Giornata mondiale per l'eliminazione della violenza contro le donne, l'intervento dell'assessore alle pari opportunità Cristina Giachi

Questo il testo dell'intervento dell'assessore alle pari oppurtunità Cristina Giachi:

«Il 25 novembre 2011, come ogni anno, si ricorda quanto ancora vi sia da fare per eliminare la violenza contro le donne. L'ONU ha istituito nel 1981 questa data che ricorda l'assassinio delle sorelle Mirabal avvenuto nella Repubblica Dominicana il 25 novembre del 1960. Ma in Italia è soltanto dal 2005 che, grazie all'iniziativa dei Centri antiviolenza e delle Case della donna, si è cominciato a celebrare la ricorrenza. L'omicidio politico delle sorelle Mirabal, un esempio di donne rivoluzionarie, colpisce, dal punto di vista della violena sulle donne, per le modalità brutali in cui fu realizzato, non limitandosi a uccidere, ma infliggendo tortura e sfregio e quindi affermando con barbara brutalità una supremazia sul corpo femminile. Non si tratta di vicende lontane da collocare in contesti alieni. I dati, lasciano chiaramente emergere come ad oggi la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni in Occidente e nel mondo sia ancora la violenza subita da familiari o conoscenti. Si tratta, purtroppo, in Italia, di dati allarmanti: se nel 2010 il conto delle donne uccise ha raggiunto la cifra record di 127 (con un aumento del 6% rispetto all' anno precedente)nel 2011, ad oggi, i femminicidi sono stati già 92.
Nel caso di abusi, poi, raramente le donne denunciano la violenza subita. Eppure spesso si tratta di violenze gravi che provocano lesioni fisiche, mentre non meno gravi sono le ferite psicologiche. Le donne aggredite provano paura, rabbia, insicurezza, perdita di autostima e di fiducia negli altri. Esiste in letteratura una vera e propria sindrome psichiatrica, denominata Disturbo Post-Traumatico da stress, che colpisce le donne vittime di violenza. È caratterizzato da ansia, irritabilità, attacchi di panico, insonnia, disturbi del comportamento alimentare ed è inserito nel DSM-IV, il manuale internazionale che classifica tutti i disturbi psichiatrici.
Chi usa violenza alle donne è nella maggioranza dei casi il marito, il fidanzato, il convivente, l'ex partner. Il teatro dei soprusi sono di solito le mura domestiche, tant'è che la violenza contro le donne è denominata anche ‘violenza domestica’, un fenomeno cui in passato si dava poca importanza, essendo considerato una delle possibili espressioni del conflitto coniugale. Il maschio violento con le donne non soffre generalmente di gravi turbe mentali, anzi può essere ben adattato nella vita lavorativa e di relazione. Non è possibile caratterizzarlo inoltre né per grado di istruzione, né per classe sociale. Recenti ricerche psicologiche hanno dato rilievo ad una forma di violenza contro le donne molto diffusa, il cosiddetto stalking, cioè il comportamento, prevalentemente maschile, caratterizzato da persecuzione reiterata, molestie asfissianti, appostamenti, intromissione nella vita privata verso una persona generalmente di sesso opposto. Per fortuna dal 2009 è considerato reato.
Tuttavia, anche se i mezzi di informazione riportano con sempre più inquietante frequenza gravi fatti di cronaca con protagonistiuomini che sterminano interi nuclei familiari, personalmente non credo che l'Occidente sia più violento verso le donne rispetto ad altri contesti geografici e culturali.
Il primo passo da compiere, quindi, è da sempre arginare il dato culturale di una considerazione per il maschio che lo colloca in posizione dominante e gli riconosce troppi privilegi da difendere.
Un compito non facile, che non vede alcuna cultura in posizione di potenziale salvatrice, ma che implica assunzione di responsabilità e conspevolezza.
Nella nostra società, considerata nel novero di quelle aperte e democratiche, è necessario, a mio avviso, lavorare sul piano della prevenzione, sensibilizzando in particolare le nuove generazioni ed educando fin da bambini al rispetto della donna. Grande vigilanza deve poi essere prestata nelle scuole al fenomeno del bullismo. Si è rivelata infatti una correlazione positiva tra bullismo in età precoce e sviluppo di comportamenti violenti in età adulta.
Alle donne vittime di violenze va poi assicurata assistenza e sostegno. I primi Centri Antiviolenza sono sorti in Gran Bretagna negli Anni Settanta e si sono poi diffusi un po’ ovunque, anche in Italia. Le vittime di violenza vanno ascoltate, consigliate, vanno loro offerti consulenza giuridica e un alloggio qualora ne abbiano bisogno, vanno incoraggiate all'autonomia e a inserirsi nel mondo del lavoro.
Chi si rende colpevole di violenza sulle donne va punito severamente. E talvolta, in un secondo momento, qualora ne esistano le premesse, va cercata una sua riabilitazione tramite una terapia psicologica appropriata. A volte sono possibili i miracoli.
Vorrei ricordare che il Comune di Firenze, nei mesi scorsi, ha approvato una modifica allo statuto che permette all’amministrazione di costituirsi parte civile nei reati di violenza contro le donne.
E’ per questo motivo, ad esempio, che siamo parte civile nel processo che vede imputati sette giovani accusati di aver abusato a ‘turno’, la sera del 26 luglio del 2008, di una ragazza, dopo averla fatta ubriacare a un evento alla Fortezza da Basso.
Nell’ordinanza cautelare il gip (i ragazzi oggi imputati a Firenze erano stati fermati in provincia di Pistoia) usò parole durissimeche fanno rabbrividire ma che testimoniano una realtà non insolita: «La donna trattata alla stregua di un oggetto, senza alcun rispetto per la sua dignità e per la sua persona. Per questo l'allarme sociale che ne segue è massimo e impone il carcere».
Noi vogliamo proseguire in questo percorso istituzionale a tutela dell’universo femminile, facendo nostre le parole che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, pronunciò il 9 settembre 2009 a Roma, alla ‘Conferenza Internazionale sulla violenza contro le donne’:
«qualunque parte del mondo e qualunque paese rappresentiamo in questa sala, dobbiamo sentirci egualmente responsabili dell'incompiutezza dei progressi faticosamente realizzati per l'affermazione della libertà, della dignità, e della parità di diritti delle donne. E dobbiamo sentirci egualmente impegnati a perseguire conquiste più comprensive, garantite e generalizzate. Decisiva è la dimensione educativa di questo impegno. Non solo nel senso di assicurare l'accesso delle bambine e delle donne all'educazione, ancora negata in tanta parte del mondo. Ma nel senso di educare l'insieme delle nostre società ai valori dell'uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso - articolo 3 della Costituzione italiana; ai valori della non discriminazione - articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
E' questo un impegno di indubbia attualità oggi in Italia. Intanto, perché stiamo sperimentando la complessità della presenza crescente di comunità immigrate, e del conseguente processo di integrazione da portare avanti. Integrazione, i cui cardini sono nel rispetto della diversità di culture, religioni e tradizioni, nel rispetto dell'individuo e della sua dignità, da garantire insieme ai principi e alle leggi nazionali che regolano l'appartenenza alle società d'accoglienza. Ed è da tenersi presente la particolare situazione di vulnerabilità delle donne - insieme col loro specifico contributo - nei processi d'integrazione.
Di indubbia attualità è il richiamo alla non discriminazione, cui ci vincola la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che indica tutti i possibili motivi di discriminazione da mettere al bando: il sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le convinzioni personali, le convinzioni politiche, fino, così recita l'articolo 21 della Carta, alla disabilità e all'orientamento sessuale. Quest'ultima, innovativa nozione, va ricordata e sottolineata nel momento in cui l'intolleranza, la discriminazione, la violenza colpiscono persone e comunità omosessuali.
La lotta contro ogni sopruso ai danni delle donne, contro la xenofobia, contro l'omofobia, fa tutt'uno con la causa indivisibile del rifiuto dell'intolleranza e della violenza, in larga misura oggi alimentate in Italia dall'ignoranza, dalla perdita di valori ideali e morali, da un allontanamento spesso inconsapevole dai principi su cui la nostra Costituzione ha fondato la convivenza nazionale democratica».
Confortati dall'esortazione del Presidente della Repubblica, è indispensabile che non smettiamo di fare memoria, e che manteniamo ferma tutta l'attenzione su questo problema. Proprio perché siamo convinti che questa ricorrenza del 25 novembre non debba rappresentare l'ennesimo giorno del dolore, pieno soltanto di indignazione e di scandalo, abbiamo cercato di costruire un programma della giornata che sia anche, e soprattutto, un programma di azione: un lavoro con i ragazzi delle scuole, colti in quell'età in cui si passa dall'infanzia alla giovinezza e ci si confronta con la propria collocazione nella società, come uomini e donne; e un programma culturale che stimoli una riflessione sul linguaggio contemporaneo, soprattutto televisvo, con il quale si parla di donne. Un linguaggio che veicola un'immagine di donna/corpo, esposta a una comprensione riduttiva e limitata della propria natura e della propria essenza.
Il Comune di Firenze ha scelto di onorare questo giorno nel segno dell'unità e della condivisione convinti come siamo dell'importanza del tema, e dell'impostazione orientata all'azione e al disincanto. La giunta e il consiglio, insieme, e quindi l'assessorato alle pari opportunità e la commissione consiliare pari opportunità propongono, infatti, per il 25 novembre prossimo, un programma unico e condivisio di inziative. Tutte le attività si terranno in questa sala dei dugento, un luogo caro al nostro lavoro. La mattina avremo una sessione di attività rivolte alle scuole superiori, che incontreranno le associazioni più impegnate a vigilare sulle dinamiche sociali che sono all'origine di comportamenti violenti, di rifiuto e di ostilità per la prima differenza, quella più essenziale, tra gli esseri umani: la differenza di genere.
Si terranno una serie di laboratori con i ragazzi per approfondire luoghi comuni e difficoltà di relazione tra i sessi. Il pomeriggio, invece, dalle 16.30, si avranno la presentazione del libro ‘Occhi di maschio. Le donne e la televisione in Italia. Una storia dal 1954 a oggi’, alla presenza dell’autrice, Daniela Brancati, cui seguiranno un intervento della prof.ssa Irene Biemmi, “Rompere gli stereotipi di genere” e un reading dell’attrice Ornella Grassi. Sabato, alle ore 14.00, nella Sala delle Miniature, in collaborazione con le associazioni di studenti universitarioe della rete RUFI, si avrà un incontro su 'La donna come motore del cambiamento - Da Teheran a Firenze, storie di ribellione e speranza', con Imariam Hosein Khah, giornalista iraniana simbolo della lotta per i diritti umani e in particolare per i diritti delle donne in Iran. sarei motlo contenta se poteste partecipare, anche soltanto testimoniando di condividere l'iniziativa, a qualcuno diquesti momenti.
Saranno giorni, il 25 e 26 novembre prossimi, nei quali Firenze sarà alle prese con una riflessione sull'idea di sé come potrebbe essere e sarà nel 2020. La coincidenza della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, e la presenza, in parallelo con l'iniziativa Firenze 20venti, di questo programma di iniziative ci fa riflettere su quanto sia necessario porre alla base di qualunque progetto di città, e quindi di comunità, il rispetto e la cura per i nostri compagni di cammino, tutti gli uomini e tutte le donne che con noi condividono l'essere cittadini di Firenze e del mondo».

 

 

 

(fn)

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