Cittadinanza onoraria a Englaro, il sindaco Domenici: 'Personalmente favorevole, ma per evitare divisioni valutiamo un percorso diverso'
Questo il testo dell'intervento del sindaco Leonardo Domenici durante il dibattito sul conferimento della cittadinanza onoraria a Beppino Englaro. Il sindaco, pur essendo personalmente favorevole alla delibera, aveva proposto di valutare la possibilità di un percorso diverso, per attribuire un riconoscimento ad Englaro che non fosse la cittadinanza onoraria, in considerazione della divisione che un voto in questo senso avrebbe provocato in consiglio comunale e in città. Ecco l'intervento.
"Sebbene il conferimento della cittadinanza onoraria sia competenza del Consiglio comunale, sento il dovere di intervenire per svolgere alcune considerazioni e avanzare una proposta.
La prima riflessione riguarda proprio le cittadinanze onorarie che abbiamo conferito in questi 10 anni e le votazioni che le hanno accompagnate. Le cittadinanze conferite dal marzo 2000 ad oggi sono complessivamente 19, con decisioni prese quasi sempre all'unanimità, tranne nel caso di monsignor Ruiz (6 voti contrari e 1 astenuto) e di Mario Rigoni Rigoni Stern (3 voti contrari). Voti contrari indubbiamente significativi, ma comunque limitati. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione differente nella quale presumibilmente, se si procederà al voto, avremmo un rapporto molto diverso rispetto alle votazioni precedenti, ed un equilibrio molto maggiore fra favorevoli e contrari. Ritengo che questo sia un primo punto su cui è giusto riflettere, poiché non c'è dubbio che una cittadinanza onoraria assume valore tanto più significativo, in quanto accompagnata e sostenuta da un voto e un consenso più largo possibile.
Devo anche dire con molta chiarezza che personalmente sono favorevole ad un riconoscimento a Beppino Englaro, che possa anche essere quello della cittadinanza onoraria. Ma ritengo anche che ciò a cui noi siamo favorevoli in linea di principio, deve fare i conti con quella che è la situazione che concretamente si determina e con le conseguenze che questa decisione può provocare sul piano dei rapporti politici e delle relazioni fra le persone all'interno della città. Noi siamo il consiglio comunale, rappresentiamo questa città, la rappresentiamo portando in quest'aula non solo un punto di vista di appartenenza ma anche una visione del mondo, una valutazione su questioni fondamentali; tuttavia rappresentiamo un luogo che è uno spzio del dibattito pubblico, del confronto e della mediazione fra posizioni diverse, e nessuna assemblea elettiva può funzionare soltanto in quanto chi ne fa parte si limita a rappresentare un punto di vista. Altrimenti il significato e lo spazio del dibattito in quella assemblea verrebbe in buona parte meno; poiché si presume che all'interno dell'assemblea, all'interno dello spazio pubblico istituzionale, si determini un confronto che può portare anche a modificare parzialmente o del tutto le proprie posizioni iniziali. Ecco perchè io credo sia giusto fare un ragionamento che tiene conto di questi aspetti, anche dal punto di vista politico e di rappresentanza in consiglio della realtà civile.
Ma prima di avanzare una proposta, non posso esimermi per la mia funzione di sindaco (che è stata in questi anni talvolta anche costrittiva per il sottoscritto) dall'esprimere una posizione ed una valutazione. Ho sentito in alcuni interventi riecheggiare discorsi ed argomenti che avevano come riferimento la questione di principi, dei diritti della persona, dei valori. Questo è legittimo. Sta di fatto però che noi dobbiamo ben capire e comprendere che cosa stiamo discutendo. Io sono d'accordo con chi è intervenuto, sottolineando come non sia condivisibile che lo Stato, dal punto di vista legislativo e normativo, si attribuisca il compito di decidere e intervenire in via ultimativa anche sulla questione della vita stessa, e della decisione di una persona se continuare a vivere o meno in determinate condizioni. E condivido il punto di vista di chi sostiene che appare quantomeno discutibile che lo Stato voglia fornire una interpretazione uniformante e generalizzante a partire da casi specifici. Allora però dobbiamo essere coerenti. E dirci che neanche un Consiglio comunale può essere chiamato a votare su principi e valori. Per questo io mi discosto da chi ritiene che questa discussione dovrebbe portare ad un voto che si esprime su principi; proprio perché le istituzioni non dovrebbero normare e regolare questioni assai delicate come quelle di cui si è discusso molto in queste settimane.
Io interpreto l'iniziativa del consigliere Falciani per Beppino Englaro con lo scopo di esprimere la solidarietà a questa persona (e questo è un fatto non secondario); e ritengo che la solidarietà venga espressa poiché questa persona, aldilà della sua volontà soggettiva, è diventata un simbolo. Ed è evidente quindi che riferendosi a lui si esprime una posizione anche di carattere umano, nei confronti di una condizione nella quale si trova una molteplicità di individui, parenti e spesso genitori, vicini a uomini e donne che vivono una condizione simile a quella di Eluana Englaro. Per questo, io ritengo che sarebbe opportuno che su questi temi si ritrovasse, anche e soprattutto al di fuori delle sedi istituzionali, lo spazio per un confronto che ci porti comunque a condividere un presupposto, più che un principio. E la domanda che pongo è questa: siamo di fronte ad un dibattito che contrappone chi considera la vita qualcosa di sacro a chi invece non la considera tale? Vorrei che si superasse questo stato del dibattito. Perché il fatto che io solidarizzi con Beppino Englaro, che io sia favorevole al testamento biologico, non significa che io mi ritrovi in un dibattito di questo tipo. Io credo invece che si possa partire con il riconoscimento della sacralità della vita, ma sapendo che questa sacralità si può intendere e rispettare in modo diverso. E questo può divenire una base di confronto, a partire della quale sia possibile creare le condizioni perché non si assista a quello a cui si è purtroppo assistito all'indomani della morte di Eluana, anche nell'aula del Senato. In altre parole, credo che esista un problema relativo al modo di morire: penso che in alcuni casi, costringere una persona a morire in un modo non coerente con i principi e i valori che quella persona ha messo al centro della propria esistenza, sia non meno negativo e per certi versi più disumano, del decidere di porre fine a quella stessa vita secondo la volontà che quella persona ha espresso. Su questo invito a riflettere. Ma questo ci porterebbe lontano, e ritengo sarebbe opportuno che questi temi venissero affrontati anche e soprattutto in altre sedi.
Più concretamente e prosaicamente, e ritenendo che esiste un principio che sta alla base di ciò che facciamo nelle istituzioni (quello della ragionevolezza e della apertura al confronto, per cui si entra in un modo ma si può anche uscire in un altro) penso che sia giusto che da questo nostro Comune possa e debba venire una manifestazione di solidarietà umana e anche un riconoscimento al valore simbolico delle posizioni assunte da Beppino Englaro; e tuttavia credo anche che questo non debba esprimersi obbligatoriamente attraverso la forma del conferimento della cittadinanza onoraria, che registrerebbe rapporti di forza in consiglio differenti a quelli del passato in occasioni di decisioni simili. E avrebbe comunque una rilevanza sul piano del confronto e del dibattito politico, in una fase particolare e delicata della vita della nostra città.
La mia proposta quindi è questa: prendere in considerazione la possibilità che si possano trovare altre forme e modalità, in rapporto con la presidenza del Consiglio comunale, per promuovere una iniziativa in Palazzo Vecchio che possa testimoniare a Beppino Englaro il significato di ciò che lui ha fatto e la umana solidarietà per ciò che ha vissuto. Come sindaco, sarei disponibile non tanto ad assumermi personalmente questo impegno, ma a discuterlo con chi ha promosso questa deliberazione, tenendo conto che ne condivido lo spirito e il senso. E quindi potremmo, con la presidenza del consiglio comunale, trovare questa soluzione per raggiungere lo stesso obiettivo che si è proposto colui che ha promosso questa iniziativa e coloro che l'hanno sottoscritta".
(ag)
"Sebbene il conferimento della cittadinanza onoraria sia competenza del Consiglio comunale, sento il dovere di intervenire per svolgere alcune considerazioni e avanzare una proposta.
La prima riflessione riguarda proprio le cittadinanze onorarie che abbiamo conferito in questi 10 anni e le votazioni che le hanno accompagnate. Le cittadinanze conferite dal marzo 2000 ad oggi sono complessivamente 19, con decisioni prese quasi sempre all'unanimità, tranne nel caso di monsignor Ruiz (6 voti contrari e 1 astenuto) e di Mario Rigoni Rigoni Stern (3 voti contrari). Voti contrari indubbiamente significativi, ma comunque limitati. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione differente nella quale presumibilmente, se si procederà al voto, avremmo un rapporto molto diverso rispetto alle votazioni precedenti, ed un equilibrio molto maggiore fra favorevoli e contrari. Ritengo che questo sia un primo punto su cui è giusto riflettere, poiché non c'è dubbio che una cittadinanza onoraria assume valore tanto più significativo, in quanto accompagnata e sostenuta da un voto e un consenso più largo possibile.
Devo anche dire con molta chiarezza che personalmente sono favorevole ad un riconoscimento a Beppino Englaro, che possa anche essere quello della cittadinanza onoraria. Ma ritengo anche che ciò a cui noi siamo favorevoli in linea di principio, deve fare i conti con quella che è la situazione che concretamente si determina e con le conseguenze che questa decisione può provocare sul piano dei rapporti politici e delle relazioni fra le persone all'interno della città. Noi siamo il consiglio comunale, rappresentiamo questa città, la rappresentiamo portando in quest'aula non solo un punto di vista di appartenenza ma anche una visione del mondo, una valutazione su questioni fondamentali; tuttavia rappresentiamo un luogo che è uno spzio del dibattito pubblico, del confronto e della mediazione fra posizioni diverse, e nessuna assemblea elettiva può funzionare soltanto in quanto chi ne fa parte si limita a rappresentare un punto di vista. Altrimenti il significato e lo spazio del dibattito in quella assemblea verrebbe in buona parte meno; poiché si presume che all'interno dell'assemblea, all'interno dello spazio pubblico istituzionale, si determini un confronto che può portare anche a modificare parzialmente o del tutto le proprie posizioni iniziali. Ecco perchè io credo sia giusto fare un ragionamento che tiene conto di questi aspetti, anche dal punto di vista politico e di rappresentanza in consiglio della realtà civile.
Ma prima di avanzare una proposta, non posso esimermi per la mia funzione di sindaco (che è stata in questi anni talvolta anche costrittiva per il sottoscritto) dall'esprimere una posizione ed una valutazione. Ho sentito in alcuni interventi riecheggiare discorsi ed argomenti che avevano come riferimento la questione di principi, dei diritti della persona, dei valori. Questo è legittimo. Sta di fatto però che noi dobbiamo ben capire e comprendere che cosa stiamo discutendo. Io sono d'accordo con chi è intervenuto, sottolineando come non sia condivisibile che lo Stato, dal punto di vista legislativo e normativo, si attribuisca il compito di decidere e intervenire in via ultimativa anche sulla questione della vita stessa, e della decisione di una persona se continuare a vivere o meno in determinate condizioni. E condivido il punto di vista di chi sostiene che appare quantomeno discutibile che lo Stato voglia fornire una interpretazione uniformante e generalizzante a partire da casi specifici. Allora però dobbiamo essere coerenti. E dirci che neanche un Consiglio comunale può essere chiamato a votare su principi e valori. Per questo io mi discosto da chi ritiene che questa discussione dovrebbe portare ad un voto che si esprime su principi; proprio perché le istituzioni non dovrebbero normare e regolare questioni assai delicate come quelle di cui si è discusso molto in queste settimane.
Io interpreto l'iniziativa del consigliere Falciani per Beppino Englaro con lo scopo di esprimere la solidarietà a questa persona (e questo è un fatto non secondario); e ritengo che la solidarietà venga espressa poiché questa persona, aldilà della sua volontà soggettiva, è diventata un simbolo. Ed è evidente quindi che riferendosi a lui si esprime una posizione anche di carattere umano, nei confronti di una condizione nella quale si trova una molteplicità di individui, parenti e spesso genitori, vicini a uomini e donne che vivono una condizione simile a quella di Eluana Englaro. Per questo, io ritengo che sarebbe opportuno che su questi temi si ritrovasse, anche e soprattutto al di fuori delle sedi istituzionali, lo spazio per un confronto che ci porti comunque a condividere un presupposto, più che un principio. E la domanda che pongo è questa: siamo di fronte ad un dibattito che contrappone chi considera la vita qualcosa di sacro a chi invece non la considera tale? Vorrei che si superasse questo stato del dibattito. Perché il fatto che io solidarizzi con Beppino Englaro, che io sia favorevole al testamento biologico, non significa che io mi ritrovi in un dibattito di questo tipo. Io credo invece che si possa partire con il riconoscimento della sacralità della vita, ma sapendo che questa sacralità si può intendere e rispettare in modo diverso. E questo può divenire una base di confronto, a partire della quale sia possibile creare le condizioni perché non si assista a quello a cui si è purtroppo assistito all'indomani della morte di Eluana, anche nell'aula del Senato. In altre parole, credo che esista un problema relativo al modo di morire: penso che in alcuni casi, costringere una persona a morire in un modo non coerente con i principi e i valori che quella persona ha messo al centro della propria esistenza, sia non meno negativo e per certi versi più disumano, del decidere di porre fine a quella stessa vita secondo la volontà che quella persona ha espresso. Su questo invito a riflettere. Ma questo ci porterebbe lontano, e ritengo sarebbe opportuno che questi temi venissero affrontati anche e soprattutto in altre sedi.
Più concretamente e prosaicamente, e ritenendo che esiste un principio che sta alla base di ciò che facciamo nelle istituzioni (quello della ragionevolezza e della apertura al confronto, per cui si entra in un modo ma si può anche uscire in un altro) penso che sia giusto che da questo nostro Comune possa e debba venire una manifestazione di solidarietà umana e anche un riconoscimento al valore simbolico delle posizioni assunte da Beppino Englaro; e tuttavia credo anche che questo non debba esprimersi obbligatoriamente attraverso la forma del conferimento della cittadinanza onoraria, che registrerebbe rapporti di forza in consiglio differenti a quelli del passato in occasioni di decisioni simili. E avrebbe comunque una rilevanza sul piano del confronto e del dibattito politico, in una fase particolare e delicata della vita della nostra città.
La mia proposta quindi è questa: prendere in considerazione la possibilità che si possano trovare altre forme e modalità, in rapporto con la presidenza del Consiglio comunale, per promuovere una iniziativa in Palazzo Vecchio che possa testimoniare a Beppino Englaro il significato di ciò che lui ha fatto e la umana solidarietà per ciò che ha vissuto. Come sindaco, sarei disponibile non tanto ad assumermi personalmente questo impegno, ma a discuterlo con chi ha promosso questa deliberazione, tenendo conto che ne condivido lo spirito e il senso. E quindi potremmo, con la presidenza del consiglio comunale, trovare questa soluzione per raggiungere lo stesso obiettivo che si è proposto colui che ha promosso questa iniziativa e coloro che l'hanno sottoscritta".
(ag)