45°Alluvione, l'intervento del consigliere Antonio Lauria (Pd) nel Cenacolo di Santa Croce
Questo l'intervento del consigliere del Pd Antonio Lauria in occasione del Consiglio comunale straordinario nel Cenacolo di Santa Croce
"Come gruppo del PD riteniamo giusto e doveroso convocare il consiglio comunale della nostra città per ricordare la più disastrosa alluvione che sconvolse Firenze 45 anni fa. Una città colpita da un evento meteorico massimo, estremo, mai accaduto nelle precedenti 56 piene avvenute dal 1177 ad oggi e che rovesciò sulla città un milione di tonnellate di melma e detriti su un’area di 3000 ettari. Fu davvero uno scenario devastante, con morti, feriti, disperazione diffusa e con gravi effetti nel contesto antropico, sull’ambiente, sul patrimonio storico-artistico-culturale. Lo vogliamo ricordare in un momento drammatico, a pochi giorni dl disastro che ha colpito le popolazioni della Lunigiana e delle Cinque terre. Ci ritornano immagini già viste troppe volte. Si scava nel fango, alla ricerca del proprio passato, con la gente che ha paura, è arrabbiata e preoccupata del futuro. Aaron, politologo americano sostiene come “è incredibile, la civiltà più ricca, più protetta, più intraprendente, con il maggior grado di conoscenze tecnologiche sta diventando la civiltà più spaventata”.
Il nostro pensiero, la nostra solidarietà e la nostra vicinanza va, in questo difficile momento a tutta la gente coinvolta in questo disastro e ai familiari delle vittime. La tragica, violenta alluvione del 1966 ha rappresentato e rappresenta un momento di profonda riflessione e in particolare per chi come noi è impegnato nel governo della città, un richiamo costante rispetto agli interventi da fare subito, tutti insieme. Tuttavia consentitemi anche una riflessione scientifica che non vuole essere giustificazionismo sociologico – Senza esercizi di retorica va subito detto che il nostro paese, per naturale conformazione è a rischio idraulico e idrogeologico e va anche detto che eventi meteorici estremi inducono a tipologie di dissesto tra loro collegate quali frane ed esondazioni.
Riflettiamo con i dati numerici.
In Italia negli ultimi 10 anni le vittime causate da frane e alluvioni sono state oltre 400
Negli ultimi 20 anni si sono registrati 1600 alluvioni
40 miliardi di euro all’incirca, i danni provocati dal dissesto idrogeologico
Alcuni dati parlano di 5581 comuni, 70 % a rischio idrogeologico, di questi 1700 sono a rischio frane, 1285 a rischio alluvioni. Infine 2596 comuni, del totale, sono esposti ad ambedue i rischi.
Cifre da capogiro. Eccessive che dovrebbero far riflettere chi in politica ha poteri decisionali. Inoltre le contraddizioni in questo paese sono evidenti, un paese che vuole fare opere faraoniche e trascura la manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio. Per migliorare la sicurezza del territorio del nostro paese occorrono circa 25 miliardi di euro. Ma non serve solo lo sforzo economico è necessaria uno svolta culturale, epocale nella difesa del territorio. Uno stato responsabile non può affidarsi alla dea bendata a rattoppi qua e là di emergenza.
La politica deve produrre delle soluzioni e decidere una volta per tutte cosa intende fare del proprio territorio. Se solo pensiamo che il protocollo di Kyoto, che ha ormai 13 anni non ha funzionato molto, ma in qualche modo ha indicato la strada da seguire. Per tutte queste ragioni e altre che l’allu7vione di Firenze non va celebrata ma ricordata, come monito per il prezzo elevato pagato anche all’incuria nel governo del territorio, dall’assenza di una legislazione di tutela del patrimonio artistico e altro. A noi eletti, per quanto di nostra competenza, ma anche come cittadini e forze politiche spetta il doveroso compito di far realizzare subito quelle opere necessarie per la messa in sicurezza, già progettate e finanziate, e impegnarsi per reperire ulteriori risorse. Per dovere d’informazione è giusto ricordare che attualmente, rispetto all’alluvione del 1966 il rischio idraulico dell’Arno è in parte diminuito, ma tanto resta da fare per minimizzare e contenere il rischio e per poter arrivare ad una mitigazione attraverso una efficiente politica di previsione e di prevenzione. Ottimo anche il sistema di monitoraggio attuale. Non dimentichiamo che un altro fattore interviene come indicatore ovvio ed è il riscaldamento climatico. La maggiore colpa risiede nel riscaldamento dei mari. Dagli anni ’70 la temperatura dell’acqua è salita di quasi 1°C a causa dei cambiamenti climatici e anche dei nostri comportamenti quotidiani.
Fattore che peggiora ulteriormente lo stato delle cose.
L’acqua nel mare è più calda e produce più umidità che viene raccolta dalle masse d’aria che s’incontrano nei cieli. Il risultato è evidente: nuvole più cariche di pioggia che possono scaricare violentemente il loro carico. Da qui la definizione di “bomba d’acqua” inventata qualche anno fa da un giornalista della Nazione di Firenze. Va sottolineato che è un fenomeno in netto aumento. Prima succedeva mediamente una volta ogni 10 anni, adesso può capitare anche 3-4 volte l’anno.
Cosa fare allora nell’immediato considerando che l’elemento primario del rischio idraulico è l’inadeguatezza delle difese idrauliche, di laminazione delle piene, di opere di regimazioni? Cosa fare per ridurre e contenere il rischio?
L’imperativo è realizzare tutte le opere necessarie per mettere in sicurezza tessuti urbani e produttivi che possono essere positive anche sotto l’aspetto occupazionale incoraggiando la crescita.
Le risorse ci sono, in parte.
Circa 105 milioni di euro disponibili ma bloccati da una burocrazia viscosa, inaccettabile che è uno dei veri problemi del nostro paese. Tutti noi abbiamo il dovere e la responsabilità di proteggere, conservare, risanare questo fiume dalla montagna al mare e la sua storia con tutti i mezzi e gli strumenti per la difesa del suolo che sono di natura biologica, agronomica, ingegneristica.
Sintetizziamoli in 3 punti:
1) Intervenire dove il fiume nasce, in montagna con veri interventi di sistemazioni idrauliche – forestali, in parte già realizzate.
2) Intervenire in collina con interventi di sistemazioni idrauliche – agrarie, rinsaldando sempre di più i versanti coltivati, i terreni abbandonati, raccogliendo l’acqua di circolazione superficiale, regolando l’assorbimento del suolo.
3) Intervenire in pianura e fino al mare.
E’ questo il punto attualmente più importante e carente dove bisogna intervenire subito. Creare o mantenere alvei sufficienti al deflusso delle massime piene, migliorare adeguate capacità per la decapitazione delle onde in piena.
Impegnarci tutti per la costruzione di bacini artificiali di raccolta delle acque.
Ad oggi molto è stato fatto, a cominciare da Bilancino. Allora fu una scelta coraggiosa e non indolore, soprattutto i rapporto con le comunità locali. Ma non basta. Le famose “casse di espansione” a Figline non ancora costruite è un’inaccettabile lentezza burocratica. Va considerato che dopo circa 1 anno l’autostrada ha firmato il protocollo d’intesa ma l’ANAS non ha ancora dato parere.
Perché non interviene il ministro competente per sbloccare queste lenti procedure?
E infine per avvicinarci al mare il famoso “scolmatore di piena” di Pisa. Sono ancora lì a discutere di accordi preliminari, ma le bombe d’acqua non aspettano la nostra lentezza.
Bisogna ridurre i tempi politici, tecnico-procedurali che sono dissonanti dai tempi ambientali. Come consiglio comunale vogliamo far sentire la nostra voce, la nostra disapprovazione e se volete anche la nostra indignazione in modo tale che coloro che possono fare devono fare. Noi abbiamo il dovere di difendere questo sistema idraulico. Bisogna intervenire anche nel riordino delle troppe frammentate competenze dei vari organi che decidono e operano sul bacino dell’Arno.
E’ evidente che è necessario che oltre alle opere idrauliche occorre rafforzare il governo del territorio con una vera prevenzione e con la programmazione urbanistica, riconciliare l’assetto della città con il suo fiume e evitare il consumo del suolo. Credo che con il nuovo piano strutturale questa amministrazione ha compiuto quel salto culturale e di qualità necessario ad affrontare temi di politica urbanistica non solo nel contesto tecnico ma anche di identificazione socio-culturale della città. In tal senso un passo in avanti è stato fatto verso la responsabilità della politica per la pianificazione ecologica e urbanistica del territorio. Da quel tragico evento del 1966 emerge una grande lezione per tutti, permeata da speranza, da futuro. Quante volte abbiamo visto le immagini della città sconvolta dal fango, dall’acqua, dal dolore, ma contestualmente vedevamo anche una città con i suoi abitanti che hanno reagito enormemente insieme a tutte le forze della città facendo emergere con forza un modo di essere e di stare della nostra comunità. E non furono solo i fiorentini, ci fu un immensa solidarietà nazionale ed internazionale, morale e materiale, una partecipazione di massa per salvare la città e il suo patrimonio artistico e culturale.
Una concreta dimostrazione di come Firenze appartiene a tutto il mondo e noi oggi non possiamo altro che ringraziare ulteriormente tutti coloro che agirono e furono presenti.
E per concludere dobbiamo guardare a quel momento come a qualcosa che ancora vive e d è presente nella città in modo tale da costituire una grande risorsa per il futuro di Firenze.
Joel Feinberg diceva “proteggere il nostro ambiente odierno è anche un fatto di elementare cautela e, nella misura in cui lo proteggiamo per la generazione futura, che è già qui nelle persone dei nostri figli, è un fatto d’amore.
Tuttavia, se considerato dalla prospettiva dei nostri discendenti più lontani, è fondamentalmente un fatto di giustizia, di rispetto dei loro diritti”. (lb)