Protocollo della Memoria fra Firenze e il popolo Maori. Oggi la firma in Palazzo Vecchio con Aubrey Balzer reduce del 28° battaglione neozelandese
Firenze rinnova la vicinanza al popolo maori che ha contribuito alla liberazione della città nell’agosto del 1944 e sigla un Protocollo della Memoria per sottolineare solidarietà umana e dare un segnale forte di riconoscimento ai caduti civili durante la seconda guerra mondiale che con il loro sacrificio hanno contribuito alla ricostruzione della democrazia. Il documento è stato sottoscritto stamani nella Sala degli Otto di Palazzo Vecchio dal presidente del consiglio comunale Eugenio Giani e da Aubrey Balzer reduce del 28° battaglione Maori Nuova Zelanda. Alla solenne cerimonia seguita da scambio di doni, hanno partecipato rappresentanti del popolo Maori che hanno accompagnato con canti della loro tradizione l’incontro, il vice presidente del consiglio comunale Salvatore Scino, la presidente e il vice presidente della commissione pace Susanna Agostini e Alberto Locchi, i consiglieri Francesco Bonifazi, Francesca Chiavacci, Bianca Maria Giocoli, Stefano di Puccio, Mario Tenerani, Massimo Pieri. Erano presenti anche per la Provincia il consigliere Stefano Fusi, i sindaci di Tavernelle e San Casciano Val di Pesa Sestilio Dirindelli e Massimiliano Pescini, il presidente del consiglio comunale di Scandicci Fausto Merlotti l’ Anpi Provinciale, l Anpi Signa con Roberto Nistri, l’associazione Combattenti e Reduci “Questo medaglia che è sul Gonfalone e che è la medaglia d’oro della Resistenza l’abbiamo grazie a voi– ha detto Giani- . Questo Protocollo abbraccia tutti i noi, il nostro popolo che ha vissuto quei momenti. Il gesto di oggi è quello di ufficializzare e formalizzare quello che è stato vissuto, il rapporto di amicizia, di aiuto reciproco che si è creato 67 anni fa e che non si è mai interrotto. I Maori – ha detto Giani- furono protagonisti della cacciata dei tedeschi dal territorio a sud di Firenze arrivando fin dentro la città il 4 agosto del 1944”. La commissione Pace si è impegnata ad incontrare entro breve l'ambasciata neozelandese, che oggi non era presente per motivi istituzionali, e codificare il protocollo firmato attraverso nuove e significative relazioni internazionali “L'emozione del ritorno a Firenze dopo 67 anni – ha detto la presidente Agostini- e rincontrare persone con le quali ha condiviso paure e sentimenti di libertà, così come solo i giovani sanno apprezzare, traspare dagli occhi intensi di Aubry Balzer. - ha detto la presidente Susanna Agostini - Il Veterano ha raccontato la sua storia soffermandosi molto sui rapporti umani ed il calore con il quale due popoli così distanti,ritrovavano serenità nel cantare insieme canzoni d'amore. I sentimenti trasmessi questa mattina segnano l'opportunità di questo patto della memoria, un legame che darà un'ulteriore impronta alle relazioni tra Italia e Nuova Zelanda”. (lb)
Si allegano alcuni cenni storici:
“Oggi Il Veterano del Il 28° battaglione neozelandese, formato unicamente da truppe maori, Sig. Aubry Balzer ha firmato il protocollo della momoria (allegare in calce) Questo battaglione fu il primo corpo alleato ad entrare nella città di Firenze L’ingresso nella zona di San Frediano avvenne subito dopo la ritirata strategica tedesca dall’altra parte dell’Arno, il giorno 3 agosto, dopo aver fatto esplodere le cariche collocate su ciascun ponte della città, escluso Ponte Vecchio, ed aver piazzato dei cecchini in posizioni strategiche lungo tutto il fiume. L’arrivo degli alleati fu sicuramente un segnale fondamentale per la cittadinanza fiorentina che finalmente vedeva vicina la cacciata degli occupanti.
Il loro arrivo a Firenze però non comportò l’immediata liberazione della città. Il ruolo che i partigiani ricoprirono nella cacciata degli occupanti nazi-fascisti fu fondamentale. Infatti furono loro a riuscire ad oltrepassare per primi l’Arno attraverso il Corridoio Vasariano riuscendo a stabilire un collegamento telefonico tra le due sponde e soprattutto attaccando le postazioni dei cecchini tedeschi che tenevano sotto tiro l’Oltrarno.
I partigiani non solo rivestirono un ruolo fondamentale come avanguardia nella Firenze occupata dai nazisti ma furono anche gli artefici dell’insurrezione dell’11 agosto proclamata dal CTLN che diede inizio allo scontro a fuoco contro i tedeschi nel centro storico della città e che li costrinse ad arretrare fin oltre i viali di circonvallazione, permettendo così l’instaurazione di un governo provvisorio della città.
Questa iniziativa partigiana aiutò indubbiamente le truppe alleate che solamente due giorni dopo riuscirono a ristabilire un collegamento sull’Arno e ad attraversarlo attestandosi sulla linea di fuoco dei partigiani.
La collaborazione tra le due forze di fuoco permise infine il 1 settembre la cacciata delle truppe tedesche dal territorio fiorentino.
Ma sarebbe un errore considerare questo l’unico aspetto comune tra le truppe maori e i volontari partigiani, pensare che solo il comune nemico e l’obiettivo militare di liberare la città gli accomunasse. Questi due gruppi di persone, nonostante fossero cresciute in culture completamente differenti collocate agli antipodi del globo terraqueo, in realtà condividevano degli aspetti che trascendevano le mere questioni materiali. Entrambi infatti non combattevano spinti da interessi materiali di conquista o di acquisizione, ma anzi erano mossi da forti valori morali ed ideali quali la libertà e la difesa dei propri diritti.
Era un sentimento comune ad entrambi i gruppi l’idea che combattere in difesa di quei diritti, che nonostante non avessero ancora preso il nome di diritti fondamentali dell’uomo erano già conosciuti all’essere umano fin dalla notte dei tempi, fosse fuor di ogni dubbio un obbligo morale imprescindibile, poiché se è un diritto vederseli garantiti è indubbiamente un dovere essere all’altezza di esercitarli.
Il battaglione maori si distinse inoltre per l’incredibile affinità mostrata verso la cittadinanza italiana, e non solo quella fiorentina, apprendendone i rudimenti linguistici e interagendo attivamente con essa. Nelle testimonianze fino a noi pervenute risulta evidente l’esistenza di un’identità tra i due popoli, dall’ambito umano fino a quello artistico, che permise un’accoglienza da parte della popolazione civile ancor più aperta e riconoscente rispetto al normale”