"Firenze sapere", il sindaco Domenici: "Dalla cultura un contributo importante per l'innovazione e la crescita sostenibile della nostra città"

La cultura deve vivere nel mondo globale. E dalla cultura può venire un contributo importante per il dibattito e la crescita sostenibile della nostra città: che deve guardare al futuro, innovarsi, cambiare, per non rischiare un inarrestabile declino, per non restare prigioniera di un'immagine che non esiste più. E' questo il messaggio che il sindaco Leonardo Domenici ha lanciato nell'intervento che stamani ha aperto il convegno "Firenze sapere" nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio."Questo convegno è particolarmente interessante ed importante ed i motivi sono diversi – datto il sindaco - Il primo, è che nella nostra città (e non solo) assistiamo a forme di dibattito pubblico che tendono sempre più a prescindere dai fatti, dai dati oggettivi, dalle cose concrete. Un dibattito virtuale, in cui molto spesso ciò che appare è vero, e ciò che è vero non è necessariamente detto che appaia. Però, per chi fa il nostro mestiere, chi vive in una città, è molto importante riuscire e a capire come stanno veramente le cose. Parlare di futuro a Firenze è una questione che viene naturale, ma molto spesso se ne parla attraverso stereotipi, modelli convenzionali, spesso proiettati sul passato invece che capaci di guardare al futuro. Questi stereotipi ci restituiscono l'immagine di una città che, volente o nolente, non esiste più. Possiamo rimpiangerla, averne nostalgia; dobbiamo cercare comunque di salvaguardarla in tutti gli aspetti più prestigiosi e interessanti, sia della cultura materiale sia del nostro senso comune (e questo può riguardare i nostri monumenti ma anche i negozi storici); ma questa città, come tutte le altre città del mondo, è collocata in un contesto globale, per cui non possiamo pensare ad alcuni problemi che affrontiamo come se riguardassero soltanto noi, mentre in realtà non sono che l'estrema propaggine, l'ultima manifestazione di un processo generale che riguarda tutte l'umanità e che oggi definiamo globalizzazione. In questo contesto, oltre a cercare di preservare ciò che è prezioso per la comunità cittadina, bisogna anche cercare di innovarla e cambiarla. Le città sono organismi viventi, non sono fatte solo di mura e monumenti, che non avrebbero senso se non rifossero esseri umani che li popolano, la città è fatta di una insieme di relazione sociali. E siccome è un organismo vivente, se non cambia, se non cerca di innovarsi, se non cerca di essere più contemporanea, prima o poi muore. Non è detto che muoia all'improvviso, anzi, non accade quasi mai; ma può andare verso un processo di graduale declino, che la porterà inevitabilmente a perdere i connotati migliori quelle qualità positive che aveva. Ecco perché io credo che oggi il nostro obiettivo primario sia quello di fare delle nostre città delle comunità sostenibili, capaci di affrontare problemi sociali, economici ed ambientali in modo equilibrato, che riescano a migliorane la qualità della vita e che danno delle risposte capaci di guardare al futuro". "Quando si parla di cultura – ha continuato Domenici - è molto importante che alle spalle ci sia tutto questo. Quando si parla di cultura, bisogna andare a vedere concretamente cosa è in grado di offrire una città. E la nostra città può offrire molto, molto di più di quello che pensiamo. Un po' perché siamo abituati (se qualsiasi altra città avesse solo un decimo o anche un centesimo di quel che abbiamo noi, sarebbe tutta proiettata a valorizzarlo); un po' perché noi in questa città lavoriamo molto per compartimenti stagni. Costruire quindi un sistema di relazioni a rete, può portare ad un arricchimento complessivo, che superi quel nostro ‘provincialismo cosmopolita' che ci fa ritenere autosufficienti e che guarda con un certo disprezzo a ciò che accade fuori da noi. Riuscire a mettere in rete il patrimonio di culturale questa città vuol dire valorizzarla, ma vuol dire anche un impulso ulteriore allo sviluppo e alla crescita equilibrata verso l'obiettivo di essere comunità sostenibile. Questo non significa certo mettere in discussione l'autonomia delle singole realtà culturali che esistono sul nostro territorio; significa invece favorire al massimo l'interscambio. Se viviamo in un mondo globale, anche la politica culturale deve essere caratterizzata da un approccio di tipo globale. I questo senso è importante, ma non sufficiente, il lavoro che può fare l'amministrazione comunale. Perché se viviamo in questo tipo di società, la risposta non può venire unicamente dall'istituzione pubblica; che deve fare quel che le compete, ma deve anche spingere i vari soggetti esterni, pubblici e privati, ad associarsi per condividere progetti comuni importanti. Ecco perché abbiamo promosso il Piano Strategico, in una logica di democrazia associativa; ecco perché oggi facciamo questo discorso sulla cultura, non per averne una visione sacrale e inviolabile, ma per farla vivere in un processo di sviluppo e trasformazione urbana. E questa possibilità di confronto è una possibilità di arricchimento per ciascuno di noi."In questo tipo di confronto – ha detto ancor il sindaco - vedo molto anche il dibattito che caratterizza le nostre città e anche Firenze. Le nostre città sono affaticate, vivono momenti di difficoltà sul fronte della sicurezza, della marginalità sociale, dell'inquinamento ambientale; ma sono anche il più importante fattore di sviluppo potenziale di questo paese. Se non crescono le città non cresce l'Italia, non cresce il Paese. Guardate i passi avanti che ha fato la Spagna negli ultimi anni: li ha fatti perché si è deciso, anche da parte del governo spagnolo, di investire sulle città, di rinnovarle, riqualificarle, dargli un volto nuovo e farne un fattore propulsivo di crescita. Anche noi dobbiamo fare lo stesso; nelle nostre città c'è tanta di quella potenzialità, che noi dobbiamo cercare di utilizzarla al meglio, proprio per raggiungere l'obiettivo di comunità sostenibili"."Questo dibattito fra il cambiamento e la conservazione è presente anche oggi nella nostra città, e io credo che si debba fare una scelta chiara, netta e coraggiosa per il cambiamento e l'innovazione – ha sottolineato Domenici – E innovare significa portare avanti i progetti che già abbiamo avviato. Fare un tram a Firenze può sembrare un progetto come tanti; ma in realtà è qualcosa che può trasformare parti intere della città, può costruire la città del domani, dove i nostri figli e nipoti potranno vivere in modo diverso, come già si vive in modo diverso in molte città d'Europa dove esiste già questo tipo di infrastruttura di trasporto di massa, non inquinante e in grado di offrire un'alternativa alle automobili (che se guardate per strada sono solitamente occupate da una sola persona). Ecco perché questo cambiamento è necessario, ecco perché questo cambiamento deve interessare soprattutto da chi vivrà nella città di domani, e che oggi può dare la maggiore spinta all'innovazione. Naturalmente per noi è importante che ci sia la cultura, perché questa è una città che ha una vocazione in senso generale, ma soprattutto per la formazione e la ricerca"."A questo proposito, voglio concludere facendo un esempio molto concreto – ha detto ancora Domenici - Guardate cosa abbiamo fatto a Palazzo Strozzi negli ultimi anni: per me è un esempio molto concreto di come debba funzionale e come debba essere essere l'aittività e la promozione culturale nella nostra città. Palazzo Stozzi non è solo un eccezionale luogo dove si fanno importanti mostre; è un luogo dove si fa attivamente cultura, perché al suo interno ha sede una delle più importanti istituzioni storiche della nostra città, il Gabinetto Vieusseux, ha sede l'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, ha sede l'Istituto superiore di Scienze Umane e Sociali, ha sede la Fondazione Palazzo Strozzi, di cui fanno parte soggetti pubblici e privati. E' questa commistione che noi dobbiamo creare, questa capacità di tenere insieme gli eventi con la continua attività di incontro, confronto culturale e ricerca scientifica ad alto livello. Questa è una città ricca di istituti universitari, ormai ci sono tre università, senza contare quelle straniere: c'è l'università pubblica, che tutti conosciamo; c'è l'Istituto universitario europeo; c'è l'Istituto di Scienze umane e sociali. Questa è Firenze. Se noi ci rifiuteremo di restare chiusi dentro una visione tutta autoreferenziale della città, senza prendere in considerazione il mondo esterno; se noi riusciremo a fare quel salto in avanti necessario per valorizzare tutto quello che abbiamo, e metterlo in relazione competitiva con il mondo in cui viviamo; se saremo in grado di fare tutto questo, allora potremo dire di avere dato un contributo fondamentale perché questa città cresca, si rinnovi, e diventi nel futuro quello che noi vogliamo: una comunità sostenibile".(ag)