Morto alla stazione di Campo di Marte, Rifondazione: «Perché polfer e procura non hanno avvisato il Comune?»
Questo il testo dell'intervento della capogruppo di Rifondazione Comunista Anna Nocentini e di Monica Sgherri, capogruppo in consiglio regionale:«Dal punto di vista della politica cittadina due aspetti impongono una riflessione ulteriore, perché la pietà per la morte assurda e prevedibile di questo uomo indiano non sia sterile e non serva a coprire la responsabilità di ogni eletto: la mancanza di comunicazione all'Amministrazione Comunale da parte della Polizia ferroviaria che ha trovato il corpo ormai freddo di Pal Surinder e l'affermazione dell'assessore in merito al numero di quanti, uomini e donne, dormono chi sa dove in città: "Parlano di 300? Non sarei così convinta, mi sembrano numeri esagerati". La morte di un uomo per freddo, escluse forme palesi di violenza, non può non leggersi come l'inadeguatezza delle istituzioni cui compete garantire assistenza ai poveri "Dopo la educativa, la più alta funzione del Comune nell'ordine sociale è quella ond'esso intende combattere le cause dell'indigenza ed attenuarne i tristi effetti". Come mai né la Polfer né la Procura della Repubblica hanno ritenuto di informarne l'Amministrazione Comunale? E perché l'Amministrazione non si è risentita di questa scelta? Mentre si attribuisce responsabilità al Sindaco per lo sforamento dei parametri di inquinamento con rischio per la salute dei cittadini, non si collega alla morte di un povero la responsabilità che le istituzioni hanno nel prevenire e intervenire in situazioni che sempre più spesso si concludono con la morte per indigenza. Nessun esponente politico eletto dai cittadini, sia di maggioranza che di opposizione, può consentire a questa riduzione della responsabilità dell'Istituzione, dei suoi compiti al servizio della collettività. Non informare l'Amministrazione, e quindi la città, significa di fatto negare valore a questa morte e non riconoscere le responsabilità quanto meno politiche.L'altra questione su cui è sempre più urgente aprire la riflessione è il modello delle prestazioni sociali per l'accoglienza in città: non è comprensibile che l'assessore si esprima con tanta approssimazione se non nell'ottica di un'organizzazione dei servizi sociali che ricalca quella degli altri servizi ai quali i cittadini liberamente si rivolgono:l'anagrafe, l'ufficio casa ecc. Ma le persone per le quali attivare l'accoglienza sono spesso prive dello status formale di cittadini, sono senza fissa dimora, hanno permessi scaduti, fogli di via, sono insomma gli ultimi non solo nella scala sociale di cittadinanza, ma anche nella possibilità e libertà di chiedere aiuto: questi non si presentano agli sportelli dei servizi sociali, non chiedono di aprire una cartella col loro nome; per questi i servizi si devono muovere, con operatori che individuano le zone frequentate, che entrano in contatto e se ne conquistano la fiducia, che giorno dopo giorno sanno quanti uomini e donne dormono per strada e se e quali interventi possono essere individualmente attivati per affrontare le diverse situazioni. Che le associazioni intervengano procurando aiuti materiali e sostegno morale è apprezzabile ma non sostitutivo né esaustivo del compito istituzionale proprio del Comune. E' grave che l'assessore non abbia il numero di presenze in città, perché questo significa una programmazione fatta a tavolino che può servire alle statistiche ma che non coglie politicamente il fenomeno e non si attrezza per dare una risposta che tenga conto dei mutamenti nella città globalizzata: non conoscere il proprio territorio è colpa grave per un amministratore».(fn)