De Zordo (Puc): "Non più violenza sulle donne"
Questo l’intervento in Consiglio comunale della consigliera Ornella De Zordo di perUnaltracittà
“La violenza degli uomini sulle donne solo da pochi anni è diventato tema di dibattito pubblico, e nel nostro paese mancano ancora reali politiche di contrasto a questo tipo di violenza, ricerche, progetti di sensibilizzazione e di formazione. Aggiungo che manca una cultura diffusa che si contrapponga a questo fenomeno nell'unico modo efficace che è quello di riconoscere dignità e parità di diritti e di spazi di autorealizzazione alle donne, viste ancora come “oggetto di controllo e dominio”.
Il problema esiste in tutta la sua drammaticità e le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è presente sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali, e a tutti i ceti economici. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita.
Per quanto riguarda l'Italia, significativi i dati ISTAT su molestie e ricatti sessuali sul lavoro. E' interessante vedere come gli episodi si concentrino soprattutto al nord e quindi in zone che dovrebbero essere più avanzate e sicuramente sono più ricche, e come le più colpite siano le donne laureate e diplomate, il che fa pensare che non siano le più colpite ma quelle che essendo più consapevoli denunciano. Quindi i dati vanno sicuramente considerati parziali e sottostimati; le donne sono indotte al silenzio da fattori economici, sociali e culturali.
Eccoli i dati usciti a settembre 2010 e riferiti agli anni 2008-2009: circa la metà delle donne in età 14-65 anni (10 milioni 485 mila) hanno subito nell’arco della loro vita ricatti sessuali sul lavoro o molestie in senso lato.
Più in generale l’allarme riguarda, in particolar modo, la violenza domestica perchè le relazioni familiari e tra i sessi risultano essere quelle di maggior pericolo per la donna: nello scorso anno i responsabili degli omicidi sono stati i mariti per il 36% dei casi, i conviventi o partner per il 18%, gli ex compagni per il 9% e parenti per il 13%. Sempre secondo la ricerca, nel 2009 le donne vittime di «femminicidio» sono di nazionalità italiana per il 70,8% dei casi come sono per la maggior parte italiani, (76%) i loro assassini.
Ormai i dati ci dicono che chi uccide non sono sconosciuti ma uomini di famiglia, padri, zii, vicini, amici di famiglia, mariti, fidanzati, amanti e ex. La stampa - che ne parla troppo spesso in modo spettacolarizzato e voyeuristico - ci parla di omicidi inspiegabili, compiuti da uomini depressi, fragili, troppo innamorati, in crisi, che sparano perché colpiti da raptus di follia, tutti bravi lavoratori, tutti bravi ragazzi se italiani. Si preferisce parlare di aggressori stranieri che minacciano le donne italiane e legittimare anche così norme e leggi razziste sulla sicurezza. E se pensiamo agli omicidi le cose non cambiano di molto: sono 115 le donne uccise in Italia nel 2010 da uomini. Un numero in crescita rispetto agli ultimi anni. A lanciare l'allarme è la Casa delle donne di Bologna, che definisce queste vittime «donne uccise in quanto tali». Secondo i dati emersi da una ricerca condotta dalle volontarie del Centro e diffusa proprio in vista della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, negli ultimi anni si è registrato in Italia un costante aumento dei «femminicidi»: 101 nel 2006, 107 nel 2007, 112 nel 2008 e 119 nel 2009.
Scopo di questa giornata è quindi favorire l’eliminazione di tutte le forme di violenza sulle donne attraverso il riconoscimento della violenza di genere come violazione dei diritti umani; unrafforzamento delle attività a livello locale ed internazionale contro questo tipo di violenza; la creazione di spazi internazionali di discussione per l’adozione di strategie condivise ed efficaci in materia; la dimostrazioni di solidarietà con le vittime di queste violenze in tutto il mondo; il ricorso a governi affinché adottino provvedimenti concreti per l’eliminazione di questo tipo di violenze. In tal senso sarà fondamentale, anche a livello locale, il raccordo fra scuola, servizi territoriali, consultori per adolescenti e per le famiglie, nonche' l'avvio di una articolata campagna di sensibilizzazione rivolta a tutti, con al centro il tema della liberta' e del rispetto delle differenze. Non da ultimo, l'impegno a sostenere i Centri antiviolenza.
Le scarse tutele sul posto di lavoro, la morale della famiglia, il relegare ancora oggi la donna al lavoro di cura non retribuito (non coadiuvato dai servizi sociali, cui il lavoro femminile di fatto supplisce), i media che riducono la donna a corpo sessuato atto a vendere merci di qualunque genere, cui non è permesso invecchiare, parlare, pensare, in una parola, “esistere come soggetto”: tutto ciò contribuisce ad umiliare le donne, che di conseguenza, non denunciano, perché “non credono di avere dei diritti”. Questa violenza non deve essere percepita come un 'problema delle donne' ma deve diventare una questione che coinvolge prioritariamente gli uomini.
E' una violenza che si annida nello squilibrio relazionale tra i sessi. Occorre piena assunzione di responsabilita' da parte dell'intera comunita' che si dovrà far carico di contrastare i fattori che sono chiaramente identificati come aggravanti e che contribuiscono a formare un contesto mediatico che mercifica e svilisce l'immagine femminile”.
(fdr)