Giorno del Ricordo, Cellai (AN-PdL): «I giovani che sabato hanno riempito di tricolori largo Martiri delle foibe unico omaggio degno di nota per questo 10 febbr
Questo il testo dell'intervento di Jacopo Cellai, consigliere di Alleanza Nazionale-PdL:
«"Il metodo preferito per uccidere le Vittime, talvolta dopo una farsa di processo davanti ai cosiddetti tribunali del popolo, e più spesso in modo indiscriminato, senza alcuna parvenza di legalità, era quello dell'infoibamento, che aveva il vantaggio di farle scomparire per sempre, ma non mancarono, fra gli altri, episodi di lapidazioni, decapitazioni ed altre agghiaccianti efferatezze. L'estremo sacrificio coinvolse, fra gli altri, molti sacerdoti e parecchie donne, con un accanimento a più forte ragione gratuito. E' inutile aggiungere che la maggior parte di quelle Vittime è rimasta senza una tomba su cui deporre un fiore, ma alcune centinaia furono recuperate: quanto basta per comprendere come spesso fossero vive quando venivano precipitate in foiba, talvolta legate tra di loro, o comunque immobilizzate, e per capire quale strazio allucinante ne accompagnasse una disperata, non sempre breve agonia.....La conoscenza di questi eventi altamente drammatici non aveva lasciato dubbi sul disegno del nuovo padrone, ed aveva fatto scegliere l'esodo a quanti potevano contare su opzioni familiari convenienti, ma nella maggior parte dei casi il popolo istriano e giuliano non volle abbandonare la speranza, perché confidava in una soluzione diplomatica che non penalizzasse oltre misura le sue attese. In effetti, dalmati e fiumani compresero subito, se non altro per evidenti ragioni geografiche, che per le loro terre non si poteva prevedere salvezza alcuna, e partirono in massa, mentre a Pola e nell'Istria si volle coltivare l'illusione fino all'inizio del 1947, quando la notizia del "diktat" fece svanire ogni residuo sogno.... E' appena il caso di ricordare che non hanno fondamento condividibile le teorie negazioniste e giustificazioniste, sostenute, con particolare riguardo alle seconde, da importanti espressioni storiografiche. Quando si sente affermare che le foibe sarebbero state l'effetto di precedenti vessazioni compiute dagli italiani a danno degli slavi, e si sente rammentare che la Jugoslavia, a norma dell'art. 15 del trattato di pace, chiese all'Italia la consegna di ben 447 criminali di guerra, non si può fare a meno di notare che l'Unione Sovietica ne chiese dodici, l'Etiopia dieci, la Grecia sei, e l'Albania tre. Ed allora, delle due l'una: od il comportamento degli italiani è stato largamente discriminatorio "in pejus" proprio nei confronti della Jugoslavia, cosa sia sostanzialmente che moralmente incomprensibile, o le accuse di Belgrado ebbero carattere strumentale. Del resto, non furono affatto poche le Vittime di sinistra: a parte l'episodio ben noto di Porzus, molti comunisti di provata fede come Lelio Zustovich pagarono con la vita la contrarietà all'annessione della propria terra da parte jugoslava..... Dopo quello che Don Luigi Stefani, uomo di fede e patriota zaratino che avrebbe lasciato a Firenze il segno del suo ineguagliabile volontariato, volle chiamare con felice espressione di sintesi lo "sradicamento" dell'esule, molti ebbero l'amarezza di accoglienze oltraggiose ricevute da una patria matrigna. A Venezia vennero fischiati assieme alle spoglie mortali di Nazario Sauro, anch'esse provenienti dall'Istria; ad Ancona si tentò di impedire lo sbarco dei profughi; a Bologna fu impedita la distribuzione di qualche genere di conforto al passaggio del loro treno diretto al campo spezzino; ed in Liguria si giunse a paragonarli, durante un comizio, ai banditi che nei tristi anni del dopoguerra infestavano la Sicilia. Fu così che almeno un quarto degli esuli, alle prese con i problemi drammatici della casa e del lavoro, decise di emigrare, il più delle volte in Paesi lontani....L'equivoco secondo cui i
profughi venivano considerati "fascisti della peggiore specie" è stato duro a morire, perché si ignoravano le reali motivazioni dell'esodo e si credeva che costoro, lasciando la Jugoslavia, avessero abbandonato un eldorado. Non a caso, quasi duemila illusi, i cosiddetti monfalconesi, fecero il percorso inverso, emigrando nella Repubblica federativa per lavorare nei cantieri e nelle fabbriche di Tito, segnatamente a Fiume, ma facendo una brutta fine dopo la svolta del 1948, quando pagarono duramente la fedeltà allo stalinismo nei campi di prigionia e di "rieducazione" come quello davvero tragico dell'Isola Calva, e riuscendo a rientrare in Italia, nella migliore delle ipotesi, dopo anni di sofferenze e di stenti. Gli esuli, in realtà, non erano fascisti, ma italiani tutti d'un pezzo, che avevano dovuto coniugare sentimento e necessità per non cedere a violenze indiscriminate, compiute, non è male ribadirlo, anche nei confronti degli jugoslavi dissidenti, a loro volta emigrati in massa per mettersi in salvo".
Sono alcuni passi della prolusione sul Giorno del ricordo effettuata lo scorso anno da Carlo Montani. Un esule dal 1945, nato a Fiume nel 1937, che ha pubblicato 9 libri in materia di storiografia e pubblicistica giuliano dalmata.
Pochi concetti chiari e semplici: cosa sono le foibe, chi sono le vittime e chi i carnefici, il perché dell'esodo e quale trattamento è stato ricevuto in Italia dai profughi italiani.
Avevamo fatto un passo in avanti importante sulla strada di un ricordo fuori da assurde deformazioni ideologiche giustificazioniste. E invece abbiamo fatto 10 passi indietro quest'anno, con un intervento vergognoso, al termine del quale sembra che le foibe e l'esodo siano responsabilità del fascismo e del nazismo anziché dei comunisti jugoslavi con il complice silenzio del PCI italiano. Non a caso delle foibe e dell'esodo nel lungo intervento della professoressa Rossi, alla quale consiglio vivamente di fare un altro mestiere per il bene degli studenti, se ne è parlato marginalmente.
Scivolare sul terreno degli antefatti di fronte a tragedie inumane è pericoloso e sbagliato.
Non esiste antefatto che tenga a fronte delle foibe, come dell'olocausto, come dei gulag.
Cercare ragioni che non possono esistere di fronte a certe cose serve solo a confondere, e a mistificare, non a fare capire.
Del resto se il presidente della Repubblica è "costretto" a precisare che ricordare il 10 febbraio non significa fare revisionismo storico siamo davvero molto indietro. In Italia c'è ancora chi, pur di non ammettere errori ingiustificabili e chiedere scusa come italiano ad altri italiani, preferisce tenersi il prosciutto sugli occhi.
E che se lo tenga pure. Il 10 febbraio appartiene ormai alla coscienza della maggioranza degli italiani. Che sanno distinguere le vittime ed i carnefici.
Tra la ridicola mostra di Palazzo Vecchio e la scandalosa prolusione di ieri Firenze ha fatto davvero una pessima figura. Meno male che ci sono state le centinaia e centinai di giovani che lo scorso sabato, in silenzio, hanno riempito di tricolori Largo Martiri delle Foibe. L'unico omaggio degno di nota per questo 10 febbraio».
(fn)
«"Il metodo preferito per uccidere le Vittime, talvolta dopo una farsa di processo davanti ai cosiddetti tribunali del popolo, e più spesso in modo indiscriminato, senza alcuna parvenza di legalità, era quello dell'infoibamento, che aveva il vantaggio di farle scomparire per sempre, ma non mancarono, fra gli altri, episodi di lapidazioni, decapitazioni ed altre agghiaccianti efferatezze. L'estremo sacrificio coinvolse, fra gli altri, molti sacerdoti e parecchie donne, con un accanimento a più forte ragione gratuito. E' inutile aggiungere che la maggior parte di quelle Vittime è rimasta senza una tomba su cui deporre un fiore, ma alcune centinaia furono recuperate: quanto basta per comprendere come spesso fossero vive quando venivano precipitate in foiba, talvolta legate tra di loro, o comunque immobilizzate, e per capire quale strazio allucinante ne accompagnasse una disperata, non sempre breve agonia.....La conoscenza di questi eventi altamente drammatici non aveva lasciato dubbi sul disegno del nuovo padrone, ed aveva fatto scegliere l'esodo a quanti potevano contare su opzioni familiari convenienti, ma nella maggior parte dei casi il popolo istriano e giuliano non volle abbandonare la speranza, perché confidava in una soluzione diplomatica che non penalizzasse oltre misura le sue attese. In effetti, dalmati e fiumani compresero subito, se non altro per evidenti ragioni geografiche, che per le loro terre non si poteva prevedere salvezza alcuna, e partirono in massa, mentre a Pola e nell'Istria si volle coltivare l'illusione fino all'inizio del 1947, quando la notizia del "diktat" fece svanire ogni residuo sogno.... E' appena il caso di ricordare che non hanno fondamento condividibile le teorie negazioniste e giustificazioniste, sostenute, con particolare riguardo alle seconde, da importanti espressioni storiografiche. Quando si sente affermare che le foibe sarebbero state l'effetto di precedenti vessazioni compiute dagli italiani a danno degli slavi, e si sente rammentare che la Jugoslavia, a norma dell'art. 15 del trattato di pace, chiese all'Italia la consegna di ben 447 criminali di guerra, non si può fare a meno di notare che l'Unione Sovietica ne chiese dodici, l'Etiopia dieci, la Grecia sei, e l'Albania tre. Ed allora, delle due l'una: od il comportamento degli italiani è stato largamente discriminatorio "in pejus" proprio nei confronti della Jugoslavia, cosa sia sostanzialmente che moralmente incomprensibile, o le accuse di Belgrado ebbero carattere strumentale. Del resto, non furono affatto poche le Vittime di sinistra: a parte l'episodio ben noto di Porzus, molti comunisti di provata fede come Lelio Zustovich pagarono con la vita la contrarietà all'annessione della propria terra da parte jugoslava..... Dopo quello che Don Luigi Stefani, uomo di fede e patriota zaratino che avrebbe lasciato a Firenze il segno del suo ineguagliabile volontariato, volle chiamare con felice espressione di sintesi lo "sradicamento" dell'esule, molti ebbero l'amarezza di accoglienze oltraggiose ricevute da una patria matrigna. A Venezia vennero fischiati assieme alle spoglie mortali di Nazario Sauro, anch'esse provenienti dall'Istria; ad Ancona si tentò di impedire lo sbarco dei profughi; a Bologna fu impedita la distribuzione di qualche genere di conforto al passaggio del loro treno diretto al campo spezzino; ed in Liguria si giunse a paragonarli, durante un comizio, ai banditi che nei tristi anni del dopoguerra infestavano la Sicilia. Fu così che almeno un quarto degli esuli, alle prese con i problemi drammatici della casa e del lavoro, decise di emigrare, il più delle volte in Paesi lontani....L'equivoco secondo cui i
profughi venivano considerati "fascisti della peggiore specie" è stato duro a morire, perché si ignoravano le reali motivazioni dell'esodo e si credeva che costoro, lasciando la Jugoslavia, avessero abbandonato un eldorado. Non a caso, quasi duemila illusi, i cosiddetti monfalconesi, fecero il percorso inverso, emigrando nella Repubblica federativa per lavorare nei cantieri e nelle fabbriche di Tito, segnatamente a Fiume, ma facendo una brutta fine dopo la svolta del 1948, quando pagarono duramente la fedeltà allo stalinismo nei campi di prigionia e di "rieducazione" come quello davvero tragico dell'Isola Calva, e riuscendo a rientrare in Italia, nella migliore delle ipotesi, dopo anni di sofferenze e di stenti. Gli esuli, in realtà, non erano fascisti, ma italiani tutti d'un pezzo, che avevano dovuto coniugare sentimento e necessità per non cedere a violenze indiscriminate, compiute, non è male ribadirlo, anche nei confronti degli jugoslavi dissidenti, a loro volta emigrati in massa per mettersi in salvo".
Sono alcuni passi della prolusione sul Giorno del ricordo effettuata lo scorso anno da Carlo Montani. Un esule dal 1945, nato a Fiume nel 1937, che ha pubblicato 9 libri in materia di storiografia e pubblicistica giuliano dalmata.
Pochi concetti chiari e semplici: cosa sono le foibe, chi sono le vittime e chi i carnefici, il perché dell'esodo e quale trattamento è stato ricevuto in Italia dai profughi italiani.
Avevamo fatto un passo in avanti importante sulla strada di un ricordo fuori da assurde deformazioni ideologiche giustificazioniste. E invece abbiamo fatto 10 passi indietro quest'anno, con un intervento vergognoso, al termine del quale sembra che le foibe e l'esodo siano responsabilità del fascismo e del nazismo anziché dei comunisti jugoslavi con il complice silenzio del PCI italiano. Non a caso delle foibe e dell'esodo nel lungo intervento della professoressa Rossi, alla quale consiglio vivamente di fare un altro mestiere per il bene degli studenti, se ne è parlato marginalmente.
Scivolare sul terreno degli antefatti di fronte a tragedie inumane è pericoloso e sbagliato.
Non esiste antefatto che tenga a fronte delle foibe, come dell'olocausto, come dei gulag.
Cercare ragioni che non possono esistere di fronte a certe cose serve solo a confondere, e a mistificare, non a fare capire.
Del resto se il presidente della Repubblica è "costretto" a precisare che ricordare il 10 febbraio non significa fare revisionismo storico siamo davvero molto indietro. In Italia c'è ancora chi, pur di non ammettere errori ingiustificabili e chiedere scusa come italiano ad altri italiani, preferisce tenersi il prosciutto sugli occhi.
E che se lo tenga pure. Il 10 febbraio appartiene ormai alla coscienza della maggioranza degli italiani. Che sanno distinguere le vittime ed i carnefici.
Tra la ridicola mostra di Palazzo Vecchio e la scandalosa prolusione di ieri Firenze ha fatto davvero una pessima figura. Meno male che ci sono state le centinaia e centinai di giovani che lo scorso sabato, in silenzio, hanno riempito di tricolori Largo Martiri delle Foibe. L'unico omaggio degno di nota per questo 10 febbraio».
(fn)