Affissioni abusive, Torselli (PdL) risponde alla lettera dell'assessore Mattei

Questa la lettera di risposta all’assessore Mattei del consigliere del PdL Francesco Torselli

“Carissimo Assessore,
ti assolvo innanzi tutto da quel ruolo pedagogico, che ritieni, giustamente per quanto ti conosco, lontano dalle tue ideologie esistenziali ed anzi ti ringrazio per aver (ri)portato nel dibattito politico la figura di un grande intellettuale, quale ritengo Ernst Junger, e soprattutto alcune tematiche che la guerra moderna ad ogni forma di ideologia, ha relegato ormai fuori dal confronto e dalla dialettica politica.

“Chi nasce incendiario muore pompiere” scrivi, citando quel Ray Bradbury che deve aver stimolato tante generazioni della “tua” parte politica quante ne continua a stimolare oggi della “mia”, mentre ripensi a quando sognavi la “Madre Russia” come palliativo ai mali di un occidente che stava piano piano gettando le basi per le future generazioni tutte McDonald’s e Playstation.

La mia storia è differente. Chi mi ha cresciuto, politicamente parlando, non mi ha mai detto che l’Italia fascista rappresentasse il “bene assoluto” (sarà per questo che molti anni dopo, quando qualcuno ha preteso di insegnarmi che quell’esperienza era stata il “male assoluto” non ha goduto troppo della mia simpatia...), anzi, mi parlava di quella “pacificazione nazionale” che oggi pare finalmente più vicina, grazie anche a persone come te e come tutti coloro che scelgono la via del dibattito e del confronto.

Detto questo, torno alla citazione di Bradbury e ti dico che io mi sento ancora un incendiario. Credo ancora nel “fuoco delle idee”, nella possibilità cioè di riscaldare i cuori dei giovani (e perché no, dei meno giovani) con le parole, le gesta e le azioni dei grandi uomini che hanno scritto la storia. Per scegliere tra Rotondi e Fioroni, ne avranno di tempo.

Junger teorico della guerra, dici tu; lo stesso Junger, dico io, capace di scrivere che “In certi momenti di svolta della nostra gioventù possono presentarsi davanti a noi Bellona e Atena; l'una con la promessa di insegnarci l'arte di condurre abilmente venti reggimenti in modo che siano tutti schierati per bene al momento dello scontro, l'altra invece con il dono di saper disporre venti parole, in modo da formare una frase perfetta. Potrebbe accaderci di scegliere il secondo alloro, che fiorisce più raro e invisibile sulla roccia”.

Junger teorico dell’imperialismo, dici tu; Junger che scrive, dico io, uno dei più bei passaggi sulla libertà che si conosca: “Se le grandi masse fossero così trasparenti, così compatte fin nei singoli atomi come sostiene la propaganda dello Stato, basterebbero tanti poliziotti quanti sono i cani che servono ad un pastore per le sue greggi. Ma le cose stanno diversamente, poiché tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos'è la libertà. E non soltanto questi lupi sono forti in sé stessi, c'è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in un branco. È questo l'incubo dei potenti”.

Accetto volentieri, poiché giunge da una persona stimata e critica, l’invito al confronto su quali siano i personaggi da ricordare e da erigere ad esempio per i giovani. Cogliamo l’occasione che questo 2011 ci pone d’innanzi, nel 150° Anniversario dell’Unità d’Italia e ripartiamo dagli Ultimi.

Accantoniamo per un attimo eroi, condottieri, premi Nobel ed intellettuali (veri o presunti) di grido e ripartiamo tutti insieme, destra, sinistra o ciò che resta di queste categorie che in verità mai ho amato, dai più umili, dai più semplici degli eroi: quei ragazzi, poco più che bambini, che con le loro gesta ed il loro sacrificio hanno permesso a tutti noi, oggi, di sentirci fieri di essere italiani.

E penso, mentre scrivo queste righe di risposta alla tua lettera aperta, ai fratelli Cairoli, ed a Guglielmo Oberdan, ad Enrico Toti ed a Goffredo Mameli, a Rosalino Pilo, a quel Nazario Sauro che prima di salire alla forca, diceva: “su questa Patria giura, e fai giurare a tutti i tuoi fratelli, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto, Italiani”, fino ai ragazzi che nel 1953 hanno difeso l’italianità di Trieste.

Caro Assessore, ti saluto con affetto, ringraziandoti anche per il riconoscimento che dai, nelle tue parole al mio lavoro; spero davvero che da questo scambio di vedute e di opinioni, scaturisca un sereno e sincero dibattito. Ogni giorno abbiamo modo, nelle sedi istituzionali, di dibattere di buche, di linee ATAF, di piste parallele, di autovelox e di degrado. Credo sia un bene per tutti, di tanto in tanto, mettere mano ai cassetti della nostra formazione politica e culturale e tirar fuori quelle visioni del mondo che, sicuramente, ci hanno animato, anche se in tempi diversi, nel momento in cui abbiamo scelto di schierarci e di abbracciare quel mondo, che per me resta bellissimo, della militanza politica”.

Francesco Torselli