Diaw (Rifondazione): «La matrice dell'intercultura è la pluralità»
Questo il testo dell'intervento del consigliere Mbaye Diaw (Rifondazione Comunista):«L'assimilazione del pensiero unico come processo di azzeramento delle differenze culturali, di genere e di generazioni, non fa altro che inasprire lo scontro socialeUna nuova politica non potrà essere che quella disposta concretamente ad aprirsi e confondersi, senza barriere, alle diverse provenienze, religioni, culture; quella che saprà mettere al primo posto la valorizzazione delle differenze, nella trasmissione di saperi e di pratiche, di tradizioni, di cibi, di arte e musica.La prima e vera sicurezza che fa sentire tale l'essere umano è quella di non percepire consapevolmente alcuna propensione al razzismo.La cultura della convivenza tale è se non demarca, se non preclude, non discrimina.Può essere un cammino naturale, ma lo si fa diventare spesso un percorso diffidente, preclusivo.I nuovi cittadini, quelli arrivati dopo conoscono bene sulla loro pelle, sulle loro storie, sulle loro scelte la diffidenza e la preclusione. Un prezzo altissimo e violento da pagare spetta a chi osa diventare straniero', a chi per varie ragioni tenta' di allontanarsi dalla propria terra, a chi in altri termini decide di mettersi in prima linea.La cultura dell'antirazzismo è una pratica politico-sociale che può permettere di leggere la società, la quotidianità e i rapporti fra le persone a patto che sia utile a de-costruire le pratiche di dominio che usano invece il razzismo e la discriminazione e quindi favorire pratiche di relazioni pacifiche e ugualitarie. In una società in via di trasformazione il valore e la pratica dell'antirazzismo hanno bisogno di essere riconfermati, arricchiti, analizzati.Più di ogni altra cosa è necessario un confronto tra le pratiche, il pensiero e le esperienze (sociali, politiche e culturali) degli autoctoni e le loro associazioni e le pratiche il pensiero e le esperienze (sociali, politiche e culturali) che gli immigrati e le loro associazioni portano con sé, vissute nei paesi di provenienza o nel paese d'arrivo.La nostra vita sociale e culturale si anima sempre più di voci e identità diverse.Il paradigma della pluralità è in cammino e ci fa incontrare donne e uomini, bambine e bambini, diversi come noi, che chiedono parola, esigono riconoscimento, occupano spazi, innovano linguaggi, pensieri, comportamenti, tradizioni.La presenza delle differenze, che esiste da sempre, si è oggi arricchita di nuovi volti e di saperi "altri", ed è caratterizzata dalla volontà di esprimersi ma anche dalla necessità di essere elaborata e accompagnata.Una società plurale e democratica, infatti, va oltre l'esistente, comporta processi di riformulazione profondi a livello di identità personali e collettive, ci impegna a superare il conformismo e l'omologazione, ci spinge a de-costruire e ri-costruire le storie e le memorie, i tempi e gli spazi, gli incontri e gli scambi.In questo presente si tratta di collegarsi con le trasformazioni in atto attraverso un progetto di civiltà che accordi al suo interno valori e significati diversi, stabilisca criteri, delinei nuovi orientamenti e comportamenti».(fn)