha fatto sì che i mercati internazionali cominciassero a confrontare tutti i Paesi detti emergenti con la Russia. Il Brasile non aveva nulla a che vedere con la situazione della Russia. Era un Paese democratico, con una situazione bancaria solida, perché avevamo operato un forte risanamento finanziario. In Brasile, inoltre, non vi era la corruzione che si attribuisce ad altri Paesi. Insomma, tutto era sotto controllo, meno le aspettative. E le aspettative, oggi, funzionano a livello internazionale. Una newsletter di una banca scatena una crisi. Questo è quello che è successo nel settembre del 1998. In piena campagna elettorale per la mia rielezione, abbiamo perso, in un solo mese, 20 miliardi di dollari delle nostre riserve (che, per fortuna, erano notevoli, ammontando a 70 miliardi di dollari). Avevamo fatto tutto quello che era necessario per mantenere un bilancio equilibrato, ma malgrado tutto questo, per l'effetto contagio, la crisi si è verificata ugualmente. Abbiamo cercato di superare questa crisi alla fine dell'anno scorso. Abbiamo avuto l'appoggio del Fondo monetario internazionale, del Presidente Clinton, dei Presidenti delle banche centrali dei vari Paesi sviluppati e ci è stato dato il contingency fund. Preventivamente, nel settembre, in piena campagna elettorale, io avevo fatto un discorso e avevo affermato che avremmo dovuto seguire una via di tagli delle spese, una via estremamente dura per i nostri conti pubblici. Malgrado tutto questo, ho vinto le elezioni. Se le elezioni si fossero svolte qualche mese dopo, non avrei vinto, perché le conseguenze della crisi sono state devastanti. Nel gennaio di quest'anno c'è stata una svalutazione del real del 40%. Dopo cinque anni di controllo, si è pensato che l'inflazione avrebbe raggiunto il 50% quest'anno. Di nuovo, tassi di interesse aumentati al 45%, frenata nei tassi della crescita economica, controllo del bilancio e ora, nel secondo semestre di quest'anno, abbiamo potuto verificare che abbiamo controllato, per la seconda volta, l'inflazione. L'inflazione quest'anno non sarà superiore all'8% e si pensava al 50%. Per voi l'8% è molto, ma in Brasile, quando ero Ministro delle finanze, nel 1993, l'inflazione era al 43% (al mese). Dopo la svalutazione, con un grosso sforzo si è arrivati all'8% alla fine dell'anno. Il tasso di crescita, che immaginavamo fosse negativo, in realtà sarà leggermente positivo. Le spese sociali sono enormi. Siamo riusciti a controllare il tasso di disoccupazione, che quest'anno è leggermente inferiore a quello dell'anno scorso, è del 7,5% della popolazione attiva. In Europa questo non sembrerà molto, ma per noi è molto importante, perchè significa un aumento del 40% rispetto al tasso di disoccupazione storico. Malgrado tutto questo siamo di nuovo con un orizzonte aperto sul 2000. La prospettiva di crescita del 4%, il tasso di inflazione al 6%, riduzione della disoccupazione, tassi di interesse in termini reali all'11-12%. Allora adesso io chiedo: e se c'è un'altra crisi in un qualsiasi paese con un nuovo effetto di contagio, l'impossibilità di distinguere le politiche, con miliardi di riserve che vanno in fumo? Questo non è giusto, dobbiamo regolamentare meglio, che non significa bloccare i flussi finanziari, ma fornire l'FMI di strumenti più agili che aiutino i paesi che lo meritano per opporsi a queste tendenze selvagge di perdite di capitali. Ciò significa pensare con coraggio. So bene che questo fa orrore agli economisti più ortodossi, ma perché non immaginare una tassa per i capitali più volatili, non in uscita dai paesi, ma in entrata per avere un cuscinetto di sicurezza a disposizione della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale che si potrebbe mettere a disposizione dello sviluppo delle economie più povere. Tolbin, un economista americano la ha proposto. Oggi quando si parla della tassa Tolbin tutti vengono presi dall'orticaria, perché si pensa che allora si finisca con il non più controllare il mercato. Io non sono un tecnico, quindi non so qual è il metodo da applicare, ma un modo per rendere questo più agile deve esserci. Grazie all'iniziativa del presidente Clinton abbiamo il G-20 che è un gruppo che non comprende solo i più ricchi, ma anche i paesi in sviluppo per definire dei meccanismi di previsione delle crisi, di maggiore trasparenza non soltanto nei paesi in via di sviluppo. Perchè le crisi non sono generate soltanto nei paesi in via di sviluppo, ma anche in quelli già sviluppati attraverso dei meccanismi che sono senza controllo. Ci vuole maggiore trasparenza, una previsione delle crisi e dei meccanismi che siano a disposizione della comunità internazionale per affrontare questa nuova sfida. Se noi continuiamo ad avere questo deficit di buon governo, a livello internazionale, dobbiamo affrontare, proprio a livello internazionale, il problema proprio al fine di migliorare il buon governo a livello internazionale. Di questo bisognerebbe discutere e questo significa che abbiamo bisogno di agenzie regolatrici per affrontare queste nuove economie selvagge a livello globale. Queste nuove economie, infaqtti, ci forniscono delle opportunità, ma anche delle minacce. E perché non tenere conto anche delle minacce? Perché non migliorare gli strumenti istituzionali per affrontare queste nuove sfide? Concluderò ricordando che alla fine della seconda guerra mondiale alcune persone molto saggie hanno proposto delle nuove istituzioni, che sono state create, si pensi al FMI, alla Banca Mondiale. Oggi ci avviciniamo al nuovo millennio. Perché allora non avere una nuova visione internazionale? Perché non proporre delle istituzioni addizionali oppure perché non aumentare le capacità delle organizzazioni internazionali per affrontare le nuove sfide? Non credo che ci manchi l'immaginazione. Credo che intorno a questo tavolo ci siano delle persone che abbiano la volontà e presumibilmente saranno sostenute dai loro governi e delle loro burocrazie. Potete chiedere alle vostre burocrazie, quindi, di prendere più sul serio l'esigenza di creare nuove istituzioni per affrontare queste nuove minacce.Fonte: sito internet di Palazzo Chigi