"In ricordo di Alessia Ballini"

L'intervento di Ornella De Zordo in Consiglio comunale

Questo l’intervento della capogruppo di perUnaltracittà Ornella De Zordo in consiglio comunale per commemorare Alessia Ballini
 

“In questi giorni molto abbiamo letto, e ascoltato, su Alessia. Sul suo impegno politico e il suo attivismo civile, sul suo lavoro dentro e fuori il partito, sulle sue responsabilità all'interno di istituzioni che l'avevano voluta ai massimi livelli. Incredibile quanti ambiti diversi Alessia abbia attraversato e arricchito con la sua intelligenza nel poco tempo che ha avuto a disposizione.
Ma io ho avuto la fortuna di conoscere anche un altro aspetto di lei, che trovo straordinariamente coerente con quel che sarebbe diventata dopo; parlo dell'allieva che ha seguito più di uno dei miei corsi universitari di Letteratura inglese dell'Otto e del Novecento e che alla fine degli esami, lei che era iscritta al corso di laurea in Lettere, decise di laurearsi al di fuori di quel corso di studi e mi chiese di seguirla per una tesi su Virginia Woolf.
Una scelta precisa, che muoveva da una passione personale per la scrittrice inglese, ma che certo risentiva delle letture e riflessioni critiche suggerite dalle lezioni che aveva seguito su “L'altro Modernismo” e “Writing the woman artist”, cioè quei gender studies che offrivano una chiave di lettura non solo per i testi letterari, ma anche per i contesti culturali e le costruzioni dell'identità.
E infatti mi propose come oggetto della tesi non la Woolf narratrice, che pure amava moltissimo, ma la Woolf intellettuale, saggista e editrice, focalizzandosi sulla rappresentazione della donna artista nella riflessione critica woolfiana. Sviscerando, o come direbbe Alessia, tentando di sviscerare quel nodo concettuale così problematico, talvolta contraddittorio, di cosa significava- all'inizio del Novecento – essere donna e scegliere di diventare scrittrice di professione. Si trovò così a approfondire cosa significava fare i conti con la tradizione maschile della figura dell'intellettuale, decostruire stereotipi solidissimi e ruoli sociali consolidati, riconoscere il ruolo centrale del corpo di donna nell'esperienza d'artista.
Venne fuori un'ottima tesi. A cui io misi mano pochissimo. Di cui discutemmo la struttura e i testi di riferimento, ma che Alessia mi consegnava, nel susseguirsi dei capitoli, in forma che ritenevo definitiva. Leggevo “La scrittura e l'etica della professione”, “Al centro e ai margini della società: l'artista come outsider”, “Bloomsbury, tra mentori e muse”, “La madre e l'artista: ruoli e proiezioni del femminile” e poco avevo da aggiungere, ancor meno da correggere.
Un lavoro - me ne sono resa conto in seguito - che anticipava problematiche che di lì a poco (era l'aprile 1999) Alessia si sarebbe trovata a affrontare in prima persona: conciliare ruolo istituzionale e soggettività femminile, sottrarsi a costruzioni normative come l'eterosessualità obbligata, battersi per l'autodeterminazione delle donne e perché venisse loro riconosciuto ruolo e dignità nella società.
Senza proclami ma con grande tenacia Alessia ha portato avanti quella stessa complicata battaglia da cui più di mezzo secolo prima la sua scrittrice era uscita sconfitta. Quella strada dell'autodeterminazione e dell'autorevolezza femminile è ancora in salita -lo dimostra una quotidianità avvilente a cui ci dobbiamo ribellare- ma Alessia ne ha percorso un tratto importante e ci ha mostrato cosa si può fare. Lo sanno le tante donne che l'hanno conosciuta e amata, lo sanno anche gli uomini che l'hanno apprezzata. Anche per questo ci manca. Proprio per questo la terremo con noi. Grazie Alessia, allieva e maestra”.

(fdr)