Pieri, Bertini (PDL): «L'obbligo di dichiarare la situazione associativa degli amministratori è privo di fondamento legale. Lo statuto va cambiato»
«L’obbligo di dichiarare la situazione associativa degli amministratori comunali è privo di fondamento legale e di utilità. Per questo va cambiato lo statuto». Lo hanno detto i consiglieri Massimo Pieri e Stefano Bertini (PdL).
«Con il rinnovo delle cariche elettive comunali – spiegano i due esponenti del centrodestra - si ripropone periodicamente la questione relativa agli adempimenti di cui agli articoli 30 e 33 dello statuto del Comune di Firenze introdotti con la deliberazione del Consiglio comunale numero 3731/96.
In particolare l’obbligo di rendere pubblica “la propria situazione associativa, con l’indicazione della natura e degli scopi delle associazioni o organizzazioni di appartenenza, con espressa dichiarazione di non appartenenza a società segrete” suggerisce una serie di riflessioni anche di ordine giuridico, che dovrebbero indurre ad un ripensamento sull’opportunità di mantenere quel dettato statutario».
«La stessa formulazione dell’articolo 30 – hanno aggiunto Pieri e Bertini - contiene un riferimento, “ai sensi della legge”, che è privo di riferimenti normativi: né l’articolo 18 della Costituzione, né il disposto della legge 25 gennaio 1982, numero 17 “Norme di attuazione dell’articolo 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete e scioglimento della associazione denominata Loggia P2”, né altre leggi impongono gli adempimenti richiesti.
Resta da chiedersi quale sia la “ratio” della disposizione statutaria. Forse un eccesso di garantismo rispetto al già gravoso dettato della legge 17/82 che punisce tutte le tipologie di reato riconnesse all’associazionismo segreto ivi compresa la fattispecie delle associazioni palesi che occultando la propria esistenza, le proprie finalità, le attività sociali e l’identità dei soci, perseguono finalità di interferenza nell’esercizio di funzioni pubbliche di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, di enti pubblici anche autonomi o nella gestione di servizi pubblici essenziali di livello nazionale. Spetta agli organi inquirenti vigilare sulle associazioni esistenti e sulle loro attività».
«Ma l’appartenenza a tutte le altre associazioni, “non segrete” – sottolineano i due consiglieri del PdL - è liberamente consentita e non si comprende quale finalità giustifichi ed imponga la dichiarazione di appartenenza alle medesime. La norma statutaria non dispone neppure di una previsione sanzionatoria od ostativa o censoria nell’ipotesi di inadempimento, come nel caso della legge1/2000 della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, peraltro oggetto di una sentenza della Corte europea dei diritti umani in cui si osservava che era ingiustificato penalizzare una persona per la sua appartenenza ad una associazione, dato che ciò, di per sé, non era legalmente neanche riprovevole».
«Ritorneremo pertanto a chiedere – hanno concluso Pieri e Bertini - come già proposto da una mozione di Forza Italia del 2003, una modifica degli articoli 30 e 33 dello statuto eliminando l’adempimento di un obbligo dal carattere vagamente discriminatorio in relazione alla normativa sulla privacy e nei confronti degli altri comuni cittadini non soggetti ad una disposizione statutaria priva di apparente utilità». (fn)