Agostini: «Oggi si celebra un compleanno scomodo, i 30 anni di legge Basaglia»
Questo l'intervento di Susanna Agostini, presidente della commissione politiche sociali e salute:«Per la salute il 1978 è stato l'anno dell'innovazione culturale. Proprio il 13 maggio di 30 anni fa la legge Basaglia, in nome dello psichiatra che incarnò la battaglia contro l'«istituzione negata», decretò la definiva chiusura dei luoghi di contenzione dei malati di mente. A dicembre dello stesso anno parte dei contenuti innovatori della legge confluirono nella Legge 833.Con quest'ultima veniva istituito il "servizio sanitario nazionale" e si stabiliva il concetto di prevenzione, cura e riabilitazione oltre che la disciplina del sistema dei consultori come poliambulatori specialistici di base.I cittadini meno giovani certo ricordano da dove veniamo: da prestazioni mai gratuite, nè scelte liberamente nè uguali per tutti i cittadini. Solo chi aveva un contributo lavorativo poteva essere curato, con lui i familiari diretti e i figli solo fino al diciottesimo anno di età.La prevenzione e la riabilitazione erano a carico del cittadino. Oggi si parla di integrazione socio-sanitaria quale complesso sistema a supporto di persone e famiglie, rete a garanzia e tutela della salute. Tornando alla psichiatria possiamo fare l'esempio dell'ospedale di San Salvi che oggi è una città aperta' e non più luogo di costrizione e cura di tante donne e uomini con malattie mentali più o meno gravi. La grande struttura psichiatrica della città che tra mille polemiche ha aperto nel tempo i cancelli a tante attività differenti tra loro ma tutte al servizio della cittadinanza. La rivoluzione sta nell'avere riconosciuto al malato di mente dei diritti, togliendogli l'etichetta di pericolo per la società e nell'avere introdotto il principio di volontarietà della cura. Il compleanno della legge 180 è scomodo forse perchè da qui in poi sarà sempre più difficile rispettarne i contenuti innovatori che impegnano risorse umane ed economiche. Ma anche per l'aspetto sociale, tutt'altro che secondario visto che molto del quotidiano della persona con disturbi psichiatrici è già oggi rimandato alla famiglia. Solo per i casi acuti si arriva al ricovero nei reparti di psichiatria degli ospedali, limitati sono i trattamenti sanitari obbligatori e privilegiate la riabilitazione e il reinserimento nella vita sociale. Insomma, sulla carta va tutto abbastanza bene in Toscana ma già nel marzo scorso il Ministero della Salute nell'approvare le linee di indirizzo nazionali per la salute mentale, poi recepite dalla conferenza delle Regioni, ha denunciato molte diseguaglianze luci e ombre nel territorio nazionale. Sono aumentate molte le differenze tra Nord e Sud, tra regioni, tra ambiti urbani e rurali. Il timore è quello di un maggiore ricorso all'obbligatorietà dei trattamenti, a pratiche estese di privazione della libertà, a inserimenti su vasta scala in strutture a tempo indeterminato. L'anello debole nell'applicazione della Basaglia sono quei servizi che sul territorio devono fare prevenzione, cura e riabilitazione e che invece non sono ancora stati adeguatamente potenziati.Nel 1978 in Italia c'erano 76 manicomi operativi, con 78.538 malati ricoverati. Oggi i numeri sono: due milioni circa di italiani colpiti da un disturbo psichico di cui mezzo milione in trattamento attivo. Mentre i disturbi dell'umore e l'ansia, ritenuti un tempo problemi minori, raccolgono rispettivamente il 25% e il 22% delle diagnosi. La fascia d'età più colpita è quella tra i 18 e 44 anni (42% del totale pazienti), e le donne in cura sono più degli uomini (57%). In particolare, ansia e depressione post-partum colpiscono il sesso femminile nel doppio dei casi rispetto ai maschi. Complici stress, solitudine, disagio economico e frustrazioni della vita metropolitana che incastra le persone in ingranaggi sempre più usuranti. I problemi di salute mentale più diffusi del terzo millennio sono causati da: depressione, ansia, disturbi della personalità, uso/abuso di alcool, sostanze nocive e stupefacenti oltre al mancato controllo degli impulsi.Resta quindi valida la sfida avviata 30 anni fa: ogni persona è un caso a sè, per ciascuno vanno definiti percorsi specifici, attuando prevenzione attraverso un compatto fronte sociale e istituzionale per abbattere le condizioni di disagio. Possiamo ritrovare il comune denominatore nello slogan: si alla solidarietà umana, impariamo ad includere il meglio di ciascun individuo a garanzia di un totale arricchimento dell'intera comunità».(fn)